SABOTAGGI IN VENEZUELA: NE’ LUCE NE’ ACQUA. GUAIDO’ RISCHIA L’ARRESTO

SABOTAGGI IN VENEZUELA: NE’ LUCE NE’ ACQUA. GUAIDO’ RISCHIA L’ARRESTO

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– COSTITUENTE REVOVA IMMUNITA’ AL GOLPISTA
– «BLACKOUT PER ATTACCHI TERRORISTI USA» 
– L’AMBASCIATORE CHIEDE L’INTERVENTO ONU
– ROGO DAVANTI AL QUARTIER GENERALE SEBIN
– A CARACAS DUE AEREI DI MOSCA CON 100 MILITARI
– OPERATIVI ANCHE I MISSILI ANTIAEREO S-300 
– PRESO SICARIO RICERCATO E ALTRI COSPIRATORI

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

News in tempo reale dal Venezuela con link agli articoli più recenti.

GUAIDO’ SENZA IMMUNITA’: ORA RISCHIA L’ARRESTO

AGGIORNAMENTO 3 APRILE (ore 10 Italia, 4 Venezuela)

Ieri sera intorno alle 20 ora di Caracas (le 2 a Roma) il parlamentino della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha revocato l’immunità parlamentare all’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidó, deputato leader dell’opposizione Voluntad Popular e presidente dell’Asemblea Nacional (AN), come richiesto dal Presidente dell’Alta Corte di Giustizia. Ora rischia l’arresto in quanto accusato di essere ideatore dei sabotaggi conseguenti ad una cospirazione golpista.

«L’Assemblea Costituente Nazionale (Anc) del Venezuela consente il proseguimento di un’indagine giudiziaria contro Juan Guaido» ha sancito il documento. L’ANC è un’organismo costituito nel 2017 per la riforma Costituzionale divenuto di fatto l’organo legislativo di governo del presidente eletto Nicolas Maduro dopo che i contrasti tra i deputati del suo partito Psuv (Partito Socialista Unito del Venezuela) si sono fatti più aspri con quelli dell’opposizione di Unità Nazionale, un raggruppamento misto guidato però dai minotari progressisti di VP perché sostenuti e finanziati da Washington (vedi precedente articolo L’Obama sbiancato agente Usa a Caracas).

Alle elezioni politiche del 2015, infatti, la minoranza conquistò 112 seggi contro i 55 del partito del presidente creando uno stallo amministrativo come nel recente caso di shut-down nel Congresso Usa. Ma la frattura si accentuò quando nel maggio 2018 l’opposizione decise di boicottare le elezioni presidenziali rinunciando a sfidare Maduro che fu rieletto. Da quel momento di fatto l’Assemblea Costituente filogovernativa è diventata un parlamento plenipotenziario (sebbene non riconosciuto da alcuni paesi del mondo). Il voto di ieri sera è stato trasmesso in diretta dai canali televisivi locali.

Durante l’incontro, i deputati di ANC hanno chiesto la creazione di tribunali popolari per processare coloro che seguono le istigazioni degli Stati Uniti e per la confisca delle loro proprietà. Hanno anche definito le azioni di Guaido un crimine contro l’umanità: è infatti sotto inchiesta quale mandante intellettuale dei gravissimi sabotaggi elettrici (oltre 250 in un mese tra attacchi cibernetici, elettromagnetici e fisici con esplosioni alla rete energetica ed alle centrali) che hanno causato blackout in tutto il paese e l’interruzione anche della fornitura di acqua potabile.

Collaboratori  del leader dell’opposizione sono stati incarcerati con l’accusa di cospirazioni terroristiche e per contatti con un criminale paramilitare colombiano ricercato dall’Interpol e arrestato in Venezuela con documenti falsi. In risposta alla mossa, Juan Guaido ha detto che continuerà a lavorare nonostante la decisione dell’Assemblea Nazionale Costituente. Ma alla luce degli ultimi sviluppi politici e dei numerosi pesanti indizi raccolti dagli agenti segreti del Sebin potrebbe a sua volta finire in manette, anche per incitazione alla violenza nelle proteste di strada con le barricate Guarimbas che costarono la condanna al precedente leader di Voluntad Popular Leopoldo Lopez, prima della manifestazione proclamata per sabato 6 aprile. Nel frattempo almeno nella capitale Caracas ed in alcune delle città principali stanno pian piano ritornando in funzione sia la rete elettrica che quella idrica con il ritorno dell’acqua potabile: la fonritura si era interrotta per gli ultimi due attacchi al sistema energetico di sabato 30 e domenica 31 marzo. Tutti gli ultimi particolari sullo speciale Venezuela sotto attacco di Gospa News.

 

CHIESTA REVOCA IMMUNITA’ PER GUAIDO

AGGIORNAMENTO 2 APRILE (ore 7 Italia, 2 Venezuela)

Juan Guaido, il presidente dell’Assemblea Costituente di Caracas e leader dell’opposizione che si è autoproclamato presidente ad interim ottenendo il riconoscimento degli Usa e di altre nazioni EPA/Cristian Hernandez

Lunedì il presidente eletto Nicola Maduro ha disposto per 30 giorni una “misura da guerra” con il razionamento del consumo di corrente elettrica a causa dei numerosi ed ormai quotidiani sabotaggi che sabato 30 e domenica 31 marzo hanno di nuovo mandato in tilt la rete energetica bloccando di conseguenza anche quella idrica per il mancato funzionamento dei sistemi di drenaggio e filtraggio dell’acqua potabile. Mentre tute le autorità ed i funzionari governativi sono impegnati a ripristinare la luce (arrivata a singhiozzo negli stati) si fanno sempre più frequenti anche i roghi sparsi, ovviamente di natura dolosa, che il Governo socialista bolivariano attribuisce ai golpisti che sostengono il leader dell’opposizione Juan Guaidò, appoggiati negli attacchi di alta tecnologia militare cibernetica dagli Usa.

L’ultimo incendio ha colpito nuovamente le colline delle alture della capitale nel Parco Naturale di Waraira Repeno, non lontano al quartiere Terazas de l’Avila. Ma i servizi segreti del Sebin, il cui quartier generale di Caracas è stato lambito da un rogo, non stato a guardare con le mani in mano e mentre i militari del Fanb danno una mano ai dipendenti della società elettrica Corpolec per riparare i guasti gli agenti dell’intelligence continuano ad indagare sotto lo stretto coordinamento del procuratore generale che nei giorni scorsi ha prodotto importati risultati investigativi con l’arresto di terroristi finanziari e paramilitari (leggi articoli sotto).

L’ultimo provvedimento è di fatto una mossa antecedente all’arresto per l’oppositore Guaidò, incastrato dai messaggi Whastapp nelle cospirazioni. Il presidente del Tribunale supremo di giustizia (Tsj) del Venezuela ha chiesto oggi alla Assemblea nazionale costituente (Anc, filogovernativa) di revocare l’immunità di Juan Guaidó, leader dell’Assemblea nazionale (An, opposizione) autoproclamatosi presidente ad interim. Il presidente del Tsj, Maikel Moreno, ha sostenuto che Guaidó ha “violato le misure imposte dall’organismo” che gli proibivano di uscire dal Paese in conseguenza ad una condanna per gravi violazioni fiscali che lo ha anche interdetto in ogni attività pubblica per 15 anni.

Come annunciato in precedenza dal Procuratore Generale della Repubblica, Tarek William Saab, lo stesso presunto golpista è anche sotto inchiesta in quanto ritenuto il mandante intellettuale dei sabotaggi elettrici che dal 7 marzo hanno reso disastrosa la situazione di un paese già in gravi sofferenze e carenze di generi alimentari e medicinali – solo nelle fasce più povere della popolazione – conseguenti alle sanzioni Usa ed ai contestuali declassamenti del debito pubblico delle agenzie internazionali di rating. Se l’Assemblea Costituente, organismo creato da Maduro dopo che l’opposizione aveva bloccato l’attività amministrativa del Governo ottenendo la maggioranza nell’Asemblea Nacional, il parlamento venezuelano, approverà la revoca dell’immunità per il leader dell’opposizione, indagato e indiziato di gravi reati, potrebbe rischiare l’arresto.

 

L’AMBASCIATORE ALL’ONU: «ATTACCHI TERRORISTICI»
Ecco il grafico che evidenzia i momenti degli attacchi in cui è precipitata la percentuale di corrente elettrica sulla rete del Venezuela

E’ davvero sconvolgente che media di rilievo nazionale come Radio24 del Sole24Ore siano ancora capaci di dare crediti a fantomatici esperti che imputato alla rete elettrica venezuelana in cattive condizioni i continui blackout. E’ qualcosa che va oltre al giornalismo distaccato e velinaro: è qualcosa che rende i manipolatori dell’informazione in qualche modo complici del vero disastro umanitario che si sta consumando in Venezuela.

Dopo l’attentato incendiario alla centrale idroelettrica di Guri del 26 marzo il governo bolivariano ha segnalato altri attecchi cibernetici contemporanei ai sistemi di controllo della rete energetica in varie parti del paese. Nel giro di 24 ore tra sabato 30 e domenica 31 marzo la luce è saltata nel 90 % del paese altre due volte come dimostra il grafico che analizza la percentuale di distribuzione nel paese.

Code anche a Caracas sull’avenida Fuerza Armada per la distribuzione dell’aqua

Insieme alla rete elettrica è andata in tilt anche quella idrica rendendo necessaria la distribuzione tramite autocisterne con lunghe code di gente e qualche manifestazione di protesta sobillata dagli oppositori del Governo.

Gli stati di Amazonas Anzoátegui Apure Aragua Barinas Carabobo Cojedes Distrito Capital Falcón Guárico Lara Miranda Mérida Monagas Portuguesa Sucre Táchira Vargas Yaracuy Zulia sono rimasti al buio totale. La metropolitana si è bloccata per l’ennesima volta ed il ministro alla Comunicazione ha disposto un nuovo stop di almeno un giorno per il primo aprile di ogni attività scolastica e lavorativa dopo quello attuato da mercoledì 27 marzo a venerdì 29.

L’ambasciatore venezuelano all’Onu Samuel Moncada

Proprio per quel blackout causato dall’attacco fisico ad uno dei principali trasformatori della centrale di Guri (vedi foto sotto) l’ambasciatore del Venezuela all’Onu Samuel Moncada ha energicamente protestato davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: «Non c’è un buon terrorismo. In Venezuela c’è il terrorismo promosso e protetto da potenze straniere, oggi denunciamo queste azioni criminali davanti al Consiglio di sicurezza e chiediamo l’azione efficace dell’organismo responsabile per la pace e la sicurezza internazionali».

A fronte delle reiterate minacce della Casa Bianca per cui «tutte le opzioni sono disponibili» per far cadere il presidente eletto Nicolas Maduro è quindi facile ipotizzare che sia in atto una massiccia azione di sabotaggio considerando che gli Usa hanno un Cyber Command specifico per aggressioni militari informatiche e cibernetiche presso Fuert Huachuca in Arizona.

A Caracas sono arrivati militari russi delle Forze Terrestri specializzati anche in questo genere di sabotaggi onde aiutare la Fanb (Fuerza Armada Bolivariana) negli interventi di ripristino della rete elettrica. Ed è stato proprio l’esercito ieri a imbarcare un Turbo Generatore della Tacoa Termoelettrica a bordo del trasportatore multiuso T-91 “Los Frailes” che verrà trasferito a Maracaibo per essere installato in una sottostazione.

Nel frattempo è arrivato a Caracas un cargo cinese della Yangze River Airlines con aiuti medici che sarà seguito da un altro volo con consegna di aiuti umanitari alimentari. Cina e Russia stanno facendo di tutto per aiutare il paese dove, anche a causa di questa continua tragica situazione di emergenza, il presidente autoproclmato Juan Guaidò, leader dell’opposizione golpista filo-americana, oltre a perdere collaboratori finiti in manette per gravi prove di cospirazioni scoperte dai servizi segreti del Sebin, sta perdendo anche consenso. Nei giorni scorsi alcuni attivisti americani hanno manifestato a Washington con i cartelli “hands-off Venezuela” giù le mani dal Venezuela. Ovviamente quasi nessun giornale occidentale ha riportato la notizia.

Il trasporto del turbo generatore elettrico

 

 

VASTO INCENDIO DAVANTI AL BUNKER-PRIGIONE DEL SEBIN

AGGIORNAMENTO 28 MARZO – ore 22 Italia – 17 Venezuela

La fortezza-prigione El Helicoide dell’intelligence venezuelana Sebin a Caracas

Mentre i dipendenti della Corpolec si stanno da fare per ripristinare la luce in alcune città e stati dove è tornata a macchia di leopardo dopo il gravissimo incendio nella centrale idrolettrica di Guri, un rogo di vaste proporzioni si è sviluppato in un area boschiva adiacente al bunker di El Helicoide, la fortezza di Caracas di proprietà del governo venezuelano e utilizzato come struttura e prigione per i prigionieri regolari e politici del Servizio di intelligence nazionale bolivariano (SEBIN).

E’ il luogo dove si trovano detenuti Roberto Marrero, capo staff del leader dell’opposizione Juan Guaidò, l’avvocato Juan PLanchart arrestato l’altro giorno per la pianificazione di un furto da un miliardo su una transazione societaria nel campo petrolifero, e Wilfredo Torres Gomez, il killer superlatitante colombiano ricercato dall’Interpol e catturato in Venezuela. Non si sa che cosa abbia originato l’incendio ma essendo ormai i sabotaggi al’ordine del giorno è facile immaginare che sia doloso in uno scontro politico che sta diventando ogni giorno di più una guerra civile sotterranea.

Gli Usa hanno intimato alla Russia di far rientrare il suo contingente militare inviato nei giorni scorsi ma il Cremlino ha risposto “picche” dicendo che isono specialisti per aiutare il governo a difendersi dagli attacchi alla rete elettrica. Pochi minuti fa su Twitter in uno dei profili d’informazione venezuelani ha fatto anche l’apparizione di un immagine di soldati del Fanb (Fuerza Armada Nacional Bolivariana) insieme a commilitoni con l’uniforme cinese, evidentemente atterrati nel paese di nacosto per non suscitare le reazioni dell’arrivo delle Forze Terrestri di Mosca.

Non si sa quali danni abbia subito invece il quartier generale del Sebin intorno al quale stavano alacremente lavorando i pompieri per domare le fiamme. Nessuna comunicazione è stata fatta dal Governo che commenta gli eventi clamorosi sempre con alcune ore di ritardo per aver piena contezza dell’accaduto. Quindi non è dato sapere se a struttura abbia dovuto essere evacuata parzialmente o totalmente e se siano stati trasferiti i detenuti accusati di terrorismo nelle cospirazioni per rovesciare il presidente eletto Nicolas Maduro. Di ora in ora la situazione si fa sempre più incandescente anche per le minacce degli che hanno fatto capire di essere pronti ad un attacco militare da un momento all’altro.

I soldati cinesi fotografati insieme ai militari venezuelani del Fanb

 

GUAIDO’: PER 15 ANNI SENZA CARICHE PUBBLICHE

AGGIORNAMENTO 28 MARZO – ore 20 Italia – 15 Venezuela

Juan Guaido, il presidente dell’Assemblea Costituente di Caracas e leader dell’opposizione che si è autoproclamato presidente ad interim ottenendo il riconoscimento degli Usa e di altre nazioni EPA/Cristian Hernandez

Sotto inchiesta quale mandante dei sabotaggi elettrici che hanno causato i ripetuti blackout in Venezuela, sospettato di tramare coi golpisti arrestati per un piano finalizzato ad apropriarsi di un miliardo di dollari dello stato bolivariano, alla fine il leader dell’opposizione si becca la prima sentenza per violazioni fiscali. Il presidente del parlamento venezuelano Juan Guaidò ha ricevuto la massima condanna consentita dalla legge per una discrepanza nelle dichiarazioni dei redditi: le spese non risultano compatibili con il suo reddito personale. Lo ha annunciato oggi il controllore di stato Elvis Amoroso.

A Guaidò verrà impedito di ricoprire cariche pubbliche per i prossimi 15 anni, a causa della discrepanza tra entrate e uscite riscontrata nella sua dichiarazione dei redditi. Secondo il Amoroso, Guaidò ha compiuto oltre 91 viaggi all’interno del Venezuela, spendendo circa 520 milioni di bolivar. La condanna è stata stabilita dopo il controllo della dichiarazione dei rettiti di Guaidò, controllata dall’ufficio generale del controllore di stato a febbraio.

L’indagine è stata condotta in connessione con i sospetti che il leader dell’opposizione avesse nascosto o falsificato i dati in essa contenuti, e avesse anche ricevuto denaro da organizzazioni internazionali e nazionali senza fornire alcuna giustificazione. Gli Stati Uniti ritengono però “ridicola” tale interdizione dagli incarichi pubblici. Lo afferma un portavoce del Dipartimento di Stato, secondo quanto riportato dai media americani. Anche il «Gruppo internazionale di contatto’ promosso dall’Ue – condanna decisione di interdire Guaidó dalle cariche pubbliche per 15 anni».

«Una tale decisione politica senza riguardo per il giusto processo è l’ennesima dimostrazione della natura arbitraria delle procedure giudiziarie nel Paese – ha dichiarato l’Alto Rappresentante Ue Federica Mogherini a conclusione della riunione di Quito – Queste azioni minano ulteriormente gli sforzi per promuovere una soluzione pacifica e democratica alla crisi in Venezuela».

Parole gravide di faziosità che rendono ovviamente vergogno il silenzio della stessa Mogherini sulle decine di incendi che in un mese hanno devastato la rete elettrica ed in particolare la centrale di Guri e sugli arresti dei presunti golpisti tra i quali un criminale ricercato dall’Interpol. Una rappresentante politica nominata dal Partito Democratico che non rappresenta le posizioni dell’attuale Governo cauto nel prendere posizioni ma soprattutto rivela una manipolazione comunicativa politica che si basa su opinioni precostituite e non su fatti oggettivi come quelli narrati uno per uno in questo articolo. Un’offesa al decoro italiano che il funzionario politico dovrebbe rappresentare a livello internazionale.

 

ARRESTATI I 6 PRESUNTI PIROMANI SABOTATORI

AGGIORNAMENTO 27 MARZO – ore 01 Italia – 20 Venezuela

Il Ministero Pubblico (MP) ha annunciato martedì 26 marzo l’arresto di 6 persone presumibilmente responsabili del sabotaggio incendiario registrato nel cortile della Centrale Idroelettrica di Guri, nello stato di Bolivar, che ha causato l’interruzione della corrente elettrica di lunedi 25 marzo in quasi tutti gli stati. Lo ha riferito la tv statale VTV. Inoltre, un’indagine penale con la nomina di un procuratore con giurisdizione nazionale e 2 procuratori dello stato di Bolivar ha cominciato a fare luce sugli attacchi criminali registrati.

Le informazioni sono state fornite dal Procuratore Generale della Repubblica, Tarek William Saab, sul suo account Twitter @TarekWiliamSaab, in cui ha detto che i sospetti sono stati identificati come: César Valencillo, Judith Lara, Venetza Leonett, Jose Herrera, Melvin Romero e Julio Ruiz. Proprio l’inchiesta ha così ricostruito nel dettaglio l’ultimo gravissimo sabotaggio che ha riportato il paese nei disagi costringendo il governo a sospendere ogni attività scolastica e lavorativa sia nella giornata di martedì 26 che di mercoledì 27 marzo.

Una eloquente immagine del rogo sviluppatosi all’interno della centrale idroelettrica di Guri

Lunedi 25 marzo ci sono stati due nuovi atti di sabotaggio contro il servizio elettrico nazionale (SEN) nel complesso idroelettrico di El Guri nello stato di Bolivar, dopo la grave attentato il 7 marzo. Il primo si è verificato alle 13:20 circa con l’attacco ad una linea di trasmissione e altre varie stazioni nella zona centro-occidentale del paese:.questo primo tentativo è stato risolto a tempo di record, ha dichiarato il vicepresidente Delcy Rodríguez. Ma durante la notte tra lunedì 25 e martedì 26, un altro grande sabotaggio si è verificato con un attacco fisico diretto a al modulo di 765 KVA Guri, provocando un violento incendio che ha colpito due trasformatori. L’attacco ha causato un successivo blackout che è durato per più di 15 ore.

 

 CARACAS: SENZA LUCE ANCHE L’AEROPORTO

AGGIORNAMENTO 26 MARZO ore 12 ITALIA (7 VENEZUELA)

Altri diffusi blackout per gli ennesimi sabotaggi non danno pace al Venezuela. La centrale idroelettrica della diga di Guri, nello stato di Bolivar, ha subito un nuovo attacco cibernetico e fisico (con un incendio al macchinario centrale) lasciando nell’oscurità 15 stati e molte città del paese: tra cui l’aeroporto di Caracas a Maiquetia, da ieri pomeriggio fino a questa mattina.

Negli ospedali i gruppi elettrogeni sono entrati in funzione regolarmente e non ci sarebbero stati disagi. Questa mattina persino la tv statale VTV aveva patito il blackout. Il governo bolivariano ha così disposto per oggi, martedì 26 marzo, un’altra sospensione delle attività di scuole e luoghi di lavoro.

Il sabotaggio, iniziato nel pomeriggio e culminato di sera, è avvenuto guardacaso in concomitanza con la conferenza stampa del Ministro dell’Informazione per l’importante arresto di un avvocato complice dell’opposizione in una presunta cospirazione per rubare un miliardo di dollari. La situazione sta viavia ritornando alla normalità in tutta la nazione che, a causa dell’interruzoone elettrica, in molte località dove la rete idrica è alimentata da pompe di drenaggio o filtrazione, sono rimaste nuovamente anche senz’acqua potabile come dopo il primo blackout del 7 marzo scorso, uno dei più diffusi e devastanti della storia contemporanea, protrattosi per circa 100 ore.

Secondo il governo di Bolivariano fu perpetrato con 150 attacchi tra quelli cibernestici partiti da esperti hacker da postazioni negli Usa, quelli elettromagnetici ed infine fisici con esplosioni in almeno 12 sottostazioni elettriche cruciali nella rete energetica nazionale.

I danni causati da un incendio doloso ad uno dei trasformatori principali della centrale idroelettrica di Guri nello stato di Bolivar, già colpita da attacchi cibernetici ed elettromagnetici nelle scorse settimane

Sembra purtroppo sempre più vicino il momento dell’attacco Usa minacciato dal presidente Donald Trump che deve mettere a frutto le centinaia di milioni di dollari spesi dalla Casa Bianca, dai Repubblicani di George W. Bush junior fino ai Democrati di Barack Obama, per screditare, diffamare, boicottare, contestare il presidente venezuelano Nicola Maduro dipingendolo molto peggio di quello che è ed è stato.

Se per il siriano Bashar Al Assad fu facile all’inizio far credere all’occidente che fosse un dittatore sanguinario come il suo omologo libico Muh’hammar Gheddafi, perché era musulmano (per quanto moderato e tollerante verso ogni religione), per il capo di stato bolivariano l’operazione ha richiesto anni perché lui è cristiano: proprio come Hugo Chavez che dopo il golpe militare del 2002 a Caracas fu reintegrato per chetare l’insurrezione popolare grazie alla mediazione del Vescovo.

Alla fine la potente macchina bellica del mainstreming mediatico è riuscita a spaccare il mondo tra coloro che hanno capito le falsità costruite ad arte da Washington intorno al presidente del Venezuela e coloro che lo vogliono morto perché avrebbe represso ed affamato il suo popolo. Nessuno di questi ultimi è andato a rileggersi le cronache dettagliate per scoprire quanto odio e violenza hanno seminato le Guarimbas, le proteste degli oppositori teorizzate da un sociologo prima di essere portate nelle strade.

Nel 2014 centinaia di guerriglieri urbani si infiltrarono tra i manifestanti col preciso scopo di far scorrere il sangue, di far contare i morti alla comunità internazionale. A volte anche bruciando vivi gli inermi connazionali che avevano la sola colpa di stare dalla parte sbagliata: ovvero sostenere il presidente Maduro appena eletto. Fu inevitabile la reazione dura della Polizia Bolivariana con centinaia di arresti, identici a quelli della Gendarmerie di Parigi in questi mesi nei confronti dei criminali Black Bloc e dei Gilet Gialli più facinorosi.

Fu indispensabile un’azione energica delle forze dell’ordine, a volte troppo brutale come nella scuola Diaz del G8 2001 a Genova, in un paese dove la delinquenza metropolitana è già una grave piaga, come in Colombia, in Brasile, in Messico e un po’ in tutta l’America Latina: basta gettare benzina ed un fuocherello diventa rogo infernale.

Ma il Venezuela ha nel sottosuolo la metà dei giacimenti petroliferi: quindi non basta qualche fuoco di paglia per incendiare il paese, in parte benestante e per metà fedele al suo governante. Perché Maduro è cresciuto tra le manifestazioni di piazza del Chavismo dei Socialisti Bolivariani e sa come affascinare e domare la folla, molto più del suo rivale Juan Guaidò che senza i megafinanziamenti dell’agenzia statale americana di sviluppo internazionale Usaid, usata anche per finanziare i golpe politici, ora non sarebbe dov’è.

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro a dicembre a Mosca dal presidente russo Vladimir Putin

Il presidente bolivariano Maduro è uno statista che non si spaventa: anche fisicamente è  un gigante che fa sembrare un ragazzino persino l’atletico e marziale presidente russo Vladimir Putin. Quindi la macchina della cospirazione – emersa persino dall’inchiesta di un giudice argentino sui dossier di una spia Usa – ha dovuto alzare il livello dello scontro.

Dopo 5 anni di proteste a singhiozzo il 23 gennaio 2019 c’è stata l’autoproclamazione a presidente a interim Juan Guaidò, il presidente dell’Asemblea Nacional (il parlamento venezuelano) , che non si candidò alle elezioni presidenziali del 2018 rivinte da Maduro ma fu subito riconosciuto dagli Usa tanto da indurre a pensare ad una strategia accuratamente concordata. Il 7 marzo sono arrivati i sabotaggi cibernetici per far saltare la luce, interompere il flusso dell’acqua potabile così da assetare un paese già alla fame. Duplice l’obiettivo: denigrare ulteriormente lo statista per incapacità e danneggiare le infrastrutture provocando danni diretti, e indiretti alle attività industriali e commerciali, per 50milioni di dollari.

Ma gli attacchi hanno anche un terzo occulto scopo: sono le prove tecniche di un’operazione di “geni guastatori”. Sono serviti a capire i punti critici della rete elettrica e idrica per quando si deciderà di sferrare l’attacco militare vero e proprio. Dalle 13 di ieri un nuovo blackout ha interrotto l’energia elettrica in varie località del Venezuela. Il timore è che prima o poi questi momenti di totale oscurità non servano solo a intimidire governo e popolazione, capaci di reagire anche alle minacce di atti terroristici con l’eroica marcia di sabato. I blackout potrebbero presto diventare la strategia di copertura di un imminente raid missilistico.

«Gli Stati Uniti non resteranno a guardare mentre la Russia esaspera le tensioni in Venezuela»: è il messaggio che il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha inviato a Mosca oggi nel corso di una telefonata al Ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. «Il continuo aumento di personale militare russo a sostegno di Maduro rischia di prolungare la sofferenza del popolo venezuelano» ha aggiunto Pompeo. Parole che vanno oltre alle reiterate minacce del consulente militare della Casa Bianca John Bolton.

Frasi che sembrano già una formale dichiarazione di guerra a fronte di un rafforzamento militare deciso dalla Russia proprio perché consapevole, dopo l’incontro di Trump con il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, del rischio di imminenti bombardamenti. Mosca ha inviato militari specialisti nell’antisabotaggio e e reparti speciali terrestri. Il Venezuela ha infatti bisogno di soldati molto addestrati come quelli russi: perchè dopo un’eventuale prima azione aerea ci sarebbe sicuramente il tentativo di invasione via terra con l’impiego di drappelli paramilitari per scatenare una guerra civile attribuendone la paternità al desiderio di liberazione dell’opposizione.

 

SOLDATI RUSSI A CARACAS, MISSILI ANTIAEREO NELLA BASE

AGGIORNAMENTO 24 MARZO ORE 17 ITALIA (12 VENEZUELA)

Un aereo IL 62 delle Forze aerospaziali Russe VKS atterrato a Caracas – photo Twitter @CNW

Il Venezuela si prepara alla guerra. Mentre prosegue l’intensa attività antiterrorismo del Sebin (Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional) coordinata dal procuratore generale del Venezuela e attuata con gli agenti di polizia PNB e FAES che ha portato al clamoroso arresto prima di Roberto Marrero, braccio destro del leader dell’opposizione Juan Guaidò, e poi di un pericolosissimo criminale internazionale colombiano ricercato dall’Interpol Wilfredo Torres Gomez, ritenuti coinvolti nella presunta cospirazione terroristica contro il presidente Nicolas Maduro, si registrano grandi movimenti nel paese. All’aeroporto internazionale di Maiquetia, vicino a Caracas, sono atterrati oggi due aerei della VKS la Forza Aerospaziale Russa: un IL-62 con un contingente di circa 100 soldati seguito circa un’ora dopo da un cargo di supporto An-124. L’atterraggio non è sfuggito ai cronisti di Conflitc News CNW che hanno pubblicato la foto dell’aereo.

Il generale Vasily Tonkoshkurov comandante delle forze terrestri russe SRF

Tre ore dopo l’indiscrezione riportata da Gospa News è arrivata anche la conferma dall’agenzia di stampa internazionale Ruters che scrive: «Il giornalista Javier Mayorca ha scritto su Twitter sabato che il primo aereo ha trasportato Vasily Tonkoshkurov, capo dello staff delle forze di terra, aggiungendo che il secondo era un aereo cargo che trasportava 35 tonnellate di materiale.

Un cargo Ilyushin IL-62 e un aereo militare Antonov AN-124 sono partiti per Caracas venerdì dall’aeroporto militare russo Chkalovsky, fermandosi lungo il percorso in Siria, secondo il sito Flightradar24 per il monitoraggio dei voli». Il generale Tonkoshkurov, comandante delle forze terrestri russe SRF, è stato ricevuto da una delegazione venezuelana guidata dal Direttore Generale dell’Ufficio degli Affari Internazionali il viceammiragglio Marianny Mata Quijada, e dal direttore delle FAES (Fuerza Acciones Especiales), Edgar Colina Reyes.

Le postazioni di lancio degli S-300 russi rilevati nella Capitan Manuel Rios Airbase, nello stato di Guarico

Nel frattempo si apprende che almeno da un mese il Governo della Repubblica Bolivariana  è pronto ad affrontare il rischio di un’escalation delle tensioni con gli Stati Uniti. La Casa Bianca ha ripetutamente avvertito il Capo di Stato che «tutte le opzioni sono sul tavolo» pur di destituirlo.

Proprio nella malaugurata eventualità di un attacco militare la FANB (la Fuerza Armada bolivariana) ha posizionato e reso operative le batterie di missili S-300 fornite dai russi. Si tratta di uno dei più avanzati sistemi di contraerea del mondo che ha permesso all’esercito della Siria di Bashar Al Assad di ridurre a pochissimi danni i molteplici attacchi missilistici sferrati dagli Usa nella primavera scorsa (in reazione al finto attacco chimico a Douma) e dall’aviazione dell’Israel Defence Force per colpire le postazioni di Hezbollah.

Da quanto si apprende da fonti della rete internet la fornitura degli S-300 risale addirittura al 2013 ma la conferma circolava sui siti specializzati in rilevamenti satellitari già nel febbraio scorso. Le batterie di efficacissimi razzi intercettori che annientano quelli sparati dai velivoli nemici e possono ovviamente anche colpire i caccia stessi sono state posizionate nella base dell’aviazione Capitan Manuel Rios, nello stato di Guarico, nel nord del paese. Ma secondo un altro sito specialistico di difesa altri carri anti-missili sono stati collocati pure nell’Aeroporto di Santa Elena de Uairén, a pochi chilometri da Pacaraima, nello stato di Roraima, al confine con il Brasile.

Gli S-300 sono rappresentano un elemento di difesa che rende quasi inattaccabile la nazione bolivariana da questo paese come dagli altri vicini di Colombia e Guyana, alleati degli statunitensi, e mette in pericolo la sicurezza di queste stesse nazioni che potrebbero subire a loro volta ingenti danni se dovessero mai decidere di fornire supporto logistico alla Us Air Force (che non ha basi in America Latina).

E pertanto probabile che se ci sarà un attacco missilistico comincerà dalle navi militari della II Flotta Us Navy resa nuovamente operativa presso la base di Nortfolk, in Virginia. Questo 2° raggruppamento della marina americana, già deputato al controllo del Mar dei Caraibi, era stata dismesso nel 2011 ma è stato riattivato con notevoli potenziamenti guardacaso nel maggio 2018, proprio pochi mesi prima che Guaidò, a gennaio, si autoproclamasse presidente ad interim con l’immediato riconoscimento ed appoggio americano.

Un carro semovente di batterie antiaereo S-300 del Venezuela

 

AGGIORNAMENTO 23 MARZO ORE 23 ITALIA (18 VENEZUELA)

VENEZUELA SOTTO ATTACCO

 

AGGIORNAMENTO 22 MARZO ORE 8 ITALIA (3 VENEZUELA)

VENEZUELA: ARRESTATO PER TERRORISMO IL BRACCIO DESTRO DI GUAIDO’

 

I PRECEDENTI SABOTAGGI FINO AL 20 MARZO

AGGIORNAMENTO 20 MARZO ORE 23 ITALIA (18 VENEZUELA)

Sporadiche, forse anche per l’assuefazione che hanno generato tra gli stessi venezuelani, giungono le segnalazioni di altre eplosioni ed incendi nelle sottostazioni elettriche che stanno continuando a causare grossi problemi alla rete energetica e blackout anche durati più di 24 ore a Maracaibo.

 

AGGIORNAMENTO 19 MARZO ORE 20 ITALIA (15 VENEZUELA)

«Gli Stati Uniti e il Brasile non sono mai stati così vicini». Lo ha detto il presidente americano Donald Trump  in una conferenza congiunta con il presidente brasiliano Jair Bolsonaro dopo il vertice alla Casa Bianca che aveva tra i temi caldi proprio la politica Usa in Venezuela. Il tycoon americano ha detto che sta pensando seriamente ad una adesione del Brasile alla Nato o a qualche altra alleanza per questo Paese ribadendo che per far cadere il Governo del presidente Nicolas Maduro «tutte le opzioni sono sul tavolo».

I contenuti dell’incontro sono rimasti in larga parte top secret ed è facilmente arguibile che riguardino il ruolo del Brasile nell’eventualità ormai sempre più prossima di un attacco militare a Caracas. Ha suscitato infatti l’attenzione dei media la visita dello stesso Bolsonaro ha fatto nel quartier generale della Cia a Langley, in Virginia, prima di recarsi a Washington. Molto più del suo incontro con Steve Bannon, l’ex stratega della Casa Bianca e ideologo della destra nazionalista nella residenza dell’amabasciatore brasiliano.

Il rappresentante speciale degli Usa per il Venezuela, Elliot Abrams, invece, ha trascorso due giorni a Roma per i colloqui con un delegazione russa. Ma al termine del viaggio ha dovuto ammettere l’evidenza per cui il Governo Lega-M5S di Giuseppe Conte non vuole sbilanciarsi a concedere l’avallo al regime-change: «Con l’Italia abbiamo soltanto un punto di disaccordo sul Venezuela, il mancato riconoscimento di Juan Guaidò come presidente. Ma su molti altri punti concordiamo».

Abrams vanta una grandissima quanto famigerata esperienza proprio nelle gravi internazionali avendo lavorato come stretto collaboratore per la sicurezza nazionale sia per il presidente Ronald Reagan che per l’altro repubblicano George W. Bush junior coi quali seguì i golpe in Nicaragua e San Salvador, rimase coinvolto nello scandalo Irangate, si occupò delle questioni geopolitiche connesse al Medioriente conseguenti alle guere in Afghanistan e Irak e, secondo il London Observer, fu tra i primi a sapere – o forsea tramare – il golpe del 2002 che portò all’arresto ed alla temporanea deposizione del presidente venezuelano Hugo Chavez. Non si conosce l’esito dell’incontro con il portavoce russo. Ma assolte le formalità diplomatiche e definiti gli accordi segreti con Bolsonaro gli Usa sono ormai pronti per dare corso alle minacce che il consigliere militare dell’amministrazione Trump, John Bolton, continua a lanciare su Twitter nei confronti del presidente venezuelano eletto Maduro, nel vano tentativo di indurlo a farsi da parte.

 

AGGIORNAMENTO 19 MARZO ORE 8 ITALIA (3 VENEZUELA)

Il vasto incendio doloso nel parco Waraira Repeno in un’immagine diffusa da TeleSur

Dopo i sabotaggi informatici alla centrali elettriche e le esplosioni nelle sottostazioni energetiche (9 fino a ieri sera), dopo la contaminazione dell’acqua con petrolio, dopo gli incendi di tre cisterne in una raffineria nella valle dell’Orinoco, il fuoco si avvicina alla capitale in modo devastante prendendo di mira la boscaglia della montagna sopra Caracas.

Troppi gli attentati a raffica in soli 12 giorni per non ritenere anche quest’ultimo incendio, deflagrato nella serata di ieri, lunedì 18 marzo, come un’azione della cospirazione di regime-change svelata anche da un dossier scoperto un giudice argentino nell’archivio digitale di una presunta spia americana a Bueons Aires come anticipato in anteprima ed esclusiva in occidente da Gospa News. Le fiamme sono scoppiate all’improvviso nel vasto Parco naturale di Waraira Repeno bruciando in poche ore circa 50 ettari di foresta. Il Ministro dell’Interno, della Giustia e della Pace, Nestor Reveroi ha già avviato un’indagine sull’accaduto che sembra essere stato originato da un atto deliberato.

Solo il pronto intervento di 47 Vigili del Fuoco e 105 volontari della Protezione Civile, come puntigliosamente riferito da TeleSur, ha limitato il lago di fuoco che si stava estendendo verso Terazas de l’Avila, località ad est della capitale. Ad allertare popolazione e politici dell’escalation senza limiti dei sabotaggi è stato il presidente dell’Assemblea Costituente venezuelana Diosdado Cabello ricordato il blackout che nei giorni scorsi aveva colpito 21 stati della Repubblica Bolivariana su 23 (e due ancora ieri): «Quello che sta succedendo in Venezuela sta accadendo per una ragione. Gli Stati Uniti hanno già tentato di portare avanti una serie di attacchi selettivi nel tentativo di causare danni al nostro paese. Gli Stati Uniti non si preoccupano delle vittime, possono apertamente tentare di lanciare attacchi terroristici in metropolitana, scuole e ospedali» ha detto Cabello proprio poche ore prima che la montagna che sovrasta la capitale andasse in fiamme. Sul quotidiano venezuelano El Nacional, ormai smaccatamente schierato con l’opposizione, 10 righe sull’incendio (citato per una foto su Twitter) e 200 di commenti politici contro il governo…

Il rogo che lunedì sera si avvicinava minaccioso al centro abitato Terazas de l’Avila, località ad est di Caracas

 

AGGIORNAMENTO 18 MARZO ORE 19 ITALIA (14 VENEZUELA)

L’ennesima esplosione nella zona industriale di Cloris a Guarenas

Dopo due giorni di tregua le esplosioni a raffica di stazioni elettriche sono riprese. I contestatori del Governo bolivariano continuano a non accettare l’ormai evidente spiegazione dei sabotaggi, accusando addirittura il presidente eletto Nicola Maduro di essere lui stesso a far esplodere i centri di distribuzione energetica o adducendo alla vegetazione incolta la causa degli incendi. I venezuelani che gli hanno creduto dopo la denuncia di 150 attacchi differenti in pochi giorni a partire dal 7 marzo (cibernetici, elettromagnetici, informatici e fisici) si dividono sui social nell’accusare raggi elettomagnetici o altro.

Resta il fatto che da questa mattina una parte dello stato di Miranda è di nuovo senza luce per lo scoppio di una fila di trasformatori elettrici nella zona industriale di Cloris a Guarenas. Un’esp0losione che si sarebbe ripercossa anche su una parte della rete di Caracas. Ad essa si aggiunge un incendio nella sottostazione di San Jacinto de Maracay. Questi gravi incidenti, oltre a provocare il blackout nelle zone limitrofe, hanno anche gravato su altri centri di distribuzione provocando l’instabilità della potenza elettrica a Santa Cruz Distribuzione Casarapa d Guarenas e Elegua in Guatire. Ovviamente questo è quello che sappiamo. Gli ultimi due casi portano ad almeno 9 le sottostazioni esplose o andate in fiamme in altrettanti giorni.

 

BLACKOUT IN 5 STATI E PAURA A VOLARE SUL VENEZUELA

AGGIORNAMENTO 15 MARZO ORE 20 ITALIA (15 VENEZUELA)

Le esplosioni segnalate nella serata di ieri in Venezuela non si sono limitate alle due riportate nelle immagini del precedente aggiornamento e pertanto il blackout sarebbe tornato in alcune aree di almeno cinque stati. Ormai diventa quasi impossibile avere conferme per la linea del Governo bolivariano di evitare comunicazioni ufficiali sulle mergenze in corso finché non sono risolte onde scongiurare il panico tra la popolazione.

Si resta così fermi ai dati inquietanti diffusi nei comunicati tra martedì e mercoledì all’indomani del discorso del presidente eletto Nicola Maduro: l’ultimo riferisce di 150 attacchi tra cibernetici e informatici di esperti hacker ad altrettante stazioni elettriche tali da causare corti circuiti cui si sono aggiunti veri attentati fisici esplosivi (almeno 7). Proprio per questi attentati a raffica il leader dell’opposizione nonché presidente autoproclamato ad interim, il deputato Juan Guaidò, è stato messo sotto inchiesta dalla procura generale quale ispiratore intellettuale del sabotaggio della rete elettrica. Una cospirazione che risulterebbe anche dai dossier di un giudice federale argentino sequestrati ad una presunta spia americana a Buenos Aires.

Il complotto sintetizzato dal Governo di Caracas

Giunge invece la notizia della cancellazione di un volo dell’American Airlines e il lancio dell’agenzia Reuters sulla base di «un influente sindacato piloti» aclune ore dopo confermato da una dichiarazione ufficiale della compagnia sullo stop dei voli per Caracas. “Non accettare viaggi in Venezuela”, ha affermato oggi, venerdì 15 marzo, in una dichiarazione l’Allied Pilots Association inducendo quindi American Airlines a sospendere il traffico aereo in seguito a un avvertimento emesso dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti questa settimana circa la pericolosità ad effettuare recarsi nel paese a causa «dei disordini civili, cattive condizioni di salute e arresti arbitrari e detenzione di cittadini statunitensi» aggiunge la Reuters che, ormai servile nella causa del leader dell’opposizione golpista Juan Guaidò, non fa il benché minimo accenno agli attentati alla rete elettrica, idrica e alle raffinerie che ben più giustificherebbero la rinuncia a volare nel paese.

«Tutti i diplomatici statunitensi hanno lasciato il paese giovedì» ha dichiarato il Segretario di Stato Mike Pompeo, senza ovviamente specificare che il Ministro degli Esteri Jorge Arreaza aveva dato un ultimatum di 72 ore agli Usa entro il quale avviare «un dialogo di reciproco rispetto» e non un’espulsione tout court. In quattro righe ecco condensate le anomali mediatiche e diplomatiche sul Venezuela, E’ implicito che la paura di volare dei piloti statunitensi rientra in quella strategia del terrore in quanto evoca l’eventualità di un possibile attacco militare dell’aviazione Us Air Force. Un intervento che, se dovrà esserci, è più probabile che avvenga dopo martedì 19 marzo quando il presidente americano Donald Trump incontrerà alla Casa Bianca il suo primo alleato in America Latina ovvero il neoletto presidente brasiliano Jair Bolsonaro proprio per discutere delle dinamiche di regime-change a Caracas, 

 

AGGIORNAMENTO 14 MARZO ORE 23 ITALIA (18 VENEZUELA)

In questa giornata era parsa strana la mancanza dell’esplosione di una stazione elettrica. Come ha ben documentato Conflict News CNV sul suo profilo Twitter ne sono avvenute due ieri pomeriggio negli stati di Zulia e Miranda.

Le due stazioni elettriche esplose nella giornata del 14 marzo

 

AGGIORNAMENTO 14 MARZO ORE 16 ITALIA (11 VENEZUELA)

E’ esploso anche una terza cisterna nella raffineria Petro San Felix, nell’area di raffinazione vicina a quella di estrazione petrolifera dei vastissimi giacimenti dell’Orinoco, già colpita merdoledì intorno a mezzogiorno, da un incidente che sembra rientrare nell’ottica di sabotaggio nei confronti delle infrastrutture del paese. Ma il quotidiano El Nacional, dopo aver pubblicato questa notizia con un ritardo di due ore rispetto al nostro sito italiano (di circa 20 ore rispetto allr precedenti esplosioni), invece di indagare sull’evento e fornire un aggiornamento sul grave incendio che ora interessa tre serbatoi di petrolio ha dato spazio alla fantasiosa ipotesi del deputato Josè Brito secondo cui l’esplosione sarebbe avvenuta per la cattiva manutenzione delle bombole antincendio.

L’incendio del terzo tank di diluente a Petro San Felix

Le cisterne stanno ancora bruciando nonostante il prolungato intervento dei Vigili del Fuoco perché contengono diluente altamente infiammabile.

Ovviamente essendo un parlamentare non viene nemmeno ponderata la possibilità che sia un ennesimo attacco oltrechè al governo del presidente eletto Nicola Maduro, a tutta l’inerme popolazione che rischia di essere controproducente persino per il leader dell’opposizione Juan Guaidò in quanto ormai la sua propaganda su incidenti causati da incuria è smentita dalla frequenza e gravità delle esplosioni. Proprio mentre Caracas festeggia la riapertura della metropolitana dopo cinque giorni di stop per il blackout ecco il segnale che gli attentati nel paese proseguono nel silenzio dei media occidentali come latinoamericani (spiego sotto il perchè…).

Ma anche la ripartenza dei treni sotterranei è avvenuta guardacaso con un incidente tra due convogli nei pressi della stazione La California: è avvenuto nella notte proprio mentre era stato avviato il test per riaprire la linea. Pertanto non ci sono state gravi conseguenze ma ciò ha causato un nuovo blocco per un quarto della rete. Dall’ospedal di San Juan de Dios di Caracas giunge invece la segnalazione di un flusso d’acqua non abbastanza sufficiente a garantire le normali attività sanitarie.

TESTO AGGIORNATO AL 13 MARZO ORE 24 ITALIA (19 VENEZUELA)

La mappa petrolifera del Venezuela e nel cerchio l’area delle raffinerie dello stato Anzoategui, nella valle dell’Orinoco, dove sono avvenute le esplosioni – Clicca sull’immagine per approfondimenti sulle riserve del Venezuela

Merdoledì pomeriggio (ora venezuelana) si è appresa la tremenda notizia dell’eplosione di due cisterne di una raffineria di Petro San Felix  dell’azienda nazionale Petroleos de Venezuela (Pdvsa) vicino a San Diego de Cabrutica nello stato di Anzoategui. Ormai gli attentati nel paese si sussseguono con tale frequenza che diventa difficile riuscire a raccontarne i particolari. Ma ques’ultimo evidente sabotaggio, alla luce di altri nella notte a due stazioni elettriche e ad una condotta idrica che ha portato petrolio negli impianti domestici dell’acqua potabile, evidenziano una trama che sembra disegnata da un serial killer.

Prima la centrale elettrica intitolata a Simon Bolivar, l’eroe della rivoluzione latinoamerica, ora ai tank e all’acquedotto in due stati diversi ma che guardacaso colpiscono due città intitolate a San Diego (d’Alcalà), il santo cristiano cui i venezuelani sono particolarmente devoti come il resto del Sud America. Infine entrambi hanno come strumento di sabotaggio quell’oro nero che è il risaputo obiettivo degli Usa in Venezuela.

Poco e nulla si sa per ora dello scoppio delle due cisterne della raffineria che ovviamente richiedono un intervento di emergenza urgente e specializzato. Si sa solo che sono accaduti intorno alle 11 dei Caraibi, ovvero le 16 in Italia. Nella mattinata di mercoledì 13 marzo il 27 % della rete era ancora scollegata a distanza di 140 ore dal blackout a conferma delle difficoltà nel ridistribuire l’energia a causa delle varie stazioni bruciate. A ciò si aggiunge anche la segnalazione che nello stato del Vargas la società elettrica nazionale Corpolec nel pomeriggio stava affrontando una nuova emergenza diffusa.

 

Come confermano alcuni messaggi Twitter inviati a membri del governo in cui si segnalano zone di Caracas (Padros de Este, Alto Prado, Terazas Club Hipico) ancora senza luce e senza acqua percché di quell’area sud della capitale isolata dallo scoppio di una stazione come riferito nel precedente reportage, e nella Parroquia de la Vega in Montalban, da 9 giorni senza luce e senza una goccia di acqua. Da prendere quindi con beneficio di verifica la trionfale affermazione di mercoledì sera del Ministro della Comunicazione, Jorge Rodriguez, secondo cui il 100 % della rete elettrica era stata ripristinata.

Il grafico della distribuzione di energia elettrica sulla rete dove si vede il collasso iniziale di giovedì 7 marzo ed il graduale recupero fino alla stabilizzazione di ieri in quasi tutto il paese

 

 

L’ACQUA CONTAMINATA IN DUE STATI

Finalmente in quasi tutti i centri abitati del Venezuela fino a poche ore fa era tornata la corrente elettrica e con essa l’acqua corrente cessata per il blocco del sistema idrico di filtrazione e pompaggio. Un danno collaterale che tra domenica e lunedì si stava rivelando man mano che passavano le ore più grave di quello della mancanza della luce.

Ma dai rubinetti di divere aree dello stato di Carabobo è uscita acqua nera, densa come il petrolio ma col fetore di fogna, come se fosse una commistione tra greggio e liquami di scarico. Come nel caso degli attacchi elettrici di cui abbiamo ampiamente parlato nei precedenti articoli e per i quali è stato messo sotto inchiesta il leader dell’opposizione Juan Guaidò, a destare sospetti di un ulteriore sabotaggio non è solo l’anomalo incidente ma la sua capillare e reiterata diffusione. Sono passate poche ore da quando è tornata l’acqua corrente ed è stata fatta la tremenda scoperta di questa gravissima problematica che perdura di ora in ora almento in quasi tutte le case della città carabobiana di San Diego.

Ecco alcune immagini postate su Twitter da CNV sull’acqua contaminata da petrolio a San Diego e in altre zone dello stato del Carabobo e probabilmente anche in quello di Aragua

Sui social rimbalzano foto agghiaccianti in stridente contrasto con quelle rasserenanti diffuse ieri sera dal Ministro per l’attenzione all’Acqua, Evelyn Vasquez, che, cinguettando le foto con le autobotti di acqua potabile inviate in tutto il paese, aveva avvertito che il servizio idrico sarebbe stato ripristinato con la priorità per quelle aree rimaste senza da più tempo.

L’incubo che già aleggia è che questa drammatica contaminazione dell’acqua col greggio sia diffusa a macchia d’olio. Per ora i responsabili del Servizio Idrico Nazionale sono concentrati a risolvere il problema in due stati, Carabobo ed Aragua, che quindi passano dall’emergenza blackout a quella dell’acqua potabile contaminata. Ma in serata è stato lo stesso Maduro ad annunciare l’attivazione del piano “Tanque Azul” (cisterna blu) per portare l’acqua potabile in tutte le case: probabilmente anche in considerazione dei problemi di contaminazione cui però non ha fatto minima menzione.

Le autobotti con l’acqua di mergenza in Venezuela

Inquietante è anche vedere anche l’immagine di un ristagno d’acqua vicino all’acquedotto completamente inquinata dal petrolio a riprova che la dispersione potrebbe essere non solo in qualche punto delle condotte o dell’acquedotto ma addirittura nei bacini idrici.

La fuoriuscita di acqua inquinata da una condotta vandalizzata

Ecco quindi prendere sempre più forma lo spettro di un sabotaggio militare in piena regola come ipotizzato dall’esperto di geopolitica ed intelligence bellica Gordon Duff, veterano dei marines, consulente  internazionale di intelligence e senior editor del sito di anti-terrorismo e notizie di guerra Veterans Today: al momento una delle pochissime sponde occidentali d’informazione trasparente.

In un’intervista trasmessa da Press Tv lunedì 11 marzo l’esperto ha avvertito che ormai ci si poteva attendere qualsiasi tipo di violento attacco. E lo stanziamento di mezzo miliardo di dollari previsto dal Dipartimento di Stato Usa per l’agenzia Usaid, proprio lunedì 11 marzo, per supportare il regime-chance fa comprendere quanta sia disposta ad investire Washington: basti pensare che per combattere il terrorismo su scala mondiale ha previsto 707 milioni di dollari, ovvero soltanto 200 in più rispetto a quelli preventivati per far fuori il presidente venezuelano  eletto Nicola Maduro e appropriarsi dei giacimenti petroliferi venezuelani: i più vasti dell’intero pianeta.

Il piano di investimenti richiesto da Donald Trump per la United States Agency for International Development spesso utilizzata come testa di potente per i regime-change – CLICCA PER IL FILE

 

LA CENSURA MEDIATICA: L’ARMA PIU’ EFFICACE

Una delle inquietanti immagini delle altissime fiamme a Caracas fotografate da CNW intorno alle 4 di notte (9 ore italiana)

Tra le modalità di attuazione di un golpe c’è quello più subdolo ma anche più efficace: il silenzio dei media sui drammatici eventi e la loro manipolazione di altri. Sull’Ansa come sulla maggior parte dei quotidiani italiani, europei ed americani, è stato dato spazio, minimo, alle accuse di sabotaggio alla rete elettrica lanciate dal presidente Nicolas Maduro nel suo discorso di lunedì sera, in cui ha spiegato dettagliatamente gli attentati, ma nessuno ha riportato la notizia data da Gospa News in esclusiva giornalistica mondiale della stazione elettrica di La Ciudadela in fiamme per quasi 5 ore nella zona sud di Caracas con lingue di fuoco e nubi alte decine di metri e visibili a chilometri di distanza nella notte oscurata dal blackout.

Un’esplosione con seguente incendio in una capitale, a poche centinaia di metri da un supermercato e da una clinica, non è certo una notizia secondaria che diventa anzi primaria seaffiora il sospetto che sia stata causata con un attentato alla pubblica sicurezza: oppure viene completamente oscurata dai media s el’ordine del mainstream è quello di non occuparsi dei misteriosi incidenti ma solo di ciò che adombra l’immagine dello statista Maduro, dipinto come dittatore alla stessa stregua di Bashar Al Assad in Siria, dove ci sono voluti 6 anni e mezzo milione di morti per riabilitarne la proiezione politica.

In questo panorama di informazione manipolata sono coinvolti anche i giornali carabibici ormai spaccati su due fronti contrapposti: TeleSur che sostiene apertamente il governo in carica, il diario El Nacional che fa di tutto per screditarlo, giusto per fare i due esempi più importanti. Ecco perché le cronache quotidiane sono viziate da entrambe le parti.

Il primo non è puntuale sulla cronaca di incidenti per non creare allarmismi non sapendo se siano stati causati da sabotaggi o da causalità che potrebbero mettere in dubbio le capacità amministrative dei ministri del presidente chiavista; il secondo minimizza gli eventi come se fossero casuali al fine di non avvalorare alla teoria del complotto e dei sabotaggi. In mezzo c’è la popolazione che patisce disagi enormi, anche tragici come le circa 36 vittime negli ospedali per i blackout, ma non sa con chi prendersela e perché. E così la notizia dell’esplosione nella stazione elettrica di Sidor nella notte tra sabato 9 e domenica 11 marzo è stata in copertina su El Nacional per pochi minuti, prima di finire nelle news minori come un qualsiasi piccolo incidente.

Senza il minimo accenno che potesse trattarsi di un sabotaggio come invece denunciato lunedì sera da Maduro e avvalorato dalla procura generale del Venezuela che ha avviato un’inchiesta in merito annunciando investigazioni su Guaidò quale ispiratore dell’attentato. Lo stesso è capitato questa mattina per il petrolio uscito dai rubinetti dell’acqua che dovrebbe essere potabile.

El Nacional stamattina, mercoledì 13 marzo, ha dedicato una bellissima foto condita da dieci righe in cui manca ogni genere di minimo approfondimento o interrogativo giornalistico: «I cittadini di diverse aree dello stato di Carabobo hanno segnalato che l’acqua potabile giunta dall’ente è nera – scrive il sito del quotidiano – I carabobeños, che hanno atteso l’arrivo del servizio per diversi giorni, hanno trasmesso una serie di video sui social network in cui è possibile vedere come l’acqua esce nera dai rubinetti. “Buon giorno, l’acqua è arrivata ieri a San Diego, ma oggi al mattino ha iniziato a diventare nero con l’odore di fogna, che vergogna”, ha commentato un utente di Twitter. Un blackout, che ha colpito la fornitura di energia elettrica in tutto il paese da giovedì, ha impedito a molte famiglie venezuelane di ricevere acqua potabile. La situazione ha fatto sì che molti cittadini cercassero altre alternative per poter ottenere il liquido». L’articolo finisce qui. Senza domande, senza quesiti, senza il minimo sospetto che possa essersi trattato di un pianificato sabotaggio. Su TeleSur? Nemmeno una riga. Ovviamente si aspettano le comunicazioni ufficiali del governo.

 

CONDOTTA DANNEGGIATA: VANDALISMO O SABOTAGGIO?

L’allarmante reportage de El Nacional di oggi, mercolesì 13 marzo

Qualche ora dopo lo stesso El Nacional approfondisce l’articolo ma ovviamente tiene la linea morbida diffusa dalle istituzioni per evitare il panico: «L’azienda Hidrológica del Centro (Hidrocentro) ha spiegato il motivo per cui l’acqua è diventata nera in varie zone dello stato di Carabobo, una situazione denunciata da dozzine di cittadini di quella città – Hanno spiegato che la condotta principale che fornisce l’acqua potabile al comune di San Diego della città è stata “vandalizzata da persone senza scrupoli”, che ha causato la infiltrazione dei sedimenti».

Anche questo articolo finisce in modo rassicurante spiegando che lo staff è impegnato a risolvere la situazione nel più breve tempo possibile ed è stato avviato il protocollo di purificazione dell’acqua per poter rifornire lo stato di Aragua e la zona orientale di Carabobo». Una rassicurazione che in realtà contiene un allarme perché implicitamente indica che quella condotta alimenta non solo lo stato in cui si trova San Diego ma anche quello dell’Aragua, evidenziando così un vandalismo assai ingegneristico nella scelta del punto.

A ciò va aggiunto il fatto che a circa 5 chilometri dalla città più colpita c’è effettivamente una raffineria di petrolio. E quindi l’infiltrazione di sedimenti sembra essere stata creata ad arte: come in un vero e proprio sabotaggio. Come appare evidente per l’esplosione nelle due cisterne delle raffinerie dell’altra omonima città: San Diego de Cabrutica ma nello stato di Anzoategui. Esattamente come quello avvenuto, ormai senza ombra di dubbio, nelle in altre due stazioni elettriche esplose tra nelle ultime 24 ore e di cui ovviamente solo sui social si trova notizia.

 

ALTRE DUE ESPLOSIONI IN 24ORE DOPO I 5 ATTACCHI

Le due stazioni elettriche esplose nelle ultime 24 ore in due a Maracaibo e Caracas

Ai cinque attacchi ben descritti dal presidente Maduro lunedì sera si vanno ad aggiungere gli altri due avvenuti nelle ultime 24 ore in due differenti località del Venezuela. Va innanzitutto chiarito che questo è ciò che sappiamo grazie all’aggiornatissimo profilo social di Twitter CNV –  Conflicts News, gestito da un anonimo ma attentissimo reporter. Potrebbero esserci stata anche altre esplosioni di cui nessuno ha riferito perchè come detto il Governo bolivariano vuole evitare il panico e gli oppositori tendono a minimizzare gli incidenti catalogandoli come casuali, soprattutto dopo l’apertura dell’inchiesta per sabotaggio elettrico su Guaidò.

Ma ormai anche la statistica è dalla parte della tesi del presidente Maduro il quale ha evidenziato l’altro giorno che la rete elettrica è stata colpita in tre modalità diverse: prima con un attacco cibernetico giovedì 7 marzo alla centrale idroelettrica Simon Bolivar sulla gigantesca diga di Guri, che da sola garantiva l’80% dell’apporto energetico del Venezuela, quindi con uno elettromagnetico alla stessa ed alla centrale informatica della rete di Caracas, per ostacolare il ripristino, infine con gli attacchi fisici attraverso le esplosioni a Sidor, vicino a Bolivar, la principale sottostazione di emergenza entrata subito in funzione dopo lo stop della centrale idroelettrica, e indine domenica quella più clamorosa alla Ciudadela di Caracas e in un altro punto.

Adesso si apprende che nel pomeriggio di martedì è esplosa un’altra stazione elettrica a Las Cabillas a Maracaibo ed un’altra in località La Tiama di El Hatillo, nella zona sud della capitale, rimasta di nuovo in blackout. Di fronte a ben 7 attacchi consecutivi al sistema elettrico, fortunatamente nel frattempo in parte ripristinato nella sua quasi totale funzionalità grazie ad esperti hacker e con la consulenza ingegneristica a distanza di Cina e Russia, è ormai impossibile anche per i più scettici pensare ad una semplice casualità. E lo riprova la circostanza che, notizia della serata, lo stato del Vargas sarebbe nuovamente al buio in vaste aree. Mentre si contano i danni, causati alle fabbriche per lo stop improvviso ma soprattutto ai tantissimi impianti di estrazione e raffinamento di petrolio. In questo contesto prende sempre più corpo la previsione apocalittica fatta dal già citato consulente di intelligence militare Gordon Duff, senior editor di Veterans Today.

 

L’EPERTO USA: “QUALSIASI VIOLENTO ATTACCO DA BOLTON”

Il senior editor di Veterans Today Gordo Duff – CLICCA SULL’IMMAGINE PER L’INTERVISTA

Gordon Duff è un veterano dei Marines nella guerra del Vietnam ced ha lavorato per decenni sui prigionieri di guerra ma è anche un diplomatico accreditato come uno dei migliori specialisti di intelligence globale e senior editor del sito Veterans News, specializzato in notizie di guerra e investigazioni internazionali tra cui la scoperta di cruciali documenti e informazioni sulla cospirazione occulta dietro l’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York.

E’ stato intervistato dal sito d’informazione iraniano in inglese Press Tv sulla crisi in Venezuela dove ha evidenziato la pericolosità del consigliere della Sicurezza Nazionale della Casa Bianca John Bolton. Ecco un passaggio saliente della interessantissima intervista.

«Il mondo ha tutte le ragioni per credere che gli Usa vogliano attaccare ogni infrastruttura del Venezuela, E’ più o meno ciò che hanno promesso: è una politica consolidata. Gli Usa hanno minacciato attacchi militari: questa è una mossa che tutti ci aspettiamo, attendendo solo quando lo farà. Ci stiiamo chiedendo se abbiano intenzione di utilizzare lo Struxnet virus come hanno già usato molte volte prima, o un attacco simile, o qualcosa di più violento. Non escluderei che mettano in atto un bombardamento o un altro tipo di provocazione. Tutto questo è nelle carte di John Bolton. E’ la persona che non è estranea a questo tipo di violenti attacchi. La questione è naturalmente per afferrare l’oro del Venezuela. Una chiara interferenza ma non solo sul Venezuela ma anche una pressione sulle altre nazioni perchè si uniscano al boicotaggio. Venezuela fa parte di una lunga lista di nazioni che gli Usa stanno cercando di distruggere economicamente».

 

IL PERICOLO ISIS IN VENEZUELA

Gli aerei bombardieri russi giunti a dicembre in Venezuela

Se sotto il profilo ci sono già in parte riusciti con la complicità di tutti i paesi, tra cui l’Unione Europea, che hanno accolto senza battere ciglio le sanzioni via via sempre più strangolanti dal 2014 ad oggi, sotto il profilo militare stanno procedendo lentamente con la tattica della provocazione e dei sabotaggi. Soprattutto dopo che la Russia ha manifestato a parole e nei fatti la sua intenzione a garantire l’appoggio militare alla Repubblica Bolivariana.

A metà dicembre 2018, infatti, il presidente venezuelano Nicola Maduro era volato a Mosca per incontrare il presidente russo Vladimir Putin e riconfermare la loro alleanza, forse anche già pianificando le strategie per difendersi dall’imminente golpe, di cui certamente, i servizi segreti dei rispettivi paesi, il Sebin di Caracas e lo Fsb del Cremlino, erano già al corrente. Pochi giorni dopo insieme alle promesse del ministro russo degli Esteri Sergey Lavrov delle «armi necessarie a difendersi» all’Aeroporto Internazionale di Maiquetia “Simon Bolivar” sono atterrati due bombardieri strategici Tu-160, un cargo An-124 e un velivolo a lungo raggio IL-62 dell’esercito moscovita.

Ecco perché un’attacco militare frontale sembra da escludere in tempi brevi: almeno fino a martedì 19 marzo quando il presidente statunitense Donald Trump, ormai teleguidato dal suo consigliere guerrafondaio Bolton, incontrerà il presidente Jair Brasiliano proprio per parlare del Venezuela come già annunciato in una nota ufficiale della Casa Bianca.

Combattenti Isis trasportati in Irak con i camion dell’esercito americano

Nel febbraio scorso però gli americani hanno già fatto trapelare sui media affermazioni, prive di ogni minimo elemento probatorio, circa la presenza in Venezuela di miliziani Hezbollah, i valorosi combattenti dell’esercito libanese che hanno aiutato la Siria a sconfiggere l’Isis ma sono considerati organizzazione terroristica da Usa e Regno Unito.

Alla luce delle continue liberazioni di comandanti Isis avvenute nelle scorse settimane prima in Afghanistan, proprio ad opera delle forze speciali Usa, e poi nella zona siriana dell’Eufrate, da dove sarebbero stati deportati in cambio delle rivelazioni sul nascondiglio di 50 tonnellate di oro rubato a Mosul, non è da escludere che la strategia bellica per molti aspetti criminale di Bolton possa pensare anche a seminare nello stato caraibico la gramigna dell’Isis.

Per i miliziani sunniti del Daesh sarebbe facile dover scegliere tra una minaccia di reclusione a Guantanamo ed un’opportunità di combattimento a Caracas, aizzati anche solo dal sospetto che ci siano componenti degli odiati sciiti. Per gli Usa sarebbe facile liberarsi di loro a lavoro finito con le solite bombe a grappolo come quelle usate a Deir El Zor ucciderebbero guerriglieri jihadisti e bambini innocenti. Proprio per la spietata crudeltà dimostrata dagli Usa dal 2011 in poi sotto la presidenza di Barack Obama e riconfermata da Donald Trump dopo un anno di tentennamenti può indure a ritenere reale un pericolo che al momento è solo una semplice ipotesi.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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BLACKOUT VENEZUELA: GUAIDO’ SOTTO INCHIESTA PER SABOTAGGIO ELETTRICO

IL GIUDICE: «GOLPE VENEZUELA NEI PIANI DI SOSPETTA SPIA USA»

 

SPORCO DOPPIO GIOCO USA: ISIS LIBERO IN CAMBIO DI ORO

 

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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