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AFRIN, L’INFERNO SIRIANO DI ERDOGAN. 188 Torturati a Morte, 127 Stupri, anche su Fanciulle Disabili, dei Jihadisti armati dalla Turchia sotto lo scudo NATO

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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Fino a circa un anno fa collaboravo con il webmedia francese Reseau International. Poi la direttrice si indispettì perché negli articoli sulla Siria definivo dittatore, tiranno e despota il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan, da molti già paragonato ad Adolf Hitler, e per motivi “politically correct” le mie inchieste non furono più pubblicate.

Oggi mi piacerebbe che la collega francese volgesse lo sguardo sull’inferno creato dal sanguinario sultano – che cova la velleità di ricostruire l’Impero Ottomano – nella piccola enclave di Afrin, cittadina della Siria settenrionale, sequestrata dall’esercito turco a partire dal 20 gennaio 2018 con l’invasione sarcasticamente denominata “Olive Branch”, ovvero ramoscello d’ulivo, e lasciata in mano ai feroci jihadisti sunniti di varie fazioni, rinforzati dai comandanti dell’ISIS e di Al Qaeda attraverso un meticoloso lavoro del MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı), l’organizzazione nazionale dell’intelligence di Ankara nota per utilizzare i terroristi islamici della bandiera nera in Medio Oriente, Libia ma persino in Europa.

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Negli ultimi tre anni abbiamo narrato le tremende storie umane di donne stuprate e lapidate, di minori sequestrati e sgozzati, di pacifiste fucilate, di cui ricorderemo più avanti i nomi. Oggi sono i numeri a gridare vendetta davanti a Dio, al mondo e soprattutto alla NATO che non osa mettere becco negli affari sporchi di sangue del tiranno di Istanbul, accecato dall’ossessione dello sterminio dei Curdi e di altre minoranze etniche che occupavano quell’area ma ne sono in gran parte fuggite per le persecuzioni condotte dai mercenari filo-turchi con una premeditazione scientifica tale da rendere il regista di questa piccola orrenda guerra un esempio di neo-nazista musulmano.

Afrin è una città che prima della Guerra Civile Siriana contava circa 35mila abitanti, troppo piccola per evocare parole roboanti come Shoah o genocidio, anche se la posizione strategica del suo distretto amministrativo (nel governorato di Aleppo), vicino ai confini della Turchia meridionale e della provincia di Idlib, ancora controllata da miliziani alleati di Al Qaeda, ne hanno fatto una preda di conquista.

Ma i dati svelati lo scorso 30 gennaio al secondo forum sulle Violazioni dei Diritti Umani ad Afrin occupata tenutosi a Qamishlo, nel Rojava controllato dall’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord-Est, governata dai Curdi che hanno sconfitto l’Isis del califfo Al Baghdadi grazie alle truppe del Syrian Democratic Forces (composte anche da minoranze cristiane e musulmane), non lasciano scampo a dubbi sulla ferocia dei jihadisti armati della Turchia.

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Tre cifre soltanto bastano a dipingere l’efferetezza delle fazioni musulmane protette da Erdogan e dal silenzio della NATO, dove l’esercito turco è la seconda potenza militare dopo gli USA: in soli 3 anni più di 7mila civili sono stati rapiti a scopo di riscatto o di schiavitù sessuale, 188 di loro sono stati torturati a morte o uccisi senza pietà, 127 persone sono state stuprate, nella maggior parte donne – ma anche uomini e ragazzini – alcune persino minorenni e disabili: qualcuna di loro è stata costretta a matrimoni forzosi coi jihadisti come capita con grande frequenza in Pakistan.

Non darei tale risalto a questo reportage se non mi fossi occupato in passato di tre casi emblematici in cui inermi civili sono stati sequestrati ed uccisi per piacere, estorsione o motivazioni politiche. Anche per rendere omaggio alla loro memoria ne parlerò nel corso del resoconto infernale sulle violenze perpetrate ad Afrin e dintorni, dove Curdi, Yazidi e Cristiani sono stati costretti a fuggire per evitare il rischio quotidiano di agguati destinati a diventare mortali soprattutto per quelle persone che non avevano famiglie abbastanza benestanti per pagare i riscatti anche di entità spropositata.

 

LA PULIZIA ETNICA CON CRIMINI DI GUERRA

«L’occupazione di Afrin da parte dell’esercito turco ha causato lo sfollamento di centinaia di migliaia di residenti, circa l’80%, nelle aree di Shehba (al-Shahba), nella città di Aleppo, nella città di Tal Rifaat e nel campo di al-Shahba, successivamente istituito dall’Amministrazione Autonoma. Durante tre anni di occupazione, quasi 400.000 stranieri sono stati reinsediati in tutti i villaggi e distretti di Afrin, che sono stati portati dalle zone di conflitto in Siria, in particolare dalla campagna meridionale di Idlib, dalla campagna meridionale e occidentale di Aleppo e dalla regione di Ghouta» scrive il media curdo ANF in una dettagliata sintesi del forum per i Diritti Umani tenutosi a Qamishlo di cui ha riferito anche il  Rojava Information Center.

Alcuni dei relatori al Forum suoi Diritti Umani ad Afrin tenutosi a Qamishlo

Durante il convegno sono intervenuti vari attivisti di organizzazioni umanitarie e legali: il co-presidente dell’Amministrazione Autonoma Abd Hamid Al-Mahbash, Ibrahim Sheikho, capo dell’Organizzazione per i diritti umani ad Afrin, Majdolin Hassan, membro del Consiglio di Consulenza delle Donne per l’Inviato Speciale ONU sulla Siria, l’avvocato Ayman Okall, general manager dell’egiziana Maat Foundation per la Pace, lo sviluppo e i Diritti umani, l’avvocato londinese Azad Deewanee, il giornalista siriano Ghassan Ibrahim, l’avvocato internazionale Yan Fermon con studio legale a Bruxelles, il professor Abu Baker Dewah, segretario generale dell’associazione egiziana Bar e al vertice del Sindacato Arabo degli Avvocati in Egitto, insieme ad un collega degli stessi organismi, Ahmad Rajab Shehata Mahmoud Abu Shweba.

«Il 20 gennaio 2018, l’esercito di occupazione turco e i suoi gruppi jihadisti siriani affiliati hanno lanciato un’operazione militare per occupare il cantone di Afrin, utilizzando tutti i tipi di armi pesanti e moderne. L’aggressione condotta con il supporto di bombardamenti di artiglieria e aerei da guerra con tutta la brutalità ha lasciato un’enorme quantità di distruzione alle infrastrutture e alle strutture civili fondamentali» ha evidenziato il rapporto del capo dell’Organizzazione per i diritti umani ad Afrin.

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I partecipanti al Forum hanno illustrato le caratteristiche dei crimini perpetrati dai Turchi e dai jihadisti da loro supportati anche attraverso le testimonianze di tre prigionieri sopravvissuti e le relazioni degli esperti di diritto su un «crimine di aggressione sotto le leggi internazionali». In virtù dell’appartnenza alla NATO che ha legittimato politicamente l’invio di mercenari jihadisti in Libia e si disinteressa della Siria, colpita dalle sanzioni dell’Unione Europea rinnovate di recente contro il presidente Bashar Al Assad.

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«L’attacco ha causato migliaia di vittime civili, morti o ferite, lo sfollamento di centinaia di migliaia di residenti e dozzine di massacri caratterizzati dalla pulizia etnica. Questi atti sono stati commessi in flagrante violazione di tutti i principi e le convenzioni internazionali e con vari pretesti per giustificare l’occupazione del cantone di Afrin, compresa la protezione della sicurezza nazionale turca, la creazione di regioni sicure, il reinsediamento dei rifugiati siriani e degli sfollati» è rimarcato durante il convegno a Qamishlo; proprio la città in cui il 12 ottobre 2019, stava tornando Hevrin Haly Khalaf (Xelef in curdo), la segretaria del Partito Siriano del Futuro intenta a creare un dialogo tra Curdi, Islamici Sunniti e Sciiti e Cristiani, intercettata da un agguato jihadista, trascinata per i capelli fuori dall’auto blindata e massacrata con una sventagliata di colpi di Kalashnikov alla testa come comrpovato dall’autopsia.

 

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«Le minoranze sono state oggetto di sfollamento, violazioni diffuse e processi di cambiamento culturale e religioso, in particolare le sette alawita e yazida. Afrin ospita 23 villaggi yazidi che prima dello scoppio del conflitto in Siria nel 2011 erano abitati da circa 25.000.000 persone. Con l’ingresso ad Afrin delle forze di occupazione turche e delle fazioni siriane estremiste, la maggior parte di loro è fuggita da questi villaggi. Alcuni di loro non lasciarono i loro villaggi, la maggior parte dei quali erano anziani, e il numero di coloro che rimasero non superò le 7.000 persone. I gruppi e le fazioni hanno commesso crimini e violazioni equivalenti a crimini contro l’umanità».

 

BOMBARDATI OSPEDALI, AMBULANZE E SCUOLE

L’elenco delle azioni criminali è talmente lungo che tratteremo solo marginalmente i bombardamenti contro la popolazione civile che ben si sintetizzano in un episodio: «Il 2 dicembre 2019, la città di Tal Rifaat, 35 km a nord di Aleppo, è stata sottoposta a bombardamenti di artiglieria diretti da parte dello Stato turco e delle fazioni armate. Il bombardamento ha preso di mira direttamente gli sfollati di Afrin, provocando la perdita di 8 bambini e 2 adulti, oltre al ferimento di 17 persone, di cui 9 bambini».

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Dal 2018 al 2020 sono stati 709 i civili uccisi dalle bombe che hanno colpito per 3 volte l’ospedale di Afrin, ma anche ripetutamente le ambulanze della Mezzaluna Rossa mentre trasportavano i feriti e gli edifici didattici. «Secondo le statistiche dell’Autorità per l’istruzione del cantone di Afrin, 64 scuole sono state distrutte a causa dell’operazione militare. Mentre il numero di studenti registrati prima dell’operazione militare era di 50.855, attualmente ci sono solo 13.000 studenti nelle aree di Shehba». Mentre 696 persone sono rimaste ferite a seguito dei bombardamenti, inclusi 303 bambini e 213 donne.

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«Nel villaggio di Metina, affiliato al distretto di Shera, è stata invece presa di mira una stazione di purificazione dell’acqua e la diga nel villaggio di Maidanki è stata presa di mira durante l’operazione militare per tagliare l’acqua alla popolazione, usandola come arma. di guerra per costringere i civili a fuggire».

 

RAPIMENTI DI CIVILI E TORTURE A MORTE

Nel distretto di Afrin la più potente ed efferata fazione jihadista è la brigata di Al-Sharqiyah composta da terroristi islamici alleati di Al Qaeda nei cui ranghi sono stati inseriti anche ex comandanti dell’ISIS dopo la sconfitta del Califfato della Bandiera Nera nella roccaforte di Baghouz, nel marzo 2019, ad opera delle truppe SDF a maggioranza curda supportate dai bombardamenti dei loro alleati dell’US Air Force.

A loro fu attribuito il rapimento di tre maschi curdi il 13 maggio 2019 nella città di Azaz dove si erano recati a fare acquisti: il nonno, il padre e il piccolo figlio. La famiglia non era abbastanza abbiente per pagare il riscatto e così tutti e tre sono stati uccisi, compreso il bambino Mohammed Rasheed Khalil di soli 10 anni ed affetto dalla Sindrome di Down. Il suo cadavere fu ritrovato nella campagna di Afrin il 27 maggio, 5 giorni dopo lo straziante appello lanciato ai familiari dal padre, vittima di evidenti torture, per il pagamento dei 100mila dollari richiesti dai jihadisti rapitori.

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Dal 2018 «lo Stato turco e le fazioni armate siriane estremiste hanno effettuato uccisioni e rapimenti sistematici. Il numero delle persone rapite ha raggiunto 943, di cui 76 sono state uccise sotto tortura o giustiziate senza alcun processo, accusate di avere legami con l’Amministrazione Autonoma. La maggior parte dei rapimenti è avvenuta sotto la supervisione delle forze turche e del loro servizio di intelligence MIT, attraverso indagini dirette e operazioni di tortura» si legge ancora nel rapporto degli attivisti per i diritti umani diffuso il 30 gennaio 2020.

Il trentenne Rashid Hamidi Khalil, torturato ed ucciso dai jihadisti filo-turchi, prima nel video drammatico in cui ha fatto l’appello per il riscatto e poi quando è stato rinvenuto morto – foto Afrin Media Center

Una questione nota da tempo perché dopo l’uccisione del piccolo Mohammed il network mediatico Kurdistan 24 aveva rammentato che già nel febbraio 2019 «la Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite sulla Siria ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava che i gruppi armati di Afrin erano colpevoli di crimini di guerra, come “presa di ostaggi, trattamento crudele, tortura e saccheggio. Le violazioni più comuni perpetrate in Afrin hanno comportato frequenti rapimenti da parte di gruppi armati e bande criminali».

Miliziani jihadisti del gruppo Al-Sharqiyah, inserito nell’operazione Olive Branch appoggiata dalla Turchia nell’area di Afrin

«Il numero di rapimenti e richieste di riscatto nel cantone di Afrin nel 2019 ha superato i 6.000 casi. Il riscatto è stato chiesto ai parenti di 500 di questi e il destino di 330 persone è sconosciuto. 700 persone sono state documentate sottoposte a tortura. Alcune delle donne e dei bambini rapiti sono stati filmati mentre venivano torturati ei video sono stati poi inviati alle loro famiglie che sono state ricattate per il riscatto, che a volte ammontava a più di 100mila dollari USA. Il numero di omicidi per mano delle fazioni ha raggiunto i 54 morti sotto tortura nei centri di detenzione». A questi numeri, algido specchio di tremende tragedie umane, si aggiungono i 58 casi del 2020 per il totale di 188 torturati a morte.

STUPRI DI MINORI DISABILI E MATRIMONI FORZATI

Se il 2018 è stato l’anno dei bombardamenti, necessarie all’esercito turco per occupare Afrin, il 2019 è stato quello dell’inizio dell’attività criminale in cui i jihadisti da loro armati, finanziati e protetti sono veri specialisti: gli stupri etnici.

FANCIULLE SCHIAVE DEGLI ORCHI JIHADISTI

In precedenti reportage abbiamo narrato degli orrori commessi dai tagliagole dell’ISIS, capaci di violentare e mettere incinta Marwa, una bambina yazida di soli 10 anni, e dai terroristi nigeriani di Boko Haram che hanno sequestrato ed abusato della 15enne Lea Sharibu, ancora oggi prigioniera dei guerriglieri islamisti a causa del suo rifiuto di convertirsi all’Islam in quanto cristiana. Nel caso di Afrin sono i numeri a parlare più dei racconti, occultati tra la disperazione e il terrore dei familiari costretti ogni giorno a sfuggire alle rappresaglie dei jihadisti filo-turchi.

«La regione di Afrin è stata testimone di diffuse violazioni contro le donne, tra cui rapimenti, uccisioni, stupri e torture, una politica seguita da fazioni jihadiste e forze turche per abusare dei civili e costringerli a fuggire. 40 donne sono state uccise e 128 ferite tra il 2018 e il 2019. Inoltre, sono stati registrati 60 casi di stupro, la maggior parte dei quali contro minori. 5 di questi si sono suicidati e 270 sono stati rapiti. Sono stati registrati anche casi di matrimonio forzato sotto minaccia ed estorsione, nonché un alto tasso di matrimoni con donne minorenni per evitare che i loro parenti sposassero membri di gruppi armati» si legge nel rapporto dell’Organizzazione per i Diritti Umani. Come abbiamo visto in precedenti reportages il matrimonio forzato è una delle piaghe del Pakistan perché ritenuta legittima da molti musulmani estremisti.

RAGAZZINE CRISTIANE RAPITE E STUPRATE DA ISLAMICI. Maira filmata durante gli abusi per ricatto. Huma: mandato d’arresto per il rapitore

A questi casi vanno aggiunti quelli di 35 donne rapite nel 2020 e 67 violentate, comprese minori e disabili. «Sono stati documentati 5 casi di matrimonio forzato con fazioni jihadiste contro minori di Afrin. La violenza sessuale non era solo contro le donne, poiché i casi di stupro di uomini e adolescenti sono stati documentati nelle carceri delle fazioni sotto la supervisione e la conoscenza dell’esercito turco».

IDLIB: JIHADISTI STUPRANO E LAPIDANO UNA CRISTIANA, IL PAPA BACCHETTA LA SIRIA

Nella provincia di Idlib, roccaforte dei terroristi di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), costola di Al Qaeda nata sulle ceneri di Al Nusra, fece scalpore il caso della siriana cristiana Suzan Der Kirkour, 60 anni, rapita da un branco di jihadisti, stuprata, torturata ed infine lapidata perché “infedele”. La notizia trovò però spazio solo su Gospa News e pochi altri media occidentali di contro-informazione perché i miliziani islamici in Siria sono ben protetti dai Fratelli Musulmani, strategici alleati di vari paesi NATO tra cui soprattutto il Regno Unito e l’Italia, come dimostrato nel dossier Lobby Armi – 4.

LOBBY ARMI – 4. Italia e UK nelle mani dei Fratelli Musulmani del Qatar: soci Rothschild e finanziatori di Jihadisti

Una causa giudiziaria presso l’Alta Corte di Londra ed un’altra in una Corte distrettuale Usa, infatti, si stanno occupando dei finanziamenti giunti all’organizzaione terroristica di Al Nusra tramite alcune banche di Doha, capitale dell’Emirato del Qatar, sostenitore dei Fratelli Musulmani, la più potente organizzazione politico-religiosa della Turchia che sostiene il sultano dittatore Recep Tayyp Erdogan. Inoltre alcuni mercenari jihadisti di HTS sarebbero stati curati nell’ospedale da campo dei Bersaglieri dell’Esercito Italiano a Misurata in Libia.

 

LA DEVASTAZIONE DEL PATRIMONIO DI AFRIN

«Nulla è stato risparmiato nel cantone di Afrin dall’oppressione delle fazioni jihadiste e dell’esercito turco per il quale tutto era lecito. Il numero di foreste e ulivi abbattuti per il commercio di legna da ardere ha raggiunto più di 300.000, inclusi 300 rari ulivi perenni, 15.000 querce e più di 11.000 alberi forestali. Le fazioni hanno bruciato l’equivalente di 2.180 dunum, oltre a 10.000 dei 33.000 ettari totali di terreno agricolo» è merso dal forum di Qamishlo.

Un particolare accanimento, come già accennato in precedenza, c’è stato contro l’etnia degli Yazidi, devoti ad una religione-filosofia antica di 4.000 anni derivata dal profeta Zarathuštra nata in Persia nel VI secolo a.C., ai quali è stata imposta la fede islamica con tanto di preghiera e Ramadan. «D’altra parte, hanno distrutto il patrimonio culturale e religioso di questa setta nel tentativo di sterminarla, trasformato i loro santuari religiosi in stalle e distrutto i loro santuari storici e li hanno riesumati alla ricerca di antichità».

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Una sorte che è toccata anche ad altri: «I monumenti storici e culturali di Afrin sono stati testimoni di grandi distruzioni e saccheggi. Secondo le statistiche dell’Autorità per le antichità di Afrin, più di 28 siti archeologici e tumuli sono stati distrutti e le antichità in essi contenute sono state rubate e vendute nei mercati turchi in un processo organizzato per cancellare l’identità storica del cantone di Afrin».

 

IL ROJAVA TRA ENCLAVES DI JIHADISTI E CELLULE ISIS

Il drammatico quadro di Afrin non è molto differente da quello di altre zone ancora controllate dai jihadisti filo-turchi nel Nord-Est della Siria e dalle cellule dell’ISIS nelle zone desertiche della provincia di Deir Ezzor dove gli attentati, sebbene diminuiti nel 2020, continuano ad essere numerosi come riferito in vari comunicati dal Rojava Information Center.

«Politicamente, l’AANES (Amministrazione Autonoma Nord Est Siria)e le SDF continuano a camminare su una corda tesa tra i loro alleati e nemici. Dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, le SDF rimangono il suo alleato numero uno nella regione per una resistenza sostenuta all’ISIS e alla sua rete di cellule dormienti. Tuttavia, con l’alleanza NATO degli Stati Uniti con la Turchia, gli Stati Uniti hanno mostrato la loro riluttanza a proteggere la NES dall’incursione turca e dalla successiva occupazione. L’ex inviato speciale in Siria James Jeffery ha affermato che l’esercito statunitense aveva solo due obiettivi per rimanere in Siria per il prossimo futuro: continuare le sue contromisure ISIS e impedire all’Iran di accedere a più territorio siriano».

«Questi motivi specifici hanno spinto le SDF a negoziare con la Russia che hanno permesso alla polizia militare russa e alle forze fedeli a Damasco di rafforzare le posizioni delle SDF lungo le aree occupate controllate dalla Turchia e dai suoi gruppi di milizie dopo l’invasione di ottobre nel 2019. Tuttavia, è ampiamente diffuso. noto che la Turchia e la Russia sono coinvolte in una quasi-alleanza, con interessi comuni o sovrapposti che includono: la vendita di sistemi missilistici S400, il sostegno delle parti opposte nel conflitto in Libia, il sostegno delle parti opposte nel conflitto in Armenia e Azerbaigian, e rimanere in una situazione di stallo nella zona di Idlib nel nord-ovest della Siria. Sembra che nessuna super potenza o paese preoccupi per il benessere dei civili siriani. Mentre tutto questo si trasforma e macina sulla scena della politica globale, l’ISIS e altri attori clandestini continuano a devastare la Siria settentrionale e orientale».

Il rapporto del Rojava Information Center sull’attività delle cellule dell’ISIS in Siria

Nell’indifferenza dell’occidente – pronto a mettere alla gogna qualsiasi politico per semplici avances sessualia sue collaboratrici poi pentite – rapimenti, torture e stupri su minori possono continuare nell’inferno di Afrin creato da Erdogan. Quel distretto siriano, dimenticato dagli attivisti per i diritti umani dell’UE e degli USA, sembra essere diventato una zona invisibile dove l’umanità è scomparsa per lasciar posto agli istinti belluini della preistoria come se fosse un lager di sperimentazione della tirannide futura del Nuovo Ordine Mondiale, in aggiunta al complotto della pandemia pianificata per decenni, secondo l’avvocato Robert F. Kennedy, nipote di JFK.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – DOSSIER JIHADISTI

GOSPA NEWS – REPORTAGES SULLA SIRIA

GOSPA NEWS – DOSSIER LOBBY ARMI

GOSPA NEWS – REPORTAGES ZONE DI GUERRA

ANF – AFRIN HUMAN RIGHTS FORUM

ROJAVA INFORMATION CENTER – ANNUAL ISIS SLEEPER CELL REPORT 2020

WUHAN-GATES – 26. BIO-ARMA SARS-2 & VACCINI D’ORO. Dai test CIA-OMS pagati da Gates al summit UE con PFIZER, sponsor di Biden, prima della pandemia. E le molecole Covid…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Annual Sleeper Cell Report 2020 – SDF and Coalition Diminish Capability of ISIS, Lower Attacks and Deaths Across the Region

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