IL SUICIDIO DELLA DIVISA. Troppi Morti tra Poliziotti e Militari. Mobbing Letale o Altro?

IL SUICIDIO DELLA DIVISA. Troppi Morti tra Poliziotti e Militari. Mobbing Letale o Altro?

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Con questo articolo prosegue la collaborazione formale dell’amico Piero Angelo De Ruvo quale autore di Gospa News specializzato sulle tematiche militari e geopolitiche. Dopo essersi congedato per la meritata pensione come Primo Luogotenente dell’Esercito Italiano non può più conservare l’incarico di rappresentante sindacale militare come aveva fatto in precedenza con ammirevoli battaglie contro l’obbligo vaccinale per i lavoratori delle Forze Armate. 

di Piero Angelo De Ruvo

Lettera aperta – di un ex Dirigente Sindacale Militare- al Ministro della Difesa, ed al Ministro degli Interni

Onorevoli Ministri della Difesa Guido CROSETTO e dell’Interno Matteo PIANTEDOSI, anche nel 2022, che sta volgendo al termine, si è potuto assistere impotenti ad un incremento esponenziale di suicidi nel comparto Difesa e Sicurezza. Un aumento di suicidi tra coloro che indossano una divisa, intrinsecamente legata a valori di giustizia a difesa dei più deboli ed orgogliosamente indossata, dopo atto di solenne, irreversibile, giuramento di fedeltà alle Istituzioni dello Stato.

Chi segue da vicino tali tragedie, come chi scrive perché collega prossimo, è ben consapevole che occorre conoscere, onde prevenire, le ragioni che spingono a tali estremità, nonché cosa, chi e perché accadono tali eventi; piuttosto che propalare ‘relazioni di parte’ che contribuiscono ad “ornare l’abito di arlecchino” attribuito a posteriori.

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Capire il problema è pertanto essenziale al fine di adottarne conseguenti soluzioni; analizzarne le cause significa cercare un approccio, un metodo o qualsivoglia ‘protocollo’ idoneo a prevenire irrimediabili danni, per il singolo, la sua famiglia, le organizzazioni militari e la società nel suo insieme, garantendo ai responsabili e decisori ultimi (delle risorse umane lui assegnate p.t.) gli strumenti idonei a scongiurare nuovi episodi, salvando, al contempo, vite umane e strumento loro affidato.

Egregi Ministri, oso immaginare che Voi ed i Vostri predecessori vi sarete posti domande sul perché ogni anno, donne e uomini in divisa, si “spingono oltre” fino a compiere gesti estremi, ma ad oggi nessuna risposta efficace ed efficiente è stata concretizzata. Riunioni, lettere, circolari, simposi, disposizioni, ecc. ecc., forse tralasciando indicazioni e proposte delle varie sigle Militari a carattere Sindacale, nulla hanno concretamente, fin ora, ottenuto.

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Come ampiamente dimostrato da autorevole letteratura scientifica,  le dinamiche prodromiche al suicidio sono varie e complesse; occorrono così professionisti esterni alle organizzazioni militari, al fine di garantire quel rapporto fiduciario indispensabile tra il singolo e il professionista incaricato di esatta diagnosi, percorso terapeutico ovvero, semplicemente,  l’individuazione delle cause generanti il malessere che possano poi sfociare in “inattesi”, ovvero prevedibili, se ben valutati in tempi utili, gesti estremi.

Fuor d’ogni dubbio che le professionalità “interne” al contesto militare (medici psicologi/psichiatri) posseggano corrette capacità scientifiche utili allo scopo e tuttavia il loro proficuo impiego dedito allo scopo dovrebbe poter garantirne l’assoluta imparzialità idonea all’indispensabile rapporto fiduciario tra questi e il soggetto. Così come avviene per la libera scelta del medico e/o specialista di fiducia. Mentre proprio la gerarchia militare (notoriamente i medici militari sono Ufficiali) costituisce intrinseco ostacolo ad un reale, fattivo e risolutivo approccio psicologico tra il medico, militare superiore ed il paziente, soggetto normalmente inferiore di grado gerarchico.

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In tali, comprensibili e delicate situazioni, sono compromesse la libertà d’espressione di chi ha già problemi difficili da raccontare o risolvere, così come, per l’interlocutore preposto (psicologo militare/Ufficiale) la capacità di ottenere quel rapporto di fiducia incondizionato nel raccogliere liberamente i problemi e le situazioni di quelle donne e quegli uomini, senza che essi siano paralizzati dalla gerarchia che hanno di fronte.

L’estremo gesto compiuto da chi indossa una divisa giurando fedeltà alla Repubblica Italiana, con vincolo precipuo d’affrontare l’estremo sacrificio in nome di quel giuramento, “è un fallimento per l’Istituzione”. Da questa riflessione, scaturisce una domanda, a Voi rivolta: “i Comandanti a tutti i livelli, hanno la piena coscienza di un eventuale malessere delle loro donne e dei loro uomini?”, “Sono in grado di riconoscere eventuali segni premonitori?”

Ad oggi (1) si contano 65 (2) i suicidi tra le fila di chi indossa una divisa, solo nell’anno in corso e tra quelli ufficialmente riconosciuti. Oltre al dolore dei loro parenti e familiari, vi è il dolore e l’amarezza dei colleghi, cui i suicidi hanno nascosto sotto la cenere del sorriso, il dolore, il disagio e la loro rabbia. A volte confidando i loro disagi e le preoccupazioni derivanti anche da situazioni lavorative mobbizzanti, prima dell’insano gesto.

E se ci fosse anche una minima relazione con l’obbligo vaccinale, visto che i dati nel 2022 sono in aumento (3) rispetto all’anno precedente?

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SESSANTACINQUE storie diverse tra loro, ma accomunate da un unico destino. Eppure i segnali, quando non hanno avuto la forza di lasciare un biglietto o inviare una mail a testate giornalistiche, attraverso cui esponevano le motivazioni del loro estremo gesto, ci sono sempre stati ma mai raccolte o valutate con il giusto peso. Spesso, infatti, il luogo è scelto con fredda lucidità e chiara comunicazione; quel luogo dove porre fine alle loro sofferenze, quasi sempre con l’arma d’ordinanza, parlava per loro e del loro disagio, in ufficio, in casa, in auto (di servizio e privata), prima del proprio turno di servizio, ma per molti anche dopo il proprio turno di servizio, dediti al dovere istituzionale fino all’ultimo.

Quei numeri sterili (uno ogni 5,6 giorni) di cui nessuno vuol parlare, spesso vengono ridimensionati o ignorati come se non esistessero, come se fossero parte di una comune indagine fredda ed irrazionale. Al contrario questi numeri devono far riflettere e infondere ragionevole preoccupazione sia nelle Istituzioni Militari sia e soprattutto in quelle Politiche. Quei numeri, lungi dall’essere sterili ed insignificanti, sono il PRODOTTO di uno Stato sordo ed ignavo, colpevole d’aver ignorato il grido d’aiuto dei suoi fedeli servitori.

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Egregi Ministri, sono certo che Voi potete assumere ogni azione/determinazione/disposizione affinché siano chiarite le cause dei suicidi avvenuti quest’anno e negli anni passati (3), affinché i familiari, i colleghi e gli amici possano ottenere RISPOSTE CERTE, ATTENDIBILI, RISCONTRABILI ED ASSEVERATE, confermando così la presenza chiara e decisa dello Stato nell’affrontare i disagi del personale in divisa e delle rispettive famiglie.

Confidando nella vostra attenzione e disponibilità, affinché queste silenti tragedie vengano definitivamente interrotte e nell’augurio che le sigle Sindacali Militari, insieme alle Associazioni di sostegno per le famiglie militari, ricevano la Vostra adeguata considerazione.

Piero Angelo De Ruvo
Primo Luogotente dell’Esercito Italiano in Congedo
Ex segretario nazionale della Federazione Lavoratori Militari (FML) dell’Esercito Italiano


1 -Gli ultimi due avvenuti in data 12/11/2022

2 -Anno 2022 (n. 65 aggiornamento al 14/11/2022)

Nr. 13 Carabinieri (di cui 5 carabinieri forestali); Nr. 7 Guardia di Finanza; Nr. 4 Esercito; Nr. 5 Polizia Penitenziaria (+ 1 tentativo di suicidio);

Nr. 21 Polizia di Stato, di cui uno da poco in pensione (+ 3 tentativi di suicidio); Nr. 5 Polizia Locale; Nr. 6 Guardia Giurata; Nr. 2 Vigile del fuoco;

Nr. 1 Aeronautica militare. Nr.1 Marina Militare.

3 -Anno 2021 (n. 57); Anno 2020 (n. 51); Anno 2019 (n. 69)

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