TUTTI I PECCATI DEL SINDACO DI RIACE

TUTTI I PECCATI DEL SINDACO DI RIACE

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ACCUSE DEL PM A MIMMO LUCANO:
DALLA CONCUSSIONE PER AVERE
FALSE FATTURAZIONI SUI DETERSIVI
IN CAMBIO DELLA FINTA MONETA
AGLI ABUSI D’UFFICIO
PER PIU’ DI 2 MILIONI DI EURO.
DAI 500MILA SPESI SENZA GIUSTIFICATIVI
ALLE CARTE D’IDENTITA’ REGALATE

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

La vicenda di Riace ha destato l’attenzione di tutti i media che hanno assunto posizioni differenti di condanna, assenza di giudizio o addirittura assoluzione dei metodi usati da Domenico “Mimmo” Lucano per garantire l’accoglienza agli immigrati divenuto tanto amico dei migranti africani da scegliersi tra essi la compagna della vita. In quasi tutti gli articoli, però, sono state riportate le conclusioni del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Locri che pur disponendo gli arresti domiciliari all’ex Sindaco di Riace (nel frattempo sospeso dalla Prefettura) gli ha contestato soltanto due reati estremamenti marginali rispetto all’impianto accusatorio della Procura della Repubblica che ne aveva individuati 21 tra cui associazione a delinquere e concussione.

La misura cautelare è stata applicata solo per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per i matrimoni di comodo fatti per consentire a nigeriane senza requisiti di asilo politico di rimanere in Italia e per illecito appalto del servizio di raccolta rifiuti, con la decadenza, in questo caso, della più grave accusa di turbativa d’asta che prevede pene detentive ben più pesanti. Orbene nei tanti articoli che ho letto i dettagli sui reati contestati dal procuratore capo locrese Luigi D’Alessio non sono stati evidenziati come se non avessero fondamento (ma dovrà stabilirlo un processo). Anche se le accuse di abusi e malversazioni per milioni di euro e quella di concussione siano di una gravità inaudita perché evidenziano il “sistema Riace“ dai bonus-cartamoneta con il volto di Che Guevara al ruolo dei migranti indagati, responsabili di associazioni e cooperative, che avrebbero collaborato fattivamente con il sindaco usando anche intimidazioni fisiche per portare a compimento i presunti disegni criminosi.

 

IL RICORSO DELLA PROCURA CONTRO IL GIP
Il Palazzo dei Tribunali sede della Corte d’Appello di Reggio Calabria

E’ stato dato risalto all’ordinanza del Gip che non solo ha umiliato il lavoro di 18 mesi della Guardia di Finanza e bacchettato quello della magistratura inquirente ma in alcuni tratti è parsa più un’arringa difensiva che un provvedimento di merito sui contenuti. Infatti in 132 pagine il Giudice ha smontato le circa 1000 pagine di accuse contro Domenico Lucano e altri 30 indagati – per 13 dei quali il pm aveva richiesto gli arresti domiciliari non concessi dal Gip – sebbene una ventina di tali pagine siano state utilizzate solo per riportare indagati e capi di imputazione e altrettante per descrivere le normative vigenti in materia di immigrazione ed accoglienza (SPRAR, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e CAS, Centro di accoglienza straordinaria).

Magistratura Democratica, la corrente di sinistra dei magistrati, si è subito premurata di pubblicare l’intera ordinanza del Giudice sulla sua rivista online Questione Giustizia al fine di evidenziare le “marchiane inesattezze” della Procura (così definite dal Gip che ha però acclarato due reati scoperti) ma consentendo, a chi ha avuto la voglia di leggere, di comprendere la soverchia gravità degli altri capi d’accusa tutti ampiamente dettagliati ma distrutti in poche righe tanto da indurre il procuratore capo a fare ricorso al Tribunale del Riesame presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria contro l’ordinanza del Gip.

A memoria di cronista di giudiziaria è una delle poche volte che è la Procura a fare ricorso essendo di norma il Tribunale del Riesame deputato a valutare i ricorsi difensivi per un attenuamento delle misure cautelari. Infatti il Tribunale reggino, il 16 ottobre, non dovrà pronunciarsi solo sul ricorso della Procura ma anche su quello dei legali di Lucano che ne chiedono la remissione in libertà. Ecco quindi nel dettaglio tutte le accuse che ancora pendono sul capo del Sindaco di Riace perché il pronunciamento del Gip è esclusivamente concernente le misure cautelari ma non rappresenta un giudizio di merito che dovrà poi essere emesso da un Gup o da un Tribunale in seduta collegiale. Al fine di consentire ad ognuno di farsi un’idea sulla vicenda mi limiterò per brevità a riportare le accuse senza le motivazioni di insussistenza rilevate dal giudice: chi è interessato può leggere l’intera ordinanza sul link a fondo pagina.

 

LA CONCUSSIONE PER FALSE FATTURE SULLA CARTAMONETA

Credo che questo episodio sia quello più emblematico per evidenziare il modello Riace con gli intrighi tra rimborsi della famosa cartamoneta stampata dal Sindaco per anticipare i bonus (leggere altro articolo in link a fondo pagina) e presunte intimidazioni al commerciante che tali soldi fittizi doveva incassarli in attesa di ricevere poi il rimborso. Ecco il capo di accusa di concussione, ovvero l’estorsione commessa da pubblico ufficiale: «in ordine al reato p. e p. dall’art. 110, 317 c.p., per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro, il primo in qualità di pubblico ufficiale, Sindaco del Comune di Riace (Ente attuatore dei progetti SPAR e CAS) e presidente di fatto dell’associazione xxx, il secondo in qualità di presidente dell’associazione xxx, con abuso delle rispettive qualità e poteri, costretto – mediante reiterate minacce di non adempiere agli obblighi già assunti dall’associazione di rimborsare in valuta corrente i pagamenti in cd. bonus fatti presso il suo esercizio xxx, titolare dell’omonimo esercizio commerciale, a predisporre e consegnare loro fatture per operazioni inesistenti, riguardanti la vendita di detersivi ed altro, per un valore superiore agli euro 5.000,00. In Riace, negli anni 2015 e 2016».

Ovvero il commerciante sarebbe stato minacciato di non essere rimborsato dei bonus-cartamoneta se non avesse emesso fatture false. Cosa che lui avrebbe fatto per un certo periodo prima di autodenunciarsi alla Guardia di Finanza. «In merito a quanto sopra evidenziato, in data 02.03.2017 – si legge nelle pagine 43 e 44 della stessa ordinanza del Gip – è stato escusso dalla GDF di Locri ad altre sommarie informazioni (ex art. 351 c.p.p.) il sig. xxx, titolare dell’omonima impresa individuale il quale, tra l’altro, riferiva quanto segue: “in relazione alla mia denuncia/querela presentata in data 19 dicembre 2016 presso questo ufficio, vi esibisco le fatture da me emesse nel 2015 e 2016 a favore dell’associazione xxx, che sono relative ad operazioni inesistenti in quanto si riferiscono alla cessione di prodotti per la pulizia della persona e della casa che io non ho mai venduto. Quanto appena affermato trova conferma nel fatto che se controllate la contabilità della mia attività non troverete fatture di acquisto di prodotti per l’igiene per importi così elevati. Tengo a precisare che sono titolare di un panificio con annessa attività di vendita al dettaglio di generi alimentari e bar. Specifico che gli immigrati avventori del mio locale, acquistano prevalentemente panini, alcolici, latte e zucchero e pagano il relativo importo attraverso la consegna di alcuni bonus; all’atto dell’acquisto emetto regolare scontrino fiscale».

«Sono stato costretto ad emettere le fatture che vi ho esibito perché, in più occasioni, sia il Sig. xxx, presidente dell’Associazione xxx che il sindaco Lucano Domenico, mi hanno obbligato a rilasciare tali documenti fiscali minacciando, in caso contrario, il mancato rimborso dei bonus. Inizialmente, pur di ottenere il denaro spettante, ho accettato queste condizioni; nel momento in cui mi sono rifiutato sono iniziati gli scontri con il xxx il quale fa di tutto per crearmi problemi di natura economica (impedisce, attraverso minacce, ad alcuni dipendenti della sua associazione di frequentare e/o acquistare prodotti del mio locale e fa di tutto per non rimborsarmi i bonus, ecc). Vi consegno copia della fattura nr. 1 emessa in data 31.12.2016, fattura nr. 1 emessa in data 25.08.2016, fattura nr. 2 emessa in data 30.09.2016, fattura nr. 3 emessa in data 31.10.2016, fattura nr. 4 emessa in data 21.11.2016. Vi consegno, inoltre copia dell’assegno postale nr. 7213857902-04, privo di data, per un importo pari a €. 2.234,00, emesso dall’Associazione xxx a favore della mia compagna xxx (che collabora con me all’attività commerciale), a titolo di rimborso di alcuni dei bonus utilizzati dagli extracomunitari presso la mia attività”».

Il Sindaco di Riace mostra la cartamoneta inventata per i migranti

«Tenuto conto di quanto sopra illustrato – prosegue il dettaglio del capo d’imputazione riportato nell’ordinanza dal Gip – si ritiene che il sig. xxx, presidente dell’Associazione xxx al fine di ottenere i fondi comunitari e nazionali destinati all’accoglienza dei rifugiati ha rendicontato allo SPRAR costi fittizi per € 4.703,36, in quanto gli stessi si riferiscono al cambio bonus e non all’acquisto di materiali per la pulizia di locali e relativi materiali. Si da atto che i costi relativi alle fatture fittizie sono risultati inseriti per € 3.000,60 (fatt. nr. 01del 31.12.2015) nella rendicontazione SPRAR 2015; € 1.702,76(fatt. nr. 02del 30.09.2016 € 803,79 e 03 del 31.10.2016 € 851,38) nella rendicontazione SPRAR 2016». Ma il giudice “smonta” ogni accusa sostenendo che la presunta vittima della concussione sia inattendibile perché… lo dice lo stesso Sindaco!

Ovvero il denunciato, e perché anche laddove le sue denunce fossero veritiere non sarebbe stato sentito come indagato (per l’autodenuncia di false fatturazioni) ma solo come vittima di reato. In pratica il fatto che non sia stato escusso alla presenza di un avvocato vanificherebbe ogni sua denuncia su un reato assai pesante costato ad altri politici mesi di galera.

 

ABUSO D’UFFICIO PER 2 MILIONI DI EURO

Ammonterebbe a ben più di 2 milioni di euro l’ingiusto vantaggio procurato dal Sindaco di Riace secondo la Procura di Locri per aver consentito agli immigrati una permanenza nei centri Sprar e Cas superiore a quella consentita per legge permettendo alla associazione incaricata della gestione di introitare ben più di quanto consentito dalla legge: «In ordine al reato p. e p. dagli artt. 81 e 323 c.p., per aver, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, pubblico ufficiale il Sindaco del Comune di Riace (Ente attuatore dei progetti SPAR e CAS) e incaricati di un pubblico servizio i presidenti pro-tempore degli enti gestori dei progetti SPRAR e CAS, nello svolgimento delle loro funzioni, in violazioni di legge e, segnatamente, dall’art. 97, comma 2 Cost., nella parte immediatamente precettiva relativa al buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, mediante indebite rendicontazioni al Servizio Centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e alla Prefettura di Reggio Calabria (CAS) delle presenze relative ad immigrati non aventi più diritto a permanere nei progetti, intenzionalemnte procurato alle associazioni di seguito indicate un ingiusto vantaggio patrimoniale pari ad euro 2.300.615,00»

In particolare all’associazione xxx per il PROGETTO SPRAR: € 1.045.835,00 corrispondenti a un superamento della permanenza prevista dal regolamento per complessivi giorni 29.881; per il PROGETTO CAS: € 34.260,00 corrispondenti a un superamento della permanenza prevista dal regolamento per complessivi giorni 1.142. Proprio da tale marchiana irregolarità era scaturita l’ispezione dei funzionari della Prefettura e la conseguente indagine della Procura.

 

LE CARTE D’IDENTITA’ GRATIS PER I MIGRANTI

Se anche i più poveri cittadini italiani sono costretti a pagare le tasse per l’emissione di documenti essenziali come le carte d’identità, secondo la Procura di Locri e la Guardia di Finanza, gli immigrati di Riace avrebbero avuto un trattamento speciale tale da configurare il reato di abuso d’ufficio nei confronti del Sindaco: «in ordine al reato p. e p. dagli artt. 81 e 323c.p., per aver, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in qualità di pubblico ufficiale, Sindaco e responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Riace, nello svolgimento delle sue funzioni, in violazione degli artt. 40 e 41della Legge 604/62, dell’art. 291 del Regolamento di Esecuzione TULPS –R.D. 635/40 nonché dell’art. 97 co. 2 Cost. nella parte immediatamente precettiva relativa al buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, non facendo riscuotere dall’Ufficio anagrafe e Stato Civile i diritti, previsti dalle richiamate normative, obbligatori al momento del rilascio di certificati di anagrafe e di stato civile, nonché delle carte d’identità rilasciate dal Comune, intenzionalmente procurava ai cittadini cui tali certificati/carte venivano rilasciati un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nell’ottenimento di tali ultimi senza alcun esborso per un ammontare totale di euro 11.817.50 (euro 944,00 per diritti di segreteriamai incassati + euro 11.577,50 per diritti carte d’identità mai incassati, 704.00 costo d’acquisto delle carte d’identità)».Tutto cià sarebbe avvenuto a Riace come prassi, dal giugno 2012 al dicembre 2017.

 

LE MALVERSAZIONI AI DANNI DELLO STATO

Il capo d’accusa L è uno dei più lunghi ed articolati e concerne il grave reato di malversazione ai danni dello Stato che secondo la Procura il Sindaco avrebbe commesso in concorso con altri indagati in più circostanze tra il 2014 ed il 2017 in particolare facendo sparire dal conto corrente dell’associazione che gestiva l’accoglienza più di 500mila euro senza la minima rendicontazione: «in ordine al reato p. e p. dagli artt.81, 61, n. 7, 61 n. 9, 316 bisc.p., per aver con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nell’ambito della gestione dei progetti SPRAR e CAS, avendo ottenuto dallo Stato ingenti fondi pubblici destinati alla gestione dell’accoglienza dei rifugiati, attività di pubblico interesse, per non meno di euro 2.165.035,79, non li destinavano alle predette finalità; in particolare distraevano i fondi destinati all’associazione xxx con le seguenti modalità: acquisto, arredo e ristrutturazione di tre case e un frantoio, per oltre 360.000; arredo e ristrutturazione di casa xxxxx, per oltre 13.000; prelevando e/o comunque gestendo denaro contate, attinto dai conti correnti dell’associazione, senza alcuna giustificazione (documenti, ricevute, note ecc) nelle rendicontazioni e nella contabilità, per 531.752,27 euro; pagando, quota parte, dei concerti estivi organizzati dal Comune di Riace mediante denaro dell’associazione, per oltre 150.000,00 euro». Alcuni degli indagati, ma non il Sindaco, sono anche indagati per aver distratto «i fondi destinati all’associazione Centro Italiano Protezione Civile SS Medici prelevando e/o comunque gestendo denaro contante, attinto dai conti correnti dell’associazione, senza alcuna giustificazione (documenti, ricevute, note ecc) nelle rendicontazioni e nella contabilità, per 67.491,75 euro».

 

UN’ALLUVIONE DI FALSI: ANCHE ALLA SIAE

Ma proprio in merito a quei concerti si sarebbe verificato uno dei tanti falsi ideologici commessi da pubblico ufficiale contestati dalla Procura di Locri al Sindaco di Riace: «in ordine al reato p. e p. dall’art.480 c.p.,per aver, in qualità di pubblico ufficiale, Sindaco del Comune di Riace, nello svolgimento delle sue funzioni, rilasciato una falsa certificazione alla SIAE; in particolare, in data 05/02/2016 con nota n. 628, al fine di non pagare i diritti SIAE per i concerti estivi regolarmente svoltisi nel 2015 a Riace, attestava, falsamente, che tali manifestazioni non si erano svolte».

A questo presunto falso si aggiungono quelli a favore dei migranti: «rilasciando carte d’identità a soggetti stranieri privi dei previsti requisiti, falsamente attestavano: che il richiedente fosse residente nel comune di Riace; che la richiedente fosse residente nel comune di Riace e munita di permesso di soggiorno. In Riace, il 26/07/2017 e il 04/09/2017». Ed in un caso lo stesso Lucano avrebbe attestato lo stato di nubile di una donna anziché di coniugata, come a lui noto. Ma al capo d’imputazione D una falsa dichiarazione avrebbe prodotto addirittura una truffa: infatti il sindaco avrebbe attestato la presenza di un migrante per un mese (dal primo a 31 maggio 2016) che in realtà sarebbe stato in quel periodo da tutt’altra parte ma avrebbe comunque consentito al gestore dello Sprar di incassare 1.085 euro pari ai 35 euro quotidiani nonostante l’ospite non fosse presente.

 

LE PRESUNTE TRUFFE AGGRAVATE

A completare un impianto accusatorio assai articolato, grave e robusto, secondo Guardia di Finanza e Procura di Locri, ecco anche i reati di truffa aggravata (perché ai danni dello Stato) che Domenico Lucano avrebbe commesso in più occasioni in concorso con altri: «in ordine al reato p. e p. dagli artt. 81, 110, 61, n. 7 e n. 9, 640 comma 2 n.1 c.p.,per aver, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il primo in qualità di pubblico ufficiale, Sindaco e responsabile del servizio finanziario del Comune di Riace, il secondo quale presidente della cooperativa xxx, con abuso dei poteri inerenti un pubblico servizio/funzione, mediante raggiri e artifizi consistiti, Lucano nell’aver predisposto e sottoscritto le determinazioni n. 111 del 14/10/2016 e n. 178 del 15/11/2017 – attestanti l’esecuzione dei servizi come indicati in convenzione, nell’aver utilizzato fatture false attestanti costi fittizi in merito all’utilizzo di manodopera da parte della cooperativa sociale, inducendo in errore i funzionari del Comune di Riace, che, in ragione delle convenzioni stipulate con la cooperativa sociale liquidavano la somma di 11.358,57 euro(€ 6.584,39 + € 4.774,18), procuravano alla citata cooperativa un ingiusto profitto, con corrispondente danno patrimoniale di rilevante gravità per l’Ente (ottobre 2016 – novembre 2017)».

Per similari fattispecie di truffa( artt. 81, 61 n. 7, 61 n. 9, 110, 640 bis, c.p.) il Sindaco di Riace è accusato in concorso con molti altri responsabili delle associazioni di accoglienza artifizi e raggiri commessi tra il 2014 ed il 2016 per questi motivi:
– nell’aver annotato, nella rendicontazione dei MSNA (minori stranieri non accompagnati), l’acquisto di derrate alimentari non destinate agli immigrati e utilizzate per fini privati;
– nell’aver rendicontato nel progetto CAS e nel progetto SPRAR, costi fittizi (costi di carburante, pagamento bonus, borse lavoro, prestazioni occasionali, fatture per operazioni inesistenti);
– nell’aver rendicontato, nel progetto CAS dal 2014 al mese di luglio 2016, costi non giustificati (non risulta alcuna documentazione attestante i costi sostenuti per l’accoglienza degli immigrati).

In presenza di questa sfilza di presunti reati rilevati nei confronti di Domenico Lucano in concorso con altre ricorrenti persone la Procura ha quindi ipotizzato come primo capo d’imputazione A l’associazione a delinquere (art. 416 co. 1, 2 e 5 c.p.) ma com’è noto il Giudice delle Indagini Preliminari l’ha ritenuto un addebito insussistente come i reati di concussione, abuso d’ufficio, malversazione, falso e truffa sopracitati. Ed ha perciò anche rigettato le altre richieste di misure cautelari per 13 degli indagati. Un garantismo sopraffino contro cui la Procura della Repubblica di Locri ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame.

Ma al di là dei giudizi di diritto inerenti il Codice Penale, che competeranno ai giudici di un processo, le circostanziate contestazioni della magistratura inquirente evidenziano un quadro di attività amministrativa a dir poco inquietante. C’è da augurarsi che lo scoprano anche i manifestanti che sono scesi per strada a marciare per solidarietà all’ex Sindaco: non è agli arresti domiciliari per il “reato di umanità”, come grida la sinistra, ma per una minima parte delle accuse che pendono sulla sua testa.

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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