VIADOTTO KILLER SULL’A14: CHIESTO IL PROCESSO PER 3 SOCIETA’ DEI BENETTON

VIADOTTO KILLER SULL’A14: CHIESTO IL PROCESSO PER 3 SOCIETA’ DEI BENETTON

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NEL CROLLO DEL PONTE VICINO A LORETO
DUE CONIUGI MORIRONO SCHIACCIATI IN AUTO:
LA PROCURA CHIEDE DI RINVIARE A GIUDIZIO
22 INDAGATI TRA CUI AUTOSTRADE PER L’ITALIA
E ALTRE DUE SOCIETA’ DEL GRUPPO ATLANTIA

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Mentre l’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi di Genova, che il 14 agosto 2019 causò 43 morti, procede riVelando passo dopo passo le negligenze di Autostrade per l’Italia acclarate dai periti nominati dal GiP del Tribunale nel primo incidente probatorio sui detriti del pilone precipitato, ecco altri guai giudiziari per un altro viadotto killer per la stessa società che gestisce la maggior parte della rete autostradale italiana.

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«Per il crollo del ponte 167 lungo l’autostrada A14, avvenuto il 9 marzo 2017 tra i caselli Ancona sud e Loreto nel Comune di Camerano, che costò la vita a due persone e il ferimento di altre tre, la Procura di Ancona ha chiesto il processo per 22 indagati: 18 persone fisiche e quattro società coinvolte a vario titolo per aver commissionato i lavori, averli appaltati e poi subappaltati. Nella richiesta di rinvio a giudizio il pm Irene Bilotta contesta agli indagati anche l’omicidio stradale oltre all’omicidio colposo, il crollo colposo e la violazione delle norme in materia di sicurezza sul luogo di lavoro già emersi in fase di apertura del fascicolo» lo riferisce l’Ansa in un lancio di agenzia di questa notte.

Non sono ancora stati resi noti i nomi delle persone per cui la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Le persone fisiche indagate erano 38 per cui per 20 di loro è stato chiesta l’archiviazione e pertanto al momento non si può individuare quali siano quelli che il pm ritiene di mandare a processo. Mentre le società per cui è stato chiesto il giudizio sono 4 esattamente come quelle indagate: è pertanto facile inferire che siano le stesse. Si tratta della concessionaria del tratto stradale Autostrade per l’Italia (di seguito chiameremo anche solo Aspi) e le aziende incaricate dei lavori Pavimental spa affidataria degli interventi, Spea Engeneering spa e Delabech.

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Sul ponte crollato vicino a Loreto era in corso una manovra di innalzamento quando l’impalcato obliquo finì sulla sede stradale provocando la morte dei coniugi Emidio Diomede e Antonella Viviani, originari dell’Ascolano (Spinetoli), che sopraggiungevano in auto, e il ferimento di 3 operai. L’udienza preliminare si terrà il 9 dicembre davanti al gup di Ancona Francesca De Palma che dovrà valutare se accogliere o meno le richieste di rinvio a giudizio. Non ci saranno le parti civili in quanto i familiari delle vittime hanno già accettato un risarcimento da Aspi con un accordo stragiudiziale.

 

LE SPA DEI BENETTON PARTECIPATE DAI FONDI USA

Ecco quindi nuovi guai giudiziari per la Autostrade per l’Italia spa, controllata, come Pavimental (pavimentazioni autostradali) e Spea Engeneering (infrastrutture), dalla finanziaria Atlantia Spa della famiglia Benetton che anche grazie alla gestione della rete autostradale dopo la privatizzazione ha fatturato circa 11 miliardi di euro nel 2018 con 815milioni di utile (solo Aspi 3,668 euro di fatturato con utile netto di 998 nel 2017).

Nonostante ciò pare davvero un momento disgraziato per la famiglia in quanto tra luglio ed ottobre del 2018 sono mancati prima Carlo e poi Gilberto, lasciando alla guida del gruppo solo la sorella Giuliana e il fratello radical chic Luciano. Non è chiaro se la conclamata vicinanza alla sinistra di quest’ultimo sia nata prima o dopo la privatizzazione voluta dal Governo di Massimo D’Alema sostenuto dal PDS (Partito Democratico della Sinistra) che consentì ad Aspi, partecipata al 88 % da Atlantia, di accaparrarsi il “bottino” dei pedaggi autostradali.

Al centro Giuliana e Luciano Benetton, ai lati i due fratelli deceduti Carlo (sx) e Gilberto (dx)

Atlantia ha come socio maggioritario al 30,25 % la famiglia Benetton attraverso la Sintonia Spa a sua volta controllata da Edizione srl, ma è partecipata da azionisti di peso nazionale, come Fondazione Cassa di Risparmio di Torino (5,06%), e internazionale, come il gruppo bancario londinese HSBC Holdings (4,96%), i fondi newyorkesi Lazard (5,02%) e BlackRock (4,91 %) e quello sovrano di Singapore (GIC Private Limited 8,14 %) che quindi lucrano su ogni chilometro di autostrada su cui transitano gli italiani… Sintonia spa, invece, è azionista anche dagli aeroporti di Torino (tramite Sagat partecipata al 24,38 %) ed Aeroporti Holding (55,45 %), della Eurostazioni Spa (31,71 %) che controlla al 40 % Grandi Stazioni, il 7,44 % di Alitalia e, tramite Atlantia, il 95 % dell’Aeroporto di Roma e il 29% della spagnola Cellnex (torri per ripetitori di telefonia mobile).

 

L’INDAGINE DELLA PROCURA DI ANCONA SUL CROLLO

Il 18 maggio 2017 presso il Tribunale di Ancona si era tenuta la prima udienza per la consulenza tecnica nel procedimento per disastro colposo, cooperazione in omicidio colposo, lesioni personali e violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro nei confronti dei 42 indagati (38 persone fisiche e 4 società). Secondo il pm titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Irene Bilotta, dalle indagini sarebbe emerso che gli uomini al lavoro sul viadotto dell’A14 sapevano che il ponte si era inclinato durante gli interventi di sollevamento. Gli inquirenti volevano capire perché l’operazione sia proseguita fino allo scivolamento dell’intera struttura sul piano autostradale rimasto incredibilmente aperto al traffico.

Il viadotto crollato sull’A14 tra i caselli di Ancona Sud e Loreto, nel comune di Camerano

Per questo il pm Bilotta aveva fatto sequestrare cinque telefoni cellulari e affidato la consulenza all’analista forense Luca Russo. Suo compito sarà setacciare messaggi e foto per capire a quale grado di responsabilità la segnalazione era arrivata e perché nessuno ha prese la decisione di chiudere precauzionalmente l’autostrada. Nel registro degli indagati sono finite così 38 persone, tra cui sei dirigenti e tecnici di Aspi, più le 4 ditte coinvolte: la concessionaria Autostrade per l’Italia e le aziende incaricate dei lavori Pavimental (gruppo Aspi), affidataria degli interventi, Delabech e Spea Engeneering.

AUTOSTRADE: STRAGI SENZA MANETTE

Dall’ultima relazione del perito incaricato dalla Procura, il professor Luigino Dezi del dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura della Politecnica delle Marche, era emerso che il crollo sarebbe stato determinato dal cedimento di un pilastro appoggiato sulla vecchia base del ponte e che sosteneva un martinetto mentre sollevava il cavalcavia. Come riferisce Ancona Today «secondo quanto ricostruito dai tecnici anconetani quei pilastri erano stati posizionati male anche a seguito dei progetti ingegneristici considerati poco dettagliati ed eccessivamente generici. Inoltre i martinetti avrebbero lavorato troppo velocemente, sollevando il manufatto con eccessiva potenza, andando così ad accentuare lo sbilanciamento del baricentro del peso».

 

I PARLAMENTARI: «MALEVOLA DISCREZIONALITA’ IN APPALTI»

Al di là di tutti gli sbagli commessi durante l’intervento, eseguito da tre operai rumeni rimasti feriti e vivi per miracolo, come evidenziato anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta Infortuni presieduta dall’ex senatrice PD Camilla Fabbri dal momento della rotazione del pilastro fino al collasso del ponte sarebbero trascorsi 40 minuti senza che nessuno intervenisse.

Il viadotto crollato il 9 marzo 2017 che ha schiacciato l’auto dei due coniugi uccidendoli

«La necessità di una consultazione telefonica e l’incapacità di adottare subito le misure preventive e protettive dettate dall’emergenza (il ponte sta sfuggendo di mano alla direzione dei lavori ma le persone presenti e quelle assenti non si trovano pronte ad adottare alcuna misura) dimostra che non v’era un programma di sicurezza per fronteggiare l’emergenza in quel cantiere mediante ad es. evacuazione, interruzione del traffico, messa in sicurezza urgente con misure alternative etc – scrive nelle conclusioni la Commissione parlamentare del Senato che contesta ad Autostrade la filosofia stessa di gestione degli interventi – In primo luogo si deve rilevare che anche in questo caso la catena degli appalti, dei subappalti, dell’affidamento e dell’esecuzione dei lavori nei cantieri edili si rivela ancora una volta il punto debole della programmazione e progettazione della sicurezza. Nonostante le tassative previsioni legislative circa i costi della sicurezza negli appalti e subappalti vi è ancora spazio per una malevola discrezionalità delle imprese nella gestione economica della sicurezza. Ancora una volta vi è la dimostrazione tragica che gli adempimenti in materia di sicurezza nei cantieri edili sono impostati quale espressione burocratica e mera produzione e adempimento di oneri formali senza considerare che una vera pianificazione della sicurezza esige il rispetto anche della vita esterna al cantiere edile e in particolare degli utenti, cittadini, collettività che possono essere messi in pericolo dalla gestione del cantiere, come purtroppo è accaduto nel caso concreto».

L’ex senatrice del Pd e sindacalista Camilla Fabbri

La relazione dell’ex senatrice Fabbri, anche alla luce crollo del ponte 167, ritiene che siano da rivedere le responsabilità degli enti appaltatori con «un’integrazione del decreto legislativo 231 del 2001 in relazione ai reati che possono verificarsi con violazione delle normative in materia di sicurezza del lavoro che mettono a rischio le strutture e la pubblica incolumità». Ovviamente l’indicazione è rimasta lettera morta come avviene spesso per molte conclusioni delle Commissioni Parlamentari. Ora si spera che sia la Procura di Ancona ad ottenere giustizia.

Una missione non semplice quando ci sono di mezzo nomi come Autostrade per l’Italia, Atlantia, partecipata da BlackRock, il fondo d’investimento newyorkese più potente del mondo ed azionista di 14 multinazionali delle armi tra cui l’italiana Leonardo, e i Benetton.

STRAGE IN AUTOSTRADA: IL BOSS LA FA FRANCA, LA PROCURA RICORRE IN APPELLO

Il recente proscioglimento dell’ex ad Giovanni Castellucci per la strage del bus precipitato dal viadotto Acqualonga ha suscisato le ire dei parenti delle vittime, nonostante la condanna di 6 disigenti Aspi, e indotto la Procura di Avellino che ne aveva chiesto la condanna a fare ricorso in Appello contro la sentenza del giudice monocratico del Tribunale.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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