“TIRO AL BERSAGLIO SUL REPORTER ANDY IN DONBASS”. Omicidio senza giustizia: miliziano assolto in Appello. Come volevano Soros-fans e Kiev

“TIRO AL BERSAGLIO SUL REPORTER ANDY IN DONBASS”. Omicidio senza giustizia: miliziano assolto in Appello. Come volevano Soros-fans e Kiev

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Il giornalista italiano Andrea Rocchelli non è stato soltanto assassinato a 30 anni nel Donbass dove stava facendo i suoi reportages sulla guerra civile. Il 24 maggio 2014 fu infatti vittima di una crudele e premeditata esecuzione da parte delle truppe paramilitari della Guardia Nazionale Ucraina (NGU) condotta con un tiro al bersaglio tramite un mortaio in un villaggio vicino a Slaviansk, nell’Ucraina dell’Est, dove si trovava insieme all’altro collega assassinato, l’interprete e fotografo russo Andrej Mironov, ed a uno francese sopravvissuto per miracolo.

E’ questo il racconto di alcuni testimoni oculari citati da InsideOver, rubrica online de Il Giornale, che svela anche le foto segnaletiche delle due vitttime con la scritta “eliminato” pubblicate su un sito controllato dalla SBU (Služba Bezpeky Ukrayiny) il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina.

Fu qiello il senso della sentenza con cui la Corte d’Assise di Pavia aveva condannato l’unico imputato per quel crimine, a fronte delle prove raccolte scrupolosamente dal procuratore pavese Giorgio Reposo in una lunga inchiesta al termine della quale inviò gli atti anche alla Procura di Roma perchè indagasse su un altro presunto complice della NGU.

Ma ora la Corte d’Appello di Milano ha cancellato la condanna con un colpo di spugna mandando assolto il miliziano con passaporto italo-ucraino Vitaly Markiv. Il soldato della Guardia Nazionale Ucraina, accusato del’omicidio del fotografo e giornalista di Pavia nel corso di un’operazione militare, il 12 luglio 2019 era stato condannato in primo grado a 24 anni di reclusione. La Corte d’Assise d’appello di Milano lo ha assolto per «non aver commesso il fatto», ordinando l’immediata scarcerazione.

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La morte di Andy e Andrej gridava e grida vendetta a tutela di tutti quei coraggiosi operatori dei media che raggiungono i teatri di guerra in cerca delle verità più scomode da raccontare. Soprattutto quando queste verità sono sepolte dietro al muraglione di bugie costruito ad arte dai media di mainstream per occultare le dinamiche geopolitiche e gli intrighi spesso assassini dei servizi segreti.

Per un’infausta ed impietosa coincidenza del destino la sentenza è giunta nella giornata del 3 novembre mentre uno dei principali artefici della Rivoluzione Arancione in Ucraina culminata con il golpe sanguinario di Kiev, l’ex vicepresidente degli USA Joe Biden, affrontava l’Election Day per diventare il 46° presidente americano (come i media già lo ritengono sebbene non sia ancora terminato lo scrutinio di tutti i voti in alcuni stati cruciali come Nevada e Pennsylvania).

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Gospa News ha dedicato decine di reportages all’Ucraina indugiando anche sui complotti sanguinari (con la strage di piazza Majdan Nezaležnosti ad opera di cecchini georgiani su cui nessuno indaga) e sulle alleanze clamorose sorte da quel piano di eliminazione scientifica dell’influenza russa nel paese dell’Ex Unione Sovietica strategico perché di confine con il nuovo impero Cristiano Ortodosso dello zar Vladimir Putin.

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Abbiamo raccontato il percorso rivoluzionario iniziato da George Soros tramite la sua fondazione ucraina Renaissance International (implicata anche nel finanziamento di ricerche sul virus SARS), l’alleanza impossibile tra i Sionisti delle industrie belliche israeliane e i neonazisti del Battaglione Azov, accusato di crimini di guerra da Amnesty International, e la curiosa storia di quel giornalista di origini afghane, islamico sunnita, che fece iniziare le proteste nella piazza ridenominata EuroMaidan, divenuto nei mesi scorsi vice direttore generale dell’industria bellica nazionale in Ucraina.

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L’assoluzione del miliziano Markiv dopo una condanna in primo grado ineccepibile nella sostanza e nella forma nonostante le pressioni del governo di Kiev e quelle di movimenti politici vicini a Soros come “Europa +”, pertanto, ci disgusta ma non ci turba. «Vedremo le motivazioni della sentenza e vedremo il da farsi. Continuiamo a ritenere corretta la ricostruzione emersa dalle indagini degli inquirenti di Pavia e della procura generale di Milano: a loro e ai nostri avvocati va la nostra riconoscenza», ha dichiarato Elisa Signori, la madre di Andrea Rocchelli subito dopo la sentenza.

In attesa dei contenuti sulla sconcertante decisione dei giudici milanesi di Appello rimandiamo al precedente articolo per i dettagli sull’episodio e le ragioni della precedente condanna, rammentando soltanto che nella NGU cui apparteneva Markiv, infatti, confluirono vari gruppi di milizie volontarie del Pravyj Sector (Settore Destro) ma anche il famigerato Battaglione Azov di ultra-destra neonazista, accusato da Amnesty International di torture

Oggi cerchiamo di rendere almeno una giustizia morale al collega caduto nell’adempimento del suo servizio di reporter pubblicando una parte dell’ottimo articolo di altri giornalisti che andarono nel Donbass dilaniato dalla guerra civile dopo di lui. Ma prima di entrare nel dettaglio della scioccante testimonianza sul tiro al bersaglio contro Rocchelli, per par condicio, riportiamo le lodi intessute da un rappresentante del governo di Kiev nei confronti della giustizia italiana.

 

IL MINISTRO ARRESTATO E IL MILIZIANO ASSOLTO

«Voglio esprimere i miei complimenti al sistema giudiziario italiano. La Corte d’Appello ha recepito i nostri argomenti e ha preso una buona decisione”. Lo ha detto il ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov, fuori dall’aula del Palazzo di Giustizia di Milano dopo l’assoluzione di Vitaly Markiv “La verità è che anche noi vogliamo sapere tutti i dettagli riguardanti la morte di Rocchelli – ha aggiunto Avakov come riportato da Agenzia Nova – Sono sicuro che i fatti emergeranno pubblicamente e tutti noi sapremo la verità. Tutta l’Ucraina ha seguito questo caso e sono tutti contenti».

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Il ministro Avakov è coinvolto indirettamente nella vicenda in quanto dal 2014 dirige la formazione della Guardia Nazionale Ucraina, essendo l’unico politico ad aver mantenuto l’incarico nello strategico Dicastero dell’Interno anche in virtù con le ottime relazioni diplomatiche con il Ministro dell’Interno di Israele, e di conseguenza anche con i servizi segreti del Shin Bet (interni) e Mossad (controspionaggio estero) che ad esso fanno riferimento, e con gli Usa (perciò anche con la Central Intelligence Agency) ma soprattutto con la Nato che dal 2017 ha un Centro di informazione e documentazione in Ucraina.

I ministri dell’Interno di Ucraina e Israele Arsen Avakov e Aryeh Deri in un recente incontro

Avakov stesso si trovò a fare i conti nel passato con la giustizia italiana che lo graziò per motivi politici. Nel 2012 finì in carcere a Frosinone in seguito ad un mandato di cattura internazionale per abuso d’ufficio conseguente ad un’inchiesta avviata nel suo paese e ma fu poi rilasciato grazie alla sua elezione a parlamentare nelle file del Fronte Popolare, Narodnij Front, fondato da Arseny Yatsenyuk, l’ex premier sostenuto dal presidente americano Barack Obama e dalla fondazione Open Ukraine, foraggiata fin dal 2007 al KSF (Kiev Security Forum) da Renaissance International, braccio operativo ucraino della Open Society Foundation di George Soros.

 

TIRO AL BERSAGLIO CONTRO I DUE REPORTER

Ecco perché ci sembra doveroso dare spazio e ritenere assolutamente credibili i contenuti dell’inchiesta pubblicata da Andrea Sceresini e Alfredo Bosco lo scorso 27 ottobre sulla rubrica InsideOver de Il Giornale.

«Era l’agosto del 2017, quando il soldato Alexander Vladimirovich Rakityansky e il suo comandante “Zhora” accettarono di incontrarci in un parco pubblico alla periferia di Donetsk, nell’Ucraina orientale. Rakityansky e “Zhora” – entrambi miliziani dell’esercito filorusso – erano i due uomini che il 25 maggio 2014 avevano recuperato nelle campagne alla periferia di Sloviansk i corpi senza vita del reporter pavese Andy Rocchelli e del suo collega russo, il giornalista Andrej Mironov».

Riferiscono i reporter in un accorato e dettagliato articolo nel quale pubblicano anche una scheda sui due reporter ancora presente sul sito del“Myrotvorets Center”, un “organismo di controllo” legato all’Sbu (Služba Bezpeky Ukrayiny), i servizi di Sicurezza dell’Ucraina.

«La pagina è facilmente raggiungibile con pochi clic: basta scrivere il nome e cognome della persona che si vuole trovare nell’apposito motore di ricerca, all’interno sezione “Purgatorio”. Sui nomi di entrambi i giornalisti compare l’inequivocabile scritta rossa in caratteri cirillici – “ликвидирован” – “liquidato”» spiegano.

La scheda su Andrea Rocchelli “eliminato” sul sito dei servizi di sicurezza dell’Ucraina pubblicata da IsideOver

“L’italiano era steso in posizione fetale, con molte ferite su tutto il corpo, mentre il russo era stato decapitato dalle esplosioni – raccontarono i testimoni oculari a Sceresini e Bosco – È stata dura, ma alla fine siamo riusciti a caricarli in macchina e a portarli via”.

«Andy e Andrej erano stati uccisi il giorno prima, mentre – armati di macchina fotografica – stavano documentando gli scontri tra miliziani separatisti e soldati ucraini ai piedi della collina di Karachun, sulla cui vetta erano trincerate le unità dell’esercito di Kiev. Proprio da quell’altura, nel pomeriggio del 24 maggio, sarebbero partiti i colpi di mortaio che assassinarono i due reporter» si legge ancora su InsideOver.

“Tutta la zona era perfettamente visibile dalla cima della collina – confidarono ai cronisti italiani i due uomini in divisa durante l’intervista – È stato un tiro al bersaglio, come si fa al poligono”.

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«Rakityansky e “Zhora” sono tutt’ora residenti nell’autoproclamata “Repubblica Popolare di Donetsk”, non riconosciuta da nessuno Stato al mondo: perciò le autorità italiane non hanno mai potuto interrogarli. La loro testimonianza, tuttavia, merita di essere riproposta: sono i soli miliziani separatisti ad aver avuto l’opportunità di raccontare pubblicamente ciò che videro quel giorno ai piedi di Karachun» precisano Sceresini e Bosco.

Il principale teste dell’accusa è stato invece il fotogiornalista francese William Roguelon, che si trovava con Andy e Andrej quando iniziò il bombardamento. Ferito alle gambe da alcune schegge di mortaio, Roguelon riuscì a sopravvivere fuggendo a piedi in direzione del centro abitato: “Ho contato fino a dieci colpi di mortaio, ma penso che ne avremo ricevuti venti o trenta in tutto – ha ricordato in aula – Eravamo un vero e proprio bersaglio, la loro intenzione era quella di ucciderci».

Anche sulla base di queste dichiarazioni (confermate peraltro dal driver locale che quel giorno accompagnò i tre reporter), il 15 ottobre scorso il sostituto procuratore Nunzia Ciaravolo aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado  per il paramilitare Vitaly Markiv.

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Ma la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ritenuto questa ricostruzione non sufficiente per confermare la condanna del paramilitare. Proprio come richiesto dal partito “Europa +” vicino a Soros e dal ministro Avakov, interessati a seppellire quanto prima la memoria dei reporter già definiti “eliminati” dai servizi di sicurezza: insieme al ricordo dei morti ammazzati in piazza Madjan da cecchini mercenari, come avvenne a Caracas nel 2002 ad opera della National Clandestine Service della CIA per esportare la democrazia a stelle strisce…

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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INSIDE OVER IL GIORNALE – TIRO A SEGNO CONTRO I REPORTERS

JIHADISTI ISIS “EUROPEI” IN UCRAINA

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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