Gli “ISMI” ASSASSINI nell’Italia del Dopoguerra: Comunismo, Fascismo, Globalismo e il Tradimento delle Speranze Nazionali

Gli “ISMI” ASSASSINI nell’Italia del Dopoguerra: Comunismo, Fascismo, Globalismo e il Tradimento delle Speranze Nazionali

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“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo.


(Vangelo di San Matteo 21, 42)


Nell’immagine di copertina Giovanni Falcone, Enrico Mattei, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Paolo Borsellino e Aldo Moro

di Ciro Scognamiglio

Tutti i link alle precedenti inchieste storiche di Gospa News sono stati aggiunti a posteriori

Premessa

Il Vangelo di Matteo, al capitolo 21, versetto 42, ci offre un potente insegnamento attraverso la parabola della pietra scartata dai costruttori, che diventa testata d’angolo. Questo versetto, che sembra lontano dalle vicende politiche, si rivela essere una chiave di lettura potente per comprendere gli eventi cruciali della storia italiana, soprattutto nel periodo postbellico.

“La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo.” Questo passaggio della Bibbia ci invita a riflettere sul destino degli individui e delle idee che, inizialmente rifiutate, vengono poi riconosciute come fondamentali per la costruzione di un nuovo ordine. Così come la pietra scartata, la giustizia e la verità sono spesso ignorate o marginalizzate, ma alla fine sono quelle che danno stabilità e solidità a una nuova architettura morale e politica.

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Nel contesto di questo saggio, il versetto simboleggia l’Italia del dopoguerra, che, sebbene percorsa da lotte ideologiche e da interessi esterni e interni contrapposti, deve fare i conti con le proprie “pietre scartate”. Le figure di uomini politici come Aldo Moro ed Enrico Mattei, che hanno cercato di costruire una nazione autonoma e giusta, sono state respinte, ma il loro sacrificio e la loro visione rimangono fondamentali per capire il futuro dell’Italia e per riscoprire le radici della sua sovranità e indipendenza.

Il versetto, quindi, non è solo una riflessione spirituale, ma un invito a riconoscere e a ridare valore a quelle voci e a quei progetti che, purtroppo, sono stati scartati dalla storia, ma che contengono in sé la possibilità di una vera rinascita.

Il comunismo nel dopoguerra

Alla fine della Seconda guerra mondiale, il Partito Comunista Italiano (PCI) emerge come una delle forze più influenti della vita politica. Forte del ruolo nella Resistenza, il PCI si pone come il difensore dei lavoratori e delle classi popolari.

Ma il Trattato di Parigi del 1947 e l’ingresso dell’Italia nel blocco occidentale impediscono una piena affermazione delle sinistre. L’Italia viene trasformata in un avamposto strategico della NATO nel Mediterraneo, e il comunismo viene sistematicamente isolato, pur godendo di vasto consenso popolare.

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In questo scenario si colloca l’iniziativa di Aldo Moro con il “compromesso storico”, tentativo di far coesistere democrazia cristiana e comunismo per rafforzare la coesione interna. Questo progetto rappresentava una minaccia per l’ordine imposto dalla Guerra Fredda: non stupisce dunque che Moro sia divenuto bersaglio dei poteri deviati interni ed esterni.

Il fascismo repubblichino e il suo strascico culturale

Il fascismo, sebbene ufficialmente sconfitto, sopravvive nella cultura politica del dopoguerra.

Attraverso il Movimento Sociale Italiano (MSI) e vari gruppi nostalgici, si mantiene vivo il mito di un’Italia forte, ordinata e “tradita” dalla fine della guerra.

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I servizi segreti deviati, in parte infiltrati da elementi legati al neofascismo e alla loggia P2, partecipano alla creazione di una “strategia della tensione” che mira a impedire qualunque cambiamento strutturale, come quello che Moro tentava di realizzare. Questa linea dura trova eco anche in ambienti atlantisti che vedevano nella stabilità autoritaria uno strumento di difesa contro l’avanzata comunista.

Il globalismo e l’Italia postbellica

Il Piano Marshall e la nascita della Comunità Europea conducono l’Italia a un rapido sviluppo economico, il cosiddetto “miracolo italiano”.

Ma questo processo implica anche una crescente dipendenza economica e politica dalle potenze occidentali, in particolare dagli Stati Uniti.

Il globalismo comincia a erodere le capacità decisionali autonome degli stati nazionali. I tentativi di creare un’Italia sovrana e indipendente si scontrano con gli interessi dei grandi blocchi geopolitici e finanziari.

La morte di Enrico Mattei si inserisce perfettamente in questo quadro: presidente dell’ENI, Mattei aveva cercato di liberare l’Italia dal monopolio energetico delle Sette Sorelle (le grandi compagnie petrolifere anglo-americane), costruendo accordi diretti con paesi arabi, africani e dell’Est.

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Mattei progettava un’Italia padrona della propria politica energetica e, quindi, più autonoma nello scacchiere internazionale.

Il 27 ottobre 1962, il suo aereo esplose misteriosamente nei cieli di Bascapè. Le successive inchieste rivelarono evidenze di un attentato. Fonti convergenti indicano coinvolgimenti della mafia siciliana (su mandato esterno) e di apparati stranieri, preoccupati per il progetto di autonomia energetica di Mattei.
La sua morte fu un colpo durissimo all’idea di un’Italia indipendente e aprì la strada a una maggiore subordinazione alle logiche del capitalismo globale.

Gli affari oscuri: la morte di Moro, Mattei e il ruolo di Kissinger

Le morti di Enrico Mattei e Aldo Moro non possono essere comprese come episodi isolati.Esse rappresentano la manifestazione più estrema della lotta fra, da una parte, coloro che volevano un’Italia autonoma, sociale e indipendente, e, dall’altra, i poteri interni e internazionali decisi a mantenere lo status quo.Il caso Moro, come quello di Mattei, vede il concorso di molteplici forze:

  • Servizi segreti deviati italiani, infiltrati dalla loggia P2;
  • Agenzie di intelligence straniere, prime fra tutte la CIA, preoccupate per il disallineamento italiano;
  • Mafia e criminalità organizzata, strumenti operativi utilizzati per il lavoro sporco.

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Un ruolo fondamentale in queste vicende è attribuibile anche alla volontà strategica di Henry Kissinger, Segretario di Stato americano e ideologo della realpolitik globale. Kissinger concepiva l’Italia come un alleato fondamentale ma subordinato, e non tollerava deviazioni rispetto al blocco atlantico.

Secondo diverse testimonianze, tra cui quella del giudice Ferdinando Imposimato, Aldo Moro fu direttamente minacciato da Kissinger durante un viaggio ufficiale a Washington: gli sarebbe stato detto chiaramente che il suo progetto di inclusione del PCI nel governo avrebbe avuto “gravissime conseguenze personali”.

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Questo episodio, per quanto occultato negli anni, conferma che il sequestro e la morte di Moro non furono solo opera di un gruppo terroristico interno, ma parte di una regia più ampia, internazionale.

La morte di Enrico Mattei, anni prima, rispondeva alla stessa logica: impedire che l’Italia si rendesse autonoma sul piano energetico ed economico.

In entrambi i casi, la volontà geopolitica americana – incarnata da figure come Kissinger – risultò determinante nel sancire la fine di questi tentativi di emancipazione.
Ancora oggi, l’Italia vive le conseguenze di quelle scelte: una sovranità limitata, una politica estera subordinata, un’identità nazionale mai pienamente realizzata.

 I politici italiani coinvolti nella gestione della crisi Moro

Durante i 55 giorni del sequestro di Aldo Moro, numerosi politici furono protagonisti delle decisioni che portarono alla “linea della fermezza”, negando qualsiasi trattativa.

Pur non essendo coinvolti direttamente nel rapimento, alcuni di loro influenzarono profondamente il corso degli eventi:

  • Giulio Andreotti (Presidente del Consiglio): capofila della linea della fermezza.
  • Francesco Cossiga (Ministro dell’Interno): coordinatore delle operazioni di sicurezza; si dimise dopo la morte di Moro.
  • Benigno Zaccagnini (Segretario DC): formalmente per il dialogo, ma di fatto sostenitore della fermezza.
  • Enrico Berlinguer (Segretario PCI): contrario a ogni trattativa con i terroristi.
  • Bettino Craxi (Segretario PSI): tra i pochi a favore della trattativa.
  • Amintore Fanfani, Arnaldo Forlani, Flaminio Piccoli, Ciriaco De Mita, Vincenzo Scotti (esponenti DC): protagonisti delle decisioni parlamentari.
  • Oscar Luigi Scalfaro (deputato DC), Giovanni Galloni e Nicola Mancino: attivi in Parlamento nel supportare la linea dura.
  • Giovanni Spadolini (PRI) e Giorgio Napolitano (PCI): sostenitori della necessità di non cedere alle Brigate Rosse.
  • Sandro Pertini (Presidente della Camera): mantenne un ruolo di alta vigilanza istituzionale.
  • Leonardo Sciascia (Radicale): tra i pochissimi che criticarono apertamente la gestione del caso da parte dello Stato.

Le loro scelte, influenzate da pressioni internazionali e logiche di stabilità, portarono al sacrificio di Aldo Moro, visto da molti come un prezzo necessario per evitare una destabilizzazione più ampia.

Il Tradimento degli Eroi: Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa

Nel corso della storia recente dell’Italia, le figure di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Carlo Alberto Dalla Chiesa rappresentano simboli di coraggio, giustizia e impegno contro la criminalità organizzata.

Tuttavia, come nel caso di Moro e Mattei, anche questi uomini sono stati traditi dallo stesso Stato che avrebbero dovuto proteggere.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono stati due magistrati che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la mafia siciliana, riuscendo a costruire il celebre “maxiprocesso” che ha segnato una svolta nella guerra allo spaccio e al traffico mafioso. La loro capacità investigativa e il coraggio nell’affrontare un nemico tanto potente erano ineguagliabili. Tuttavia, nonostante la loro straordinaria determinazione, entrambi furono lasciati soli di fronte a minacce e pericoli. Le indagini rivelarono che i loro omicidi non furono solo il frutto della ferocia mafiosa, ma che la loro morte fu facilitata da una serie di manovre di depistaggio e complicità che provenivano da ambienti interni alle istituzioni.

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La morte di Giovanni Falcone, avvenuta il 23 maggio 1992, e quella di Paolo Borsellino, il 19 luglio dello stesso anno, non furono accidentali. Le inchieste successive rivelarono che vi erano stati contatti tra esponenti delle forze dell’ordine e la mafia, i quali avevano informato i boss sui movimenti dei magistrati. La loro morte non rappresenta soltanto un crimine mafioso, ma un tradimento delle istituzioni.

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Carlo Alberto Dalla Chiesa, infine, è un altro esempio di uomo delle istituzioni che ha pagato con la vita per il suo impegno. Generale dei Carabinieri e prefetto di Palermo, Dalla Chiesa fu chiamato a combattere la mafia, che aveva instaurato il suo dominio in Sicilia. Purtroppo, Dalla Chiesa non ricevette il sostegno necessario da parte dello Stato, e le sue azioni vennero ostacolate dalla stessa burocrazia che avrebbe dovuto supportarlo. Il 3 settembre 1982, Dalla Chiesa fu assassinato insieme alla moglie e al suo autista, in un attentato mafioso che fu, ancora una volta, favorito dalla complicità di alcune forze interne allo Stato. Come nel caso di Moro, l’omicidio di Dalla Chiesa segnò la sconfitta di un tentativo di rinnovamento e giustizia.

La Repubblica delle Stragi Impunite di Ferdinando Imposimato, ex presidente della Corte di Cassazione, ci offre una lucida analisi del contesto in cui queste tragedie si sono consumate.

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Il libro esplora le stragi, le omicidi politici e le ingiustizie che hanno caratterizzato la storia italiana, con particolare attenzione alla mancanza di giustizia e alla protezione degli interessi politici ed economici che hanno ostacolato la ricerca della verità. Imposimato denuncia come i “poteri forti” abbiano spesso manovrato dietro le quinte per impedire che venisse fatta giustizia, lasciando la nazione in un limbo di impunità e disillusione. La sua testimonianza, quindi, si unisce al triste elenco degli uomini e delle donne sacrificati nel nome di una falsa stabilità, traditi dal sistema che avrebbero dovuto difendere.

Significato del Saggio

Il saggio intende fare luce su un aspetto fondamentale della storia politica italiana del XX secolo: l’interazione tra ideologie, poteri internazionali e le scelte politiche interne.Il comunismo, il fascismo e il globalismo non sono semplicemente visioni ideologiche in conflitto, ma potenti forze che hanno influenzato, e continuano a influenzare, il destino dell’Italia.

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In particolare, l’analisi di eventi chiave come il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro e la morte di Enrico Mattei rivela come le tensioni geopolitiche internazionali abbiano condizionato la libertà di azione del paese.

La parabola biblica scelta come epigrafe all’inizio del saggio simboleggia proprio il concetto di ingiustizia subita dai giusti, ma anche il destino ineluttabile che porta, nel lungo termine, alla “testata d’angolo” — la pietra scartata che diventa fondamentale per la costruzione di un nuovo ordine.

L’intento non è solo quello di analizzare il passato, ma anche di riflettere sulla situazione attuale dell’Italia, che continua a essere, in molti aspetti, prigioniera degli stessi meccanismi di potere e influenze esterne. Il saggio invita quindi a una riflessione più profonda sul ruolo del paese nel mondo moderno e sulla necessità di recuperare una sovranità che sembra sempre più lontana.

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L’analisi delle scelte politiche, delle forze che hanno agito dietro le quinte e delle conseguenze delle azioni individuali degli uomini di Stato italiani vuole anche mettere in guardia contro l’oblio e il cinismo che spesso caratterizzano la memoria storica. La riflessione finale cerca di restituire dignità a quelle figure che sono state ingiustamente dimenticate o tradite, in nome di un ordine che ha sacrificato la giustizia e la libertà.

Ciro Scognamiglio

Membro del direttivo dell’associazione Constitutio Italia

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