GIUSTIZIA CORROTTA, MATTARELLA CIECO: Dal caso Trani al PalamaraGate pro-PD e contro Salvini. Terremoto tra le toghe rosse

GIUSTIZIA CORROTTA, MATTARELLA CIECO: Dal caso Trani al PalamaraGate pro-PD e contro Salvini. Terremoto tra le toghe rosse

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«Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza».
Gesù Cristo – Vangelo di Matteo (23, 24-25)

 

ULTIM’ORA – CICLONE TRA LE TOGHE: DUE DIMISSIONI ANM

Agenzia ANSA del 24 maggio:

Continua a mietere vittime il trojan iniettato nel cellulare dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, rinviato a processo a Perugia dopo la tempesta che ha travolto il Csm per il risiko delle nomine nelle procure decise in camere d’albergo con cotè politico. Ad andare in frantumi è l’attuale dirigenza della magistratura associata, da poco in sella dopo lo tsunami giudiziario.

Il presidente Luca Poniz di Area, la corrente progressista delle toghe (già Magistratura Democratica – ndr)che era uscita ‘bene’ dalla tempesta, e il segretario Giuliano Caputo di Unicost, la corrente più affondata perchè dominata dal ‘ras’ Palamara, si sono dimessi dopo la pubblicazione di intercettazioni di chat e conversazioni.

PALAMARA-GATE – 1. CONGIURE, FESTE E VIAGGI DELLE TOGHE ROSSE CON LEGNINI: boss PD e vice di Mattarella al CSM

Dalle trascrizioni, pubblicate da giorni su alcuni quotidiani, emergono anche contatti molto stretti, tra Palamara, l’ex presidente dell’Anm Giovanni Legnini, e alcuni giornalisti. Il contraccolpo è forte, proprio nel giorno in cui si commemorano i 28 anni della strage di Capaci, i vertici dell’Anm lasciano il mandato, dopo una riunione fiume di otto ore nella sede del ‘parlamentino’ delle toghe, in Cassazione, all’ultimo piano del ‘Palazzaccio’. Nella Giunta dell’Anm adesso rimane solo la corrente di Autonomia e Indipendenza, guidata da Piercamillo Davigo.

Oggi i gruppi faranno valutazioni per capire come proseguire e vedere se c’è una nuova maggioranza o equilibri tali per cui una nuova compagine possa traghettare l’Anm fino alle elezioni previste per fine ottobre. Il consiglio del Comitato direttivo centrale dell’Anm è stato convocato per domani, lunedì, alle 19.

Solo due giorni fa, giovedì, si era consumata l’ultima ‘vendetta’ del trojan di Palamara, culminata nella decisione del Csm di trasferire dalla Procura nazionale antimafia il pm Cesare Sirignano, intercettato mentre parla di nomine con il pm di Roma.

NOTA SUCCESSIVA

Al termine della riunione l’emergenza dimissioni è rientrata, come se niente fosse, con l’impegno della Giunta ANM a proseguire il suo mandato in ordinaria amministrazione fino alle elezioni del prossimo autunno. La procura generale ed il CSM hanno avviato indagini sulle imbarazzanti intercettazioni.

PALAMARA-GATE – 2. Al PM scelto da MONTI e RENZI l’inchiesta sulle TOGHE ROSSE del “Cerchio Magico” PD. Inciucio M5S, FI e LEGA al CSM

 

ARTICOLO DEL 23 MAGGIO

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

Manfredi Borsellino, il figlio del giudice Paolo assassinato dalla mafia nella strage di via D’Amelio, sarà il nuovo dirigente del Commissariato di Mondello a Palermo, a partire dal lunedì 25 luglio. Una buona notizia ci allieta per un istante la nostra coscienza in subbuglio proprio come la giustizia in Italia sotto gli occhi che appaiono ciechi, o quantomeno distratti, del Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura Sergio Mattarella.

PALAMARA-GATE – 4. NEL MIRINO 10 TOGHE ROSSE. Intrighi col “Cerchio Magico” Napolitano-Renzi e l’OBAMA-GATE su 007 e vaccini Gates-Soros

Il CSM del Palazzo dei Marescialli a Roma, infatti, è l’unico strumento di autocontrollo dei magistrati che, direttamente o indirettamente, stanno condizionando la vita politica della penisola italica dal 1992. In quell’anno le inchieste di Tangentopoli eliminarono alcuni parlamentari, corrotti dalla dilagante moda del finanziamento illecito ai partiti, graziandone invece altri per cavilli giuridici (tra cui lo stesso Mattarella per i buoni benzina ricevuti da un imprenditore mafioso).

Cosa Nostra in Sicilia, p0chi mesi prima, aveva ucciso Borsellino e il suo collega Giovanni Falcone con due attentati esplosivi rimasti in parte avvolti dal mistero per alcuni gravi depistaggi nelle indagini (soprattutto su via D’Amelio). Entrambi si sentirono abbandonati dal CSM al loro segnato martirio. Emblematico fu lo sfogo di Borsellino durante la sua ultima conferenza pubblica (link video a fine articolo).

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Borsellino e Falcone (del quale oggi, 23 maggio, ricorre l’anniversario della sua morte insieme alla moglie e a 4 agenti della sua scorta nella strage di Capaci) furono uccisi per molteplici motivi ma, come evidenziato in un precedente reportage, soprattutto per le loro indagini sull’informativa Caronte dei Carabinieri dei Ros incentrata sulla triade di politica, massoneria e mafia che pilotava gli appalti siciliani e nazionali con una parziale complicità di uomini dei servizi segreti.

Oggi quell’occulta triade letale è stata rinominata Deep State per ammantarla in una veste ancor più potente e minacciosa ma anche più trendy: perché meno reale e brutale della cruenta e feroce mafia.

“MAFIA-APPALTI-POTERI OCCULTI: FALCONE E BORSELLINO UCCISI PER L’INFORMATIVA CARONTE”

Ma gli episodi avvenuti nel breve volgere di pochi giorni riportano d’attualità l’emergenza sociale del pianeta giustizia nella Repubblica Italiana, condizionata dalla malavita organizzata fin dalla sua unità, come sostenuto dal dottor Rocco Chinnici, primo giudice ad essere ammazzato con un’autobomba da Cosa Nostra il 28 luglio 1983.

Queste memorie sono indispensabili per inquadrare la gravità degli eventi capitati nelle ultime settimane, e negli ultimi anni, che sono la spia di un sistema giudiziario ormai allo sbando e di una politica anchilosata sulle polemiche formali anziché attenta al dissesto sostanziale.

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OSCURATA LA NOTIZIA DEL PROCURATORE ARRESTATO

«Il Procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, è agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Lo stesso provvedimento è stato eseguito a carico di un ispettore della Polizia in servizio nella Procura tarantina e di tre imprenditori della provincia di Bari. L’inchiesta, cominciata un anno fa, è portata avanti dalla Procura della Repubblica di Potenza»

Questa notizia, così riportata dall’agenzia ANSA, ha trovato poco risalto sui media nazionali in quanto sovrastata dalla polemica tutta politica sul Ministro di Grazia e Giustizia, Alfonso Bonafede, finito nel mirino di ben due mozioni di sfiducia depositate in Senato dai partiti di + Europa (Emma Bonino) e centrodestra (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia per Berlusconi) ma prontamente respinte dalla maggioranza grazie ai voti fondamentali del gruppetto di senatori di Italia Viva dell’ex premier e segretario PD Matteo Renzi.

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A difendere il titolare del delicato Dicastero è stato proprio il senatore toscano adombrato da inquietanti intrighi giudiziari dei parenti ed ex compagni di partito. Soprattutto nelle indagini in cui alcune toghe sono accusate di corruzione.

La querelle formale si è innescata perché il Ministro ha preferito alla guida della Direzione dell’Amministrazione Penitenziaria Francesco Basentini invece di Nino Di Matteo, storico magistrato anti-mafia oggi membro del CSM. E ciò, secondo l’opposizione, sarebbe avvenuto a causa di pressioni esterne sebbene Bonafede abbia esercitato quella discrezionalità conferitagli dal suo mandato governativo.

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Il ministro dei 5 Stelle era però già finito sulla graticola per la contestatissima (ma formalmente inattaccabile) scarcerazione di 376 malavitosi, tra narcotrafficanti e boss mafiosi assassini detenuti a regime del carcere duro 41 bis che prevede particolari restrizioni in aggiunta all’isolamento.

A loro sono stati concessi gli arresti domiciliari per la grave emergenza da CoVid-19 in quella stessa settimana in cui il Governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ha autorizzato contenute manifestazioni di piazza per la celebrazione della Festa della Liberazione del 25 aprile palesando un evidente contraddizione di misure di sicurezza.

O la pandemia era ancora così grave da giustificare l’uscita dal carcere dei mafiosi o non le era già più e pertanto il fondamento di tale decisione avrebbe cessato di esistere. Soprattutto in un momento in cui la ‘Ndrangheta appare più forte che mai per le sue ramificazioni all’interno della politica...

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Tutto ciò ha oscurato parzialmente la clamorosa news dell’arresto del magistrato Carlo Capristo, accusato di aver indotto «il pm di Trani, Silvia Curione, a perseguire ingiustamente una persona per usura facendo temere al magistrato ritorsioni sul marito, il pm Lanfranco Marazia, suo sostituto alla Procura jonica. E’ quanto emerge dalle indagini. Nell’inchiesta, è indagato per abuso d’ufficio e favoreggiamento l’ex Procuratore della Repubblica di Trani, Antonino Di Maio» scrive sempre l’Ansa.

Le contestazioni a carico di Di Maio si riferiscono agli atti da lui eseguiti dopo aver avuto una relazione di servizio dal sostituto Silvia Curione “in ordine alle pressioni ricevute da un ispettore di Polizia (Michele Scivittaro) a nome di Capristo”. L’accusa di favoreggiamento – secondo la Procura della Repubblica di Potenza – si sostanziò nelle scelte di Di Maio di “procurare l’impunità di Carlo Maria Capristo”, tenendo alcuni “comportamenti omissivi”, cioè non verificando se il Procuratore di Taranto fosse coinvolto nella vicenda del processo a carico di una persona estranea all’accusa di usura”.

Il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo

«Il teorema accusatorio vuole i fratelli Mancazzo approfittare dell’amicizia con Capristo per fare pressioni sulla pm Curone per indurla a perseguire in sede penale la persona che gli stessi imprenditori avevano infondatamente denunciato per usura in loro danno, in modo da ottenere indebitamente i vantaggi economici e i benefici conseguenti allo status di soggetti usurati» scrive la Gazzetta del Mezzogiorno riportanto la tesi difensiva degli avvocati del magistrato il quale sostiene di aver chiesto semplici informazioni sul procedimento.

La questione è gravissima per tre motivi. In primo luogo perché conferma uno dei tanti casi di presunta corruzione in atti giudiziari nei quali un magistrato non ha semplicemente cercato di favorire un amico, come sovente avvenuto in altre vicende, ma ha ordito una vera e propria trama inquisitoria per perseguitare un innocente.

TOGHE SPORCHE: GIUDICE IN MANETTE PER INTRIGHI COI CAMORRISTI

In secondo luogo perché negli ultimi anni si è perso il conto delle toghe finite in manette in Italia in vari scandali, uno dei quali, quello da noi ribattezzato PalamaraGate, sebbene esploso senza arresti, ha travolto proprio l’organo di vigilanza, il CSM, portando alle dimissioni/sospensioni ben 5 membri tra cui il Procuratore generale della Cassazione, la massima autorità requirente del sistema giudiziario italiano.

Infine gli abusi giudiziari che si sarebbero consumati a Trani sono allarmanti perché toccano nuovamente quel palazzo di giustizia travolto dagli arresti di due toghe per altre vicende di corruzione in mezzo alle quali, in una spirale sconcertante, sono saltati fuori anche i nomi di alcuni politici PD chiamati in causa dall’inchiesta su Palamara.

 

L’ATTACCO DEL PM PALAMARA A SALVINI

Proprio mentre stavamo scrivendo questo articolo di informazione e riflessione è esplosa una bomba mediatica clamorosa che rende ancora più deflagranti queste commistioni.

Uno scoop del quotidiano La Verità ha svelato l’esistenza di una chat su WhatsApp in cui Luca Palamara, ex componente CSM, ex presidente ANM (Associazione Nazionale Magistrati, l’ente di rappresentanza delle sigle sindacali) e sostituto procuratore a Roma sospeso dall’incarico perché indagato in corruzione in atti giudiziari, esprime la necessità di attaccare il segretario nazionale della Lega Matteo Salvini, effettivamente bersagliato da numerose inchieste giudiziarie per i suoi provvedimenti di emergenza sui migranti quando nel 2018 era Ministro dell’Interno.

“FALSI MINORI E MALATI IMMAGINARI”: ECCO I TRUCCHI DELLE ONG PER SBARCARE I MIGRANTI

Il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio (per una curiosa coincidenza uno dei pm che nel 1992 chiese l’autorizzazione a procedere nell’inchiesta della Tangentopoli palermitana su Mattarella), infatti indagò varie volte il ministro leghista per sequestro di persona in relazione al ritardo degli sbarchi di immigrati soccorsi in mare dalle ONG.

La Lega, insieme a Fratelli d’Italia e Forza Italia, ritennero pretestuose e politicizzate quelle accuse come gli allora alleati di governo del Movimento 5 Stelle che negarono l’autorizzazione a procedere anche perché fu il procuratore capo Carmelo Zuccaro, coinvolto per competenza, a ritenere quelle ipotesi di reato infondate chiedendo il proscioglimento.

Poi cambiò il governo, nacque quello PD-5S e, per farla breve, Salvini in ottobre sarà sotto processo in quanto accusato dal Tribunale dei Ministri di Catania di sequestro di persona per aver trattenuto per quasi sei giorni 131 migranti a bordo della nave militare Gregoretti (sebbene avesse garantito l’assistenza sulla nave e lo sbarco immediato a minori e malati).

IMMIGRATI & SALVINI: SFIDA TOGATA

Ora dagli atti dell’inchiesta della Procura di Perugia che sta indagando sul PalamaraGate emergono imbarazzanti intercettazioni, rilevate da un trojan inoculato dalla Guardia di Finanza, della conversazione su WhatsApp tra alcuni magistrati che svela il clima di quel periodo.

Alla luce di tutto questo i messaggini di Palamara pesano come un macigno sul ruolo di una certa magistratura, tanto brava a stracciarsi la veste strepitando quando la politica vuole riformare gli strumenti del potere giudiziario e tanto maliziosa nell’invadere sempre più sguaiatamente il potere esecutivo e legislativo di competenza costituzionale ovviamente solo politica.

Il sostituto procuratore Luca Palamara, ex consigliere del Csm e presidente dell’Anm

«Tanti i protagonisti della vicenda, a cominciare da Paolo Auriemma, capo della Procura di Viterbo, e Luca Palamara, leader della corrente di Unicost – riporta Il Giornale in relazione ai messaggini – Auriemma, rivolgendosi a Palamara, è molto dubbioso su quanto sta accadendo in quei torridi giorni d’agosto di due anni fa: ”Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell’Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c’entri la Procura di Agrigento”. In fondo al messaggio Whatsapp la raccomandazione di non diffondere il contenuto del testo. La risposta di Palamara arriva quasi subito: ”Hai ragione. Ma adesso bisogna attaccarlo”».

Il pm sospeso Palamara è stato indagato per favoreggiamento nei confronti di un imprenditore amico e per influenza illecita in relazione alla tentativo di manipolazione di alcune nomine per le procure di Roma, Gela e Perugia che coinvolge anche l’altro magistrato Luigi Spina, subito dimessosi da consigliere Csm, nei confronti dei quali le ipotesi di reato sono rivelazione di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale.

INTRIGHI TRA TOGHE E DEPUTATI PD

L’inchiesta aveva anche svelato, attraverso le intercettazioni ambientali, una commistione di interessi al centro tra quegli occulti incontri serali in un hotel di Roma tra toghe anche dichiaratamente “rosse”, come il giudice in aspettativa Cosimo Maria Ferri (già Sottosegretario nel Governo Pd di Gentiloni ed oggi deputato PD) ed esponenti dello stesso Partito Democratico come l’ex ministro Luca Lotti coinvolto nello scandalo e autosospesosi dal suo schieramento.

«Gli incontri con Palamara e Lotti? Niente di male: di sera uno può fare ciò che vuole». Minimizzò coi giornalisti il parlamentare Ferri ovviamente non cercando nemmeno di negare ciò che era stato acclarato dagli investigatori dei Gico della Finanza.

TOGHE SPORCHE ALLA CORTE PD: PM ROMANO SOSPESO ma la “spia” torna a fare il procuratore

Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ricopre il ruolo di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura dopo essere stato deputato del PD, non fece un dramma di quella vicenda nemmeno quando fu costretto a dimettersi il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio: quest’ultimo fu il primo a chiedere ed ottenere dal CSM la sospensione di funzioni e stipendio per Palamara ma solo quando ormai la tresca era già venuta a galla tanto da coinvolgerlo direttamente.

«Dai brogliacci che la Guardia di Finanza ha inviato al Consiglio Superiore della Magistratura su disposizione dei pm umbri, emergono le trascrizioni integrali dei colloqui avvenuti il 21 e 22 maggio scorso tra Fuzio e lo stesso Palamara, durante i quali l’alto magistrato (nonché membro di diritto del Consiglio superiore della magistratura) svela al collega indagato le notizie sull’inchiesta di Perugia. Del contenuto delle intercettazioni ne scrive il settimanale L’Espresso sul proprio sito. I due inoltre parlano anche del futuro capo dell’ufficio di Roma».

Lo scriveva Il Fatto Quotidiano come da noi riportato nel precedente reportage dettagliato ed in quello successivo sulle dichiarazioni del Quirinale in relazione alla decisione del PG di anticipare il prepensionamento a luglio per il clima creatosi nei suoi confronti nei palazzi di giustizia.

TOGHE SPORCHE: NEI GUAI ANCHE IL PROCURATORE GENERALE, MATTARELLA SI DIMETTA

«Il vicepresidente del Csm (David Ermini, anch’egli ex deputato PD – ndr) e il primo presidente della Cassazione “hanno ringraziato il dott. Fuzio per l’alto senso di responsabilità istituzionale che ha ispirato la sua decisione” – scrisse l’Ansa – Il presidente Sergio Mattarella “ha preso atto della decisione del dottor Fuzio di presentare domanda di collocamento a riposo anticipato, decisione assunta con senso di responsabilità a conclusione di un brillante percorso professionale al servizio delle isitituzioni».

Fu un terremoto giudiziario che fece saltare le poltrone di alcuni dei più autorevoli esponenti dell’organo di sorveglianza degli stessi magistrati peraltro senza gravi conseguenze per gli interessati: Spina si dimise perché indagato ma ottenne subito dallo stesso CSM la riassegnazione dello stesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castelveteri.

TOGA ROSSA LA’ TRIONFERÀ…

Dopo la recentissima rivelazione dei messaggi di Palamara, il leader leghista Salvini si è rivolto al presidente della Repubblica durante una “cordiale” telefonata ed ha poi ricevuto un messaggio di scuse con cui il magistrato che pronunciò le frasi, dicendosi «rammaricato», ha ribadito che esse non rispecchiavano il suo pensiero. Ma intanto la sua impronta da Toga Rossa è divenuta palese all’Italia intera insieme alla sua cerchia di amici Dem raggiunti da imbarazzanti messaggini da tifoso politico.

PALAMARA, TOGHE SPORCHE & PD, INSABBIAMENTO PRONTO: “Intercettazioni inutilizzabili”

La questione sembra però destinata a chiudersi a “tarallucci e vino”, come si suol dire, anche in virtù del fatto che un recente pronunciamente della Corte di Cassazione aveva ritenuto, per vari tecnicismi giuridici, non utilizzabili le intercettazioni riguardanti il coinvolgimento degli altri magistrati negli incontri segreti finalizzati a pilotare le nomine nelle procure strategiche, nonostante il gravoso peso politico di tali manovre occulte.

 

PALAMARA-GATE E MAXI-INCHIESTA CONSIP

Se a Perugia il PalamaraGate vede quale principale indagato il sostituto procuratore romano oggi sospeso da funzioni e stipendio, a Roma sta invece proseguendo un procedimento che ruota anche intorno al noto esponente del PD in relazione al CONSIP, la società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce gli appalti miliardari per le forniture alla pubblica amministrazione.

A marzo, infatti, la Procura della capitale ha chiuso l’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti di Lotti, ex ministro dello Sport del governo Gentiloni, e il generale dei Carabinieri, Emanuele Saltamacchia per di un filone della maxinchiesta. I due già compaiono come imputati assieme ad altri nel processo principale per l’accusa di favoreggiamento. Alla luce di questa novità il processo principale, che si celebra davanti alla ottava sezione collegiale, è stato aggiornato al prossimo 30 giugno in attesa dell’udienza preliminare per Saltalamacchia e Lotti.

Ciò sarebbe avvenuto nell’ambito delle indagini per una gigantesca turbativa d’asta che vede come principale imputato Alfredo Romeo, accusato di corruzione (processo pendente davanti al Tribunale di Napoli), per avere consegnato tra il 2014 e il 2016 circa 100mila euro all’ex dirigente Consip Marco Gasparri (che ha già patteggiato una pena ad 1 anno e 8 mesi), in cambio di favori.

CONSIP: RIVINCITA DELLE TOGHE CONTRO L’EX MINISTRO LOTTI E RENZI SENIOR

L’allora ancora ministro dello Sport, già sottosegretario nel Governo dell’amico Matteo Renzi, avrebbe fatto illecite rivelazioni all’ex ad della società pubblica Marroni che davanti ai magistrati ammise: “Fu Lotti a dirmi dell’inchiesta e delle cimici nel mio ufficio”. Opposta la tesi del parlamentare del Pd che, a quanto si è appreso, si è dichiarato “estraneo” alle accuse».

Ecco perché le presunte manipolazioni delle nomine nelle procure strategiche, negate con decisione dal deputato PD, assunsero un’enorme importanza anche agli occhi dello stesso procuratore generale che, prima di dimettersi, avviò i provvedimenti nei confronti dei colleghi davanti al CSM.

Fu lo stesso PG Fuzio, infatti, nell’atto di incolpazione a carico di cinque togati del Csm (dimissionari o autosospesi), a marcare il segno di un limite valicato criticando il renziano Lotti ed esprimendo giudizi pesantissimi: «si è determinato l’oggettivo risultato che la volontà di un imputato abbia contribuito alla scelta del futuro dirigente dell’ufficio di procura deputato a sostenere l’accusa nei suoi confronti».

 

L’EX MINISTRO PD INCONTRO’ PM DI TRANI POI ARRESTATO

Nella vicenda Consip è stato indagato per influenze illecite anche Tiziano Renzi (padre dell’ex premier e segretario del PD), a giudizio con la moglie per bancarotta fraudolenta in alcune società in affari con quella di famiglia, già condannato per false fatturazioni in relazione ad un rapporto d’affari con il cosiddetto “re degli outlet” Luigi Dagostino.

L’imprenditore Dagostino finì in galera in un’altra inchiesta per corruzione in atti giudiziari in Puglia dove poi divenne testimone cruciale nell’inchiesta che portò all’arresto di altri due magistrati per il cosiddetto “sistema Trani”, la deriva di corruttela avvenuta nel luogo in cui avrebbe commesso i suoi presunti illeciti proprio il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, oggi ai domiciliari per aver cercato di far perseguire un innocente.

GENITORI DI RENZI CONDANNATI PER FATTURE FALSE. E l’avvocato Taormina deposita esposto-bomba sul caso Marmodiv

Nel gennaio 2020 a Procura di Lecce ha chiesto la condanna a 10 anni e otto mesi di reclusione per l’ex pm tranese Antonio Savasta nel corso del processo con rito abbreviato in corso dinanzi al Gup del Tribunale salentino. Savasta fu arrestato nel gennaio 2019 assieme al collega Michele Nardi (ex giudice a Trani) con le accuse di associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale in relazione ai favori verso l’imprenditore.

«Secondo quanto contenuto nell’ordinanza, l’avvocato Sfrecola riceveva dall’imprenditore Luigi Dagostino, re degli outlet ed ex socio di Tiziano Renzi e Laura Bovoli soldi da dividere con Savasta che stava appunto indagando per false fatturazioni relative proprio alle imprese di Dagostino e che avrebbe poi aggiustato le indagini a suo favore, commettendo “plurimi atti contrari ai doveri d’ufficio”» scriveva Il Fatto Quotidiano in relazione a quattro tangenti per un totale di 53mila euro.

IL GIUDICE ARRESTATO PER L’AFFARISTA DEI RENZI

Ma di mezzo non c’erano solo i soldi. «Savasta, secondo i pm, voleva sfruttare le conoscenze politiche dell’imprenditore Dagostino per ottenere il trasferimento a Roma. Dagostino riuscirà a fargli incontrare sia Luca Lotti che anche Giovanni Legnini, all’epoca vicepresidente del Csm ed ex sottosegretario all’Economia sotto il governo Renzi» aggiunse il giornale.

“Non ricordo – sottolineò Lotti quando venne sentito dai pm leccesi come semplice testimone – se Savasta mi chiese qualcosa per sé perché non ricordo bene come si svolse tale incontro”.

«Sarebbe stato il padre dell’ex presidente del Consiglio a combinare l’incontro tra l’imprenditore toscano Luigi Dagostino, l’allora pm di Trani Antonio Savasta e l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio avvenuto a Palazzo Chigi il 17 giugno 2015. Interrogato nell’aprile 2018, Dagostino riferì di aver chiesto a Tiziano Renzi di incontrare Lotti perché il pm Savasta aveva in mente un disegno di legge sui rifiuti a Roma – scriveva ancora Il Fatto Quotidiano – In realtà, secondo quanto emerso dall’inchiesta della procura di Lecce che ha portato all’arresto dello stesso Savasta, chiese a Dagostino quell’incontro perché aveva procedimenti disciplinari e penali a suo carico e voleva trasferirsi a Roma. In cambio, non indagò mai Dagostino nell’ambito dell’indagine per false fatturazioni per circa 5-6 milioni di euro relative proprio alle sue imprese».

PALAMARA-GATE – 2. Al PM scelto da MONTI e RENZI l’inchiesta sulle TOGHE ROSSE del “Cerchio Magico” PD. Inciucio M5S, FI e LEGA al CSM

Il 7 dicembre 2018 il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede (M5Stelle) lanciò l’allarme sul fatto che «un italiano adulto su tre negli ultimi due anni ha rinunciato a far valere i suoi diritti» anche «per la scarsa fiducia nella magistratura, ma non per colpa della magistratura che lavora benissimo». Tutta colpa della burocrazia!!!

Il 20 maggio 2020 in Senato i voti di Italia Viva, il nuovo partito fondato da Matteo Renzi dopo l’uscita dal PD, sono stati determinanti per la maggioranza di governo per respingere le mozioni di sfiducia al titolare del Dicastero sotto il naso del quale è avvenuto proprio il PalamaraGate con tutte le implicazioni politiche ad esso connesse.

MATTARELLA, INTOCCABILI SICILIANI DA PALERMO A ROMA

Renzi ha pertanto implicitamente confermato il pensiero del ministro di Giustizia: “la magistratura lavora benissimo”. Peccato che almeno una parte di essa non lo fa certo per il Popolo Italiano in nome del quale è chiamata ad amministrare la giustizia. E tutto ciò avviene sotto gli occhi quantomeno ciechi del presidente della Repubblica e del CSM Sergio Mattarella.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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