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GRAZIE AI LOCKDOWN LA ‘NDRANGHETA “DIVORA” IL NORD! SOS Usura da Gratteri e DIA. Arresti in Piemonte e Germania

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

«L’analisi dell’andamento della delittuosità riferita al periodo del lockdown ha mostrato che le organizzazioni mafiose, a conferma di quanto previsto, si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza. Controllo del territorio e disponibilità di liquidità che potrebbero rivelarsi finalizzati ad incrementare il consenso sociale anche attraverso forme di assistenzialismo a privati e imprese in difficoltà. Si prospetta di conseguenza il rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge principalmente l’economia del sistema nazionale) vengano fagocitate nel medio tempo dalla criminalità, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti».

L’allarme era stato lanciato dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia): il centro direzionale che coordina la lotta alla criminalità organizzata italiana e straniera delle cinque forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Polizia Penitenziaria, Corpo Forestale dello Stato e Guardia di Finanza) insieme al personale civile di pubblica sicurezza dell’amministrazione dell’interno.

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Nella Relazione Semestrale al Parlamento del 1° semestre 2020, veicolata dal Ministero dell’Interno nel dicembre scorso, l’intelligence dell’antimafia aveva già previsto quanto sarebbe accaduto ed è stato confermato da una brillante operazione condotta ieri sotto il coordinamento della Procura di Torino che nei mesi scorsi aveva saggiamente costituito un pool di magistrati specifici poiché proprio il Piemonte e la Lombardia rappresentano oggi una terra d’invasione della mafia in generale e della ‘Ndrangheta calabrese in particolare, orma la più potente delle associazioni malavitose non solo in Italia ma anche in molte parti del mondo.

 

IL RAID DELL’OPERAZIONE PLATINUM-DIA

«È in corso un’operazione di polizia contro la ‘Ndrangheta, coordinata dalla Procura di Torino che vede impegnati sul territorio nazionale oltre 200 donne e uomini della Direzione Investigativa Antimafia e un centinaio di unità della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza con il supporto di unità cinofile, elicotteri e militari del Reggimento Genio Guastatori di Caserta, nonché 500 agenti della Polizia Criminale del Baden-Wuttemberg, della Polizia Economico Finanziaria di Ulm, dalla polizia romena e spagnola.  L’operazione, denominata ‘Platinum-Dia, rappresenta secondo gli inquirenti “un duro colpo” alla ‘ndrangheta» scrive l’ANSA.

Sono sono state eseguite 33 misure di custodia cautelare e 65 perquisizioni, su disposizione del Tribunale di Torino su richiesta della DDA piemontese e coordinata dalla DNA, in Italia ed in Germania, nei confronti di soggetti ritenuti affiliati alla ‘ndrangheta. Si tratta di soggetti attivi nel “locale” di Volpiano (Torino), considerati terminale economico della famiglia Agresta di Platì (RC), nonché nei confronti di esponenti della famiglia Giorgi, detti “Boviciani”, di San Luca (RC), ritenuti responsabili di narcotraffico internazionale ed attivi in Piemonte, Calabria, Sardegna e, in Germania, nel Land del Baden Wùrttemberg, nelle località turistiche del Lago di Costanza.

Un fermo immagine tratto da un video della DIA di Torino

Oltre all’esecuzioni di diverse misure cautelari, l’operazione ‘Platinum-Dia’ ha portato a numerosi sequestri preventivi di beni costituiti da aziende cooperative ed edili, immobili, auto, conti correnti bancari e postali, corrispondenti ad un valore di molti milioni di euro. «Sono oggetto della misura cinque società che operano nella ristorazione, in particolare la torrefazione Caffè Millechicchi e il bar VIP’S di Torino, una rivendita tabacchi in via Volpiano sempre nel capoluogo piemontese; nel settore immobiliare la G.P. Immobiliare e, nel settore dell’edilizia, la società General Costruzione, imprese con sede a Torino. Controlli e perquisizioni sono in corso dall’alba anche nel nord Sardegna ad opera dei carabinieri della Compagnia di Alghero» aggiunge l’articolo dell’agenzia ANSA.

“La maxi operazione Platinum-DIA condotta a Torino e con ramificazione in Germania Spagna e Romania dimostra la pervasività della ‘Ndrangheta ma soprattutto la forza dello Stato”. Così Nicola Morra presidente commissione Antimafia. “Il mio personale plauso va alla DIA e al lavoro del direttore Maurizio Vallone e dell’ufficiale di collegamento della commissione Antimafia colonnello Luigi Grasso, che ha permesso tra l’altro di creare un filo diretto di sinergie e di scambio di informazioni – prosegue -. Locale di Volpiano legata alla famiglia Agresta di Platì, la famiglia Boviciani di San Luca questi gli elementi fondanti di una rete mafiosa europea. Questa la pericolosità della Ndrangheta calabrese che si continua a sottovalutare”.

“Oltre il necessario ringraziamento a centinaia di donne e uomini delle forze dell’ordine italiane e di altri paesi europei, mi chiedo quanto ancora si voglia sottovalutare il problema – ha dichiarato all’Ansa Morra, esponente del Movimento 5Stelle -. Abbiamo una forza criminale in campo che non solo ha monopolizzato un territorio e lo ha asservito ai suoi fini criminali, ma ha una impressionante forza economica con cui risulta capace di espandersi ovunque in Europa. La magistratura, anche europea, lotta con tutte le forze, dovrebbe farlo anche la politica italiana avendo come priorità la Calabria”.

 

L’ATTACCO AL MAGISTRATO PER IL PROCESSO A COSCHE E POLITICI

Purtroppo, però, la politica a volte va a braccetto con la stessa criminalità organizzata come dimostrato dagli arresti di esponenti del Partito Democratico e di Forza Italia nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott condotta dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, duramente attaccato da esponenti della sinistra, alleata di governo del M5S, e da alcuni media, proprio in relazione alla custodia cautelare di un ex parlamentare individuato quale crocevia tra gli interessi della massoneria e della stessa ‘Ndrangheta.

La vicenda, come spiegato da Gospa News, ricorda molto da vicino quella degli ex giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi con gli uomini della scorta in due attentati dinamitardi nell’estate 1992, perchè stavano indagando sulla fantomatica “informativa Caronte” del ROS dei Carabinieri di Palermo, in cui si mettevano in correlazione appalti miliardari, politici, massoni e mafiosi di Cosa Nostra.

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Queste losche correlazioni tra il mondo politico e quello della ‘Ndrangheta, approdate ora in un maxi-processo poco seguito dal mainstream, emergono anche dalla relazione semestrale della DIA proprio attraverso la citazione delle parole dello stesso Gratteri.

«È noto che la criminalità organizzata calabrese – al pari delle omologhe matrici mafiose – è da sempre abile a proporsi con azioni “filantropiche” nei confronti di famiglie in difficoltà alle quali offrire sostegno economico, innescando un meccanismo di dipendenza che verrà sicuramente riscattato a tempo debito. Quanto detto vale, ad esempio, per quelle sacche di lavoratori “in nero” o sottopagati che, in prospettiva, potrebbero essere disposti a farsi coinvolgere in azioni criminali pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie ovvero alimentare quel bacino di consenso utile anche in occasione di competizioni elettorali» scrive la DIA che poi cita il magistrato.

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«Per dirla con le parole del Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, “…gli ‘ndranghetisti si presenteranno, come sempre, come benefattori, come gente che aiuta chi ha bisogno, i poveri, questo lo fanno già, da sempre, dando ai disperati 30 euro al giorno per un lavoro in nero, e questi si sentiranno, sul piano psicologico, ancora più prostrati e ancora più riconoscenti verso chi gli darà questi 30 euro… la dipendenza psicologica dei poveri verso di loro aumenterà ancora di più, quindi poi sarà ancora più facile, alle prossime elezioni, rappresentare il modello più convincente quando ci sarà da andare a rastrellare i pacchetti di voti”».

Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri

Prosegue Gratteri: “il rischio è un aumento del consenso per gli ‘ndranghetisti proprio sul piano della risposta sostanziale che loro riescono a dare…il rischio più concreto e reale è l’usura. Gli imprenditori avranno difficoltà. … gli imprenditori hanno bisogno di liquidità, di soldi veri in mano… noi da sempre sappiamo che il problema dell’élite della ‘ndrangheta è quello di giustificare la ricchezza, non di arricchirsi, e quindi presteranno soldi a usura anche a interessi bassi per invogliare, incentivare i commercianti a rivolgersi agli usurai ‘ndranghetisti, che sono quelli che sostanzialmente hanno bisogno di meno garanzie per il pagamento. Chi si rivolge a questo tipo di usurai sa perfettamente con chi sta trattando. Il pericolo, quindi, è che ancora di più altre attività imprenditoriali, alberghi, ristoranti, pizzerie, passini di mano a prestanome della ‘ndrangheta…”.

In tale contesto, nota la Direzione Investigativa Antimafia, di tutta evidenza è il rischio che la ‘ndrangheta si ponga quale welfare alternativo, sostituendosi alle Istituzioni con forme di assistenzialismo, forte della capillare presenza nel territorio e della notevole disponibilità economica, a “beneficio” sia del singolo cittadino in stato di necessità, sia dei grandi soggetti economici in sofferenza e in cerca di credito più dinamico rispetto ai circuiti ordinari. Salvo poi presentare il conto alle imprese beneficiarie del sostentamento mafioso.

 

LA PANDEMIA E IL DEEP STATE DELLA ‘NDRANGHETA

Sulla questione viene citato anche il Procuratore Capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, il quale ha sottolineato come “…il tema della pandemia da Covid 19 e le possibilità di arricchimento che questa potrebbe offrire alla criminalità organizzata, soprattutto nei mesi a venire, costituisce motivo di grossa attenzione per la Procura…”, evidenziando come essa “…dovrà essere massimamente rivolta alla gestione dei fondi europei, che costituiranno, per la loro entità, una formidabile occasione di arricchimento per la criminalità organizzata e di infiltrazione ed inquinamento del mercato legale…”.

La copertina del dossier semestrale DIA – link pdf al fondo dell’articolo

«Anche l’analisi delle risultanze investigative e giudiziarie intervenute nel I semestre 2020 restituisce, ancora una volta, l’immagine di una ‘ndrangheta silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristica, tesa a farsi “impresa”. Una preoccupante conferma perviene anche dall’elevato numero di provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle Prefetture nei confronti di ditte ritenute contigue alle cosche calabresi, attive in svariati settori commerciali, produttivi e di servizi, che spaziano dalle costruzioni edili agli autotrasporti, dalla raccolta di materiali inerti al commercio di veicoli, dalla ristorazione alle strutture alberghiere, dai giochi, alla distribuzione di carburante, etc» riporta la DIA.

D’altro canto i sodalizi più strutturati mantengono saldamente la propria leadership nei grandi traffici di droga, continuando ad acquisire forza e potere. In questo senso si può dire che l’emergenza pandemica non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del narcotraffico. L’affermazione criminale dalle compagini calabresi è da ricercarsi, innanzitutto, nella loro composizione organizzativa a base familiare, compatta dall’interno e per questo, almeno sino allo scorso semestre, quasi del tutto impermeabile al fenomeno della collaborazione con la giustizia.

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La complessa inchiesta “Malefix”7 della DDA di Reggio Calabria ­ conclusa il 24 giugno 2020 dalla Polizia di Stato – ha confermato che “…L’assoluta segretezza, in perfetta sintonia con le più recenti acquisizioni giudiziarie, è connaturale all’esistenza di una sovrastruttura di governo, sconosciuta o comunque inaccessibile agli altri affiliati; un livello superiore, insomma, tendenzialmente impermeabile ai subalterni, una sorta di nave a compartimenti stagni in cui l’allagamento o l’incendio è strutturalmente confinato e, dunque, non può produrne l’affondamento. Non si tratta, si noti, di considerazioni sociologiche, ma di fatti, concreti, che, nel tempo e nel corso dei processi celebrati negli ultimi anni, hanno consentito di decodificare struttura e funzionamento del sodalizio…”.

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La relazione della DIA allude al cosiddetto Deep State, evocato persino dalla Commissione Parlamentare sulla strage di Via Fani e l’omicidio dello statista Aldo Moro. Uno dei punti di forza della ‘ndrangheta sta proprio nella sua capacità di intrecciare legami diretti con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle Istituzioni, imprenditori, professionisti. Si tratta di soggetti potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze delle cosche, sicché da ottenere indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche.

Per dirla con le parole del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, “…è stato ribadito come ormai, anche all’esito di recentissime indagini, siano i politici o gli aspiranti tali a rivolgersi alle cosche al fine di acquisire pacchetti di voti e consenso elettorale, che sarà poi moneta di scambio ad avvenuta elezione…”.

 

L’INVASIONE DELLE COSCHE NEL NORD ITALIA

Fin qui abbiamo fatto riferimento al ruolo della criminalità organizzata calabrese nella sua terra d’origine (capitolo 2 della relazione) che è capillarmente ramificata in tutta la regione Calabria come Cosa Nostra lo è in Sicilia, la Camorra in Campania (con l’appendice del Clan dei Casalesi a Caserta) e la criminalità pugliese e lucana in Puglia (capitoli 3,4 e 5, link al pdf completo al fondo dell’articolo). Il fenomeno è di fatto dilagante dai tempi della Spedizione dei Mille in Sicilia (quando il guerrigliero massone Giuseppe Garibaldi si appoggiò ai picciotti locali per la riuscita dell’impresa finanziata dalla Massoneria Britannica) e dal successivo Sbarco degli Alleati del 1943 che, tramite la CIA (allora OSS), fecero il medesimo patto con la mafia, costretta a fuggire dalla Trinacria per i blitz del prefetto Cesare Mori inviato speciale del duce Benito Mussolini nell’isola.

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Da qualche anno, però, le ‘indrine o locali (nome delle cosche calabresi), hanno intensificato l’invasione del Nord Italia come conferma l’ultima brillante operazione della DIA e la relazione del 1° semestre 2020, soprattutto grazie all’emergenza economica scaturita dalla pandemia e ancor più dai lockdown, ritenuti inutili e dannosi dal magistrato Angelo Giorgianni che in merito si è appellato alla Corte Penale Internazionale dell’Aja definendoli “crimini contro l’umanità”.

«La tabella relativa al numero dei reati commessi da aprile a settembre 2020 mostra che, a fronte di una fisiologica diminuzione di alcuni reati (ricettazione, contraffazione, rapine, etc.), trend, quest’ultimo, in linea con la forzata chiusura della mobilità sociale e produttiva, si è assistito all’aumento di altri reati – come lo spaccio di stupefacenti e il contrabbando – espressivi del controllo del territorio da parte delle consorterie, le quali sono riuscite a rimodulare la propria operatività in questi settori. Analoghe considerazioni possono essere effettuate per i reati di estorsione e usura, che hanno visto solo una leggera flessione rispetto al passato. Ciò in quanto, come detto, i sodalizi si sarebbero inizialmente proposti alle imprese in difficoltà quale forma di welfare sociale alternativo alle istituzioni, salvo poi adottare le tradizionali condotte intimidatorie finalizzate ad acquisire il successivo controllo di quelle stesse attività economiche» scrive nelle premesse generali la DIA.

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La capacità di infiltrazione delle mafie e di imprenditori senza scrupoli nella pubblica amministrazione, anche in questo momento di crisi, emerge chiaramente con l’andamento dei reati di induzione indebita a dare o promettere utilità, traffico di influenze illecite e frodi nelle pubbliche forniture, tutti in aumento rispetto allo stesso periodo del 2019.

In virtù delle attribuzioni ex D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 la DIA riveste un ruolo cruciale nella prevenzione dell’utilizzo del sistema economico-finanziario legale per riciclare proventi illeciti, in particolare attraverso l’analisi e l’approfondimento investigativo delle segnalazioni di operazioni sospette (s.o.s.).

 

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L’analisi ha consentito di selezionare n. 7.983 segnalazioni di interesse della DIA, n. 1.691 delle quali direttamente attinenti alla criminalità mafiosa e n. 6.292 riferibili a fattispecie definibili reati spia/ sentinell. Trattasi di reati ritenuti maggiormente indicativi di dinamiche riconducibili alla supposta presenza di aggregati di matrice mafiosa, tra i quali, sono ricompresi impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, usura, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, etc..

Per quanto concerne l’ordinaria attività istituzionale svolta nel comparto in argomento, nel primo semestre 2020 la DIA ha analizzato n. 54.228 s.o.s., con il conseguente esame di n. 364.550 posizioni segnalate o collegate, n. 245.206 delle quali attinenti a persone fisiche e le restanti n. 119.344 a quelle giuridiche, in un intero ambito costante di circa n. 430.000 operazioni finanziarie.

Le tabelle con le Segnalazioni di Operazioni Sospette in ambito finanziario contenute nel dossier DIA

Il numero delle operazioni effettuate nelle regioni settentrionali e meridionali sostanzialmente collimano (rispettivamente, n. 58.667 e n. 57.713), a seguire si collocano le regioni centrali (n. 28.633) e insulari (n. 10.234). Va però rilevato, aggiungiamo noi, che il numero delle segnalazioni finanziarie sospette ha visto il Nord Italia prevalere proprio su quelle regioni storicamente culla delle varie mafie.

Anche le analisi dei dati distribuiti per regioni è allarmante. Se la Campania è al vertice della classifica con 38.827 sos, subito dopo vengono Lombardia (23.967) e Lazio (18.819), quindi Emilia Romagna, Puglia, Veneto, Sicilia e Piemonte. Al Nord gli investigatori della Direzione Nazionale Antimafia hanno ritenuto migliaia di operazioni connesse direttamente con la criminalità organizzata: 5.847 in Lombardia, 2.666 in Veneto e 2.174 in Piemonte.

Nel periodo in osservazione, l’analisi condotta sulle segnalazioni attinenti alla criminalità organizzata ha permesso di approfondire complessivamente n. 984 s.o.s., delle quali: 742 inoltrate alle competenti Direzioni Distrettuali Antimafia, per il tramite della DNA, in quanto correlate a procedimenti penali o di prevenzione in corso; 242 confluite in seno ad attività investigative preventive e/o giudiziarie svolta dai Centri e dalle Sezioni Operative della DIA nel territorio nazionale.

 

‘NDRANGHETA PIU’ FORTE IN LOMBARDIA E PIEMONTE COI LOCKDOWN

«L’analisi delle attività investigative concluse negli ultimi anni nel Centro e nel Nord Italia dimostra chiaramente come le organizzazioni mafiose riescano a coniugare il proprio ruolo nel narcotraffico internazionale, consolidatosi nel tempo, con la spiccata vocazione a farsi impresa, opportunamente calibrata sulla base delle realtà economiche di elezione. Non è un caso se, come già rilevato in passato, il numero maggiore di operazioni sospette non si riferisce ai territori di origine delle organizzazioni mafiose ma a quelli di proiezione. In particolare nei contesti dove l’economia si presenta più florida. La Lombardia, nel dettaglio, si colloca in testa per numero di s.o.s., mentre, tra le prime Regioni, figurano, oltre alla Campania, anche la Toscana, il Lazio, l’Emilia Romagna e il Veneto» si legge ancora nella relazione DIA.

«Al Nord i delitti di matrice mafiosa risultano tendenzialmente tutti in calo, così come le “attività criminali di primo livello”, fatta eccezione per l’usura, in leggero aumento. Si tratta di un chiaro segnale di disagio economico e di mancanza di liquidità che ha avuto impatto anche nelle regioni più ricche del Paese lasciando anche qui spazio a canali di finanziamento illegali. Di segno opposto le “attività criminali di secondo livello”, tra le quali il riciclaggio e il reimpiego di denaro vedono il primo semestre dell’anno staccare il precedente, a riprova della capacità di sfruttare la congiuntura economica negativa per infiltrare l’economia legale. Stabile anche il trasferimento fraudolento di valori, chiaro segno di un flusso di liquidità costante che necessita di essere impiegato al Nord. Al pari delle regioni del Nord le “attività criminali di primo livello” registrate nel centro Italia segnano, nel 2020, un calo rispetto ai periodi precedenti, anche in questo caso però con l’eccezione del reato di usura che risulta in aumento. La mancanza di liquidità ha avuto evidentemente riverberi anche in quest’area, circostanza che ha favorito i prestiti usurari».

Essendo impossibile analizzare i dati per ogni singola regione ci concentriamo su alcuni esempi in tre regioni.


Cosche e Casamonica nel Lazio

«La presenza del principale centro del potere politico ed amministrativo, congiunta alla concomitante esistenza dei vertici delle principali aziende nazionali ed internazionali, rendono la realtà laziale assolutamente singolare e forniscono l’occasione per la realizzazione dei più disparati e appetibili interessi di carattere economico che non sfuggono certo alle varie forme di criminalità. Nel Lazio, come dimostrato da recenti attività investigative, le organizzazioni criminali hanno saputo sviluppare un proprio illecito “potere relazionale” che ha consentito di dialogare con strati diversi della società, tendenzialmente non “inquinati” – amministratori locali, imprenditori, commercianti ­ e di stimolare trame diffuse di compartecipazione corruttiva agevolata dal complesso apparato burocratico».

MAFIA CAPITALE, BAOBAB & MIGRANTI

In quest’ambito, particolarmente significative sono le considerazioni espresse dal Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Michele Prestipino, il quale ha evidenziato che “…Roma ha un grosso problema e si chiama corruzione… La complessità della questione criminale a Roma e nella sua provincia si declina in vari modi. E non si declina solo con la parola mafie. Si declina, soprattutto con la parola corruzione – sistemi corruttivi. A volte poi si crea un intreccio fra questi sistemi corruttivi e questi gruppi o di derivazione mafiosa o che utilizzano il metodo mafioso».

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Diversamente è stata disvelata la presenza di un’associazione di tipo mafioso a composizione italo-albanese che annovera importanti collegamenti con elementi della ‘ndrangheta. L’11 febbraio 2020 è stata data esecuzione all’applicazione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale, nei confronti di un imprenditore romano, residente in provincia di Viterbo, ritenuto vicino ad esponenti della ‘ndrina Vadalà e ad appartenenti al clan Casamonica.

A riguardo l’operazione “Noi proteggiamo Roma”10, conclusa il 16 giugno 2020, ha condotto all’arresto di n. 20 affiliati al clan Casamonica responsabili di vari reati, tutti aggravati dal metodo mafioso. L’inchiesta ha dimostrato come il clan, attraverso l’attività autonoma dei singoli gruppi, esercitasse il continuo e capillare controllo in un’ampia porzione di Roma, tanto da indurre alcuni degli appartenenti ad autoproclamarsi “protettori” della Capitale.


Finanziamenti pilotati in Lombardia

«Nel periodo di questa fase emergenziale le infiltrazioni dei sodalizi nell’economia legale privilegeranno verosimilmente settori come l’edilizia, i servizi funerari e cimiteriali, ma anche le attività connesse con le pulizie, la sanificazione e la produzione dei dispositivi di protezione individuale, nonché il comparto dello smaltimento dei rifiuti speciali, specie quelli ospedalieri. La vulnerabilità di alcuni rami commerciali, come la ristorazione e quello alberghiero, costretti a una prolungata chiusura imposta dal lockdown e dalle altre misure di contenimento del contagio, potrebbe creare condizioni favorevoli al subentro nelle compravendite della liquidità mafiosa» riporta il dossier degli inquirenti antimafia.

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Inoltre, lo stato di crisi nella filiera agro alimentare potrebbe favorire l’insorgenza di situazioni di monopolio, sintomatiche di possibili infiltrazioni nelle compagini societarie di comparto, risultato della pressione usuraria ed estorsiva.

In proposito, va ricordata la tendenziale ritrosia anche dell’imprenditoria lombarda nel denunciare condotte di usura. Con il perdurare della crisi e l’aggravarsi dello stato di bisogno, la paura di subire ritorsioni e la particolare condizione psicologica di sudditanza nei confronti dell’usuraio potrebbero ancor più dissuadere dal rivolgersi alla magistratura o alle Forze dell’ordine.

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Sulla necessità di introdurre nell’ordinamento nuovi strumenti normativi finalizzati a favorire una ripresa economica e sociale di assoluta valenza risultano le considerazioni del Procuratore Aggiunto della DDA di Milano, Alessandra Dolci: “Le più recenti indagini…hanno messo chiaramente in evidenza la volontà e l’interesse della criminalità organizzata di approfittare di tutte le diverse agevolazioni, soprattutto di quelle a carattere finanziario, che il legislatore ha ‘messo in campo’ per consentire alle imprese di affrontare la crisi economica conseguente all’emergenza da COVID19”.

“L’aspetto più evidente – prosegue il magistrato citato dalla DIA – è quello connesso alla richiesta dei finanziamenti previsti dai decreti “Rilancio” e “Liquidità”, erogati dal sistema bancario dietro presentazione di garanzia da parte del Medio Credito Centrale o della SACE, o dall’Agenzia dell’Entrate, in questo caso, per importi correlati al calo del fatturato tra i mesi di aprile 2019 e aprile 2020. Nel corso delle investigazioni, si è infatti assistito all’acquisizione di tali aiuti in modo indebito, attraverso la presentazione, spesso curata da professionisti vicini all’organizzazione, di dati contabili e fiscali ad arte predisposti, in ciò indubbiamente facilitati dalla circostanza che, proprio per garantire una veloce elargizione dei sussidi, le relative richieste si sostanziassero con autocertificazioni, sottoponibili a successivi controlli, che, dato l’elevato numero di domande, non potranno che essere inevitabilmente parziali.

La mappa delle cosche della ‘Ndrangheta nel Nord Italia

In Lombardia, a seguito delle numerose e mirate investigazioni che si sono succedute nel tempo, è stato possibile accertare il radicamento dell’organizzazione calabrese attraverso la costituzione delle tipiche formazioni di ‘ndrangheta, a partire da quella di coordinamento della camera di controllo, denominata appunto la Lombardia, sovraordinata ai locali presenti nella regione e in collegamento con la casa madre reggina. Nel dettaglio, l’operatività di n. 25 locali di ‘ndrangheta nelle province di Milano (locali di Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro – Legnano), Como (locali di Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco – Cermenate), Monza-Brianza (locali di Monza, Desio, Seregno, Lentate sul Seveso, Limbiate), Lecco (locali di Lecco e Calolziocorte), Brescia (locale di Lumezzane), Pavia (locali di Pavia e Voghera) e Varese (Lonate Pozzolo).


‘Ndrine negli appalti pubblici in Piemonte

Le disposizioni governative adottate per contenere la pandemia hanno comportato, in linea generale, anche in Piemonte una diminuzione sia dei volumi d’affari produttivi e commerciali, sia degli eventi delittuosi. La Banca d’Italia evidenzia nel rapporto annuale relativo alle “Economie regionali – L’economia del Piemonte”33, pubblicato il 19 giugno 2020, una decrescita della produzione industriale nei principali comparti economici. Analoghe considerazioni emergono dalla lettura del Rapporto di Unioncamere Piemonte del 30 giugno 2020, relativo all’ “Andamento della Congiuntura economica”34. Dal documento risulta come “nel periodo gennaio- marzo 2020, la produzione industriale piemontese abbia registrato un crollo del -5,7%”. Un dato che è stato in parte contenuto, così come precisa il presidente del predetto organismo, in quanto “Le imprese hanno fatto del loro meglio per adattarsi, riconvertirsi o modificare le proprie produzioni. Spesso con grande creatività e inventiva”.

Nel mese di aprile 2020, al fine di prevenire i prevedibili tentativi di infiltrazioni mafiose nel tessuto socio economico in crisi, la Procura della Repubblica di Torino ha costituito uno specifico pool di magistrati con il compito di mettere a punto una strategia di contrasto in grado di tener conto della capacità delle consorterie criminali di approfittare delle criticità del tessuto produttivo e commerciale.

«A tal riguardo, si conferma il radicamento in Piemonte di gruppi mafiosi, segnatamente della ‘ndrangheta, la quale ha costituito nel tempo locali analoghi a quelli presenti nelle rispettive aree d’origine. La storica presenza di questi clan è stata ancora una volta evidenziata dalla sentenza35 pronunciata il 19 febbraio 2020 dalla Corte di Cassazione, che ha condannato all’ergastolo un esponente della cosca Belfiore-Ursino per avere commesso nel capoluogo piemontese, nel 1983, l’omicidio dell’allora Procuratore Capo di Torino. Si tratta dell’uccisione del magistrato Bruno Caccia, per la quale, in altro procedimento con sentenza divenuta irrevocabile nel 1992, era già stato condannato alla pena dell’ergastolo il capo della stessa compagine ‘ndranghetista, quale mandante» rammenta la DIA.

Il magistrato torinese Bruno Caccia assassinato il 26 giugno 1983

Il 22 dicembre 2015 la DDA di Milano aveva arrestato il presunto autore materiale dell’assassinio di Bruno Caccia: Rocco Schirripa, panettiere calabrese di 62 anni immigrato a Torrazza Piemonte. Il 17 luglio 2017 Schirripa fu riconosciuto colpevole e condannato in primo grado all’ergastolo, pena poi confermata il 14 febbraio 2019 in appello e nel 2020 in Cassazione.

La sentenza non diede completa soddisfazione ai parenti della vittima. “Quanto è stato accertato fin qui dai processi è solo una mezza verità”. È la riflessione di Guido, Paola e Cristina Caccia, figli del procuratore di Torino Bruno Caccia ucciso dalla ‘ndrangheta, dopo la conferma in Cassazione dell’ergastolo a Rocco Schirripa, accusato di aver fatto parte del gruppo di fuoco che la sera del 26 giugno 1983 uccise il magistrato. “Mancano ancora – dicono i famigliari – i nomi degli altri esecutori e non è stata fatta piena luce su movente e mandante” dichiararono a Il Fatto Quotidiano.

Secondo la DIA i sodalizi ‘ndranghetisti piemontesi sono dediti principalmente al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e alle azioni usurarie spesso finalizzate all’acquisizione di attività imprenditoriali, ma che hanno di recente privilegiato l’inserimento nel settore degli appalti pubblici, attraverso condotte corruttive. In relazione a quest’ultimo aspetto, nel mese di febbraio 2020, si segnala il rinvio a giudizio di un esponente politico locale, nell’ambito del procedimento penale scaturito dall’operazione “Carminius/Bellavita 416 bis”. L’inchiesta aveva fatto luce sui tentativi di un sodalizio ‘ndranghetista di acquisire alcuni lavori pubblici indetti da un comune della provincia torinese, a fronte della promessa di procacciare consensi elettorali in occasione delle consultazioni amministrative in quel contesto locale.

2 – MAFIA NIGERIANA: I SUPER-BOSS NERI NELLA TRATTA DEI NUOVI SCHIAVI

Una commistione con ambiti opachi della pubblica amministrazione che spesso avviene con il contributo fornito da professionisti in grado di costituire complessi reticoli societari utili a schermare la provenienza dei capitali. Un fenomeno sempre più diffuso, come evidenziato anche dal Procuratore Generale della Repubblica di Torino in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020. In relazione alle frequenti collusioni è stato sottolineato come “non vi è porzione del nostro territorio che sia rimasta immune dalla penetrazione della struttura criminale di natura mafiosa. Il susseguirsi di indagini preliminari, dibattimenti di primo e di secondo grado e la pronuncia di molte sentenze della Corte di cassazione che hanno definitivamente accertato la “stabilità” delle consorterie sui nostri territori, la loro capillare penetrazione, il radicarsi sul territorio, sono la prova di un fenomeno pervasivo, insidioso, pericolosissimo. Di fronte al quale si registra, in molti casi, una certa “neutralità” del territorio e di sue componenti sociali, che hanno nei confronti di questi personaggi un atteggiamento spesso ambiguo, altre volte di soggezione, altre volte, purtroppo, come le indagini hanno dimostrato, una accettazione ed una condivisione di fini e di strumenti criminali. Pure hanno messo in luce quelle indagini, contiguità e collusione con esponenti politici”.

E ancora: “…un tessuto sociale come quello di Torino e del Piemonte, dove dovrebbe esserci una estraneità di fondo al mondo criminale, non riesce a sviluppare gli anticorpi che servono… La ‘ndrangheta agisce con una apparente segretezza, in realtà adotta spesso manifestazioni esteriori inequivoche e spavalde … detta legge negli appalti, negli investimenti, condiziona i rappresentanti del potere politico”.

PALAMARA-GATE – 11. SU MAGISTRATOPOLI 109 GIUDICI INVOCANO L’INTERVENTO DI MATTARELLA. “Basta commistione tra politici e magistrati”

«In effetti, alcune importanti inchieste degli ultimi anni hanno contribuito non solo alla ricostruzione degli organigrammi ‘ndranghetisti, ma hanno rivelato la stabile presenza nella Regione di strutturati gruppi calabresi. Si tratta di aggregazioni criminali con una spiccata propensione affaristico ­imprenditoriale, che si avvalgono se del caso dei comportamenti violenti tipici mafiosi commessi sempre in sinergia con la casa madre reggina» chiosa la DIA rammentando che le infiltrazioni sono ormai una storica eredità.

Vale la pena di ricordare, per quanto concerne il comparto delle Istituzioni, anche i provvedimenti di scioglimento per infiltrazioni mafiose, in passato, di tre Consigli comunali in provincia di Torino: Bardonecchia (TO), primo nel nord Italia, con DPR del 2 maggio 1995; Leinì (TO), con DPR del 30 marzo 2012; Rivarolo Canavese (TO), con DPR del 25 aprile 2012. Si tratta di misure adottate, a conferma di quanto già esposto, anche in ragione del sostegno elettorale fornito dalle cosche a fronte, spesso, dell’indebita assegnazione di commesse e appalti pubblici.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – GIUSTIZIA – MAFIA

GOSPA NEWS – COSPIRAZIONI – MASSONERIA

DOSSIER DIA AL PARLAMENTO – PRIMO SEMESTRE 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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