Trump: “Il califfo Isis Al Baghdadi si è fatto esplodere. Identificato dai resti!”? Complotto in Iraq…

Trump: “Il califfo Isis Al Baghdadi si è fatto esplodere. Identificato dai resti!”? Complotto in Iraq…

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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BREAKING NEWS: AL BAGHDADI E’ VIVO

Il leader dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi è stato ucciso nel corso di un raid americano in Siria. Lo annuncia il presidente Usa Donald Trump dalla Diplomatic Reception Room della Casa Bianca. “E’ morto dopo essere fuggito in un vicolo cieco, piangendo e urlando. Al Baghdadi si è fatto saltare in aria e ha ucciso tre dei suoi figli che erano con lui” ha annunciato Trump.

ALTRI MISTERI SULLA MORTE DEL CALIFFO

Secondo il presidente, 11 bambini erano stati trasferiti fuori dal complesso per motivi di sicurezza. Tuttavia, si dice che tre bambini siano morti dopo che Baghdadi li ha trascinati nel tunnel con lui quando si è fatto saltare in aria un giubbotto suicida mentre era inseguito da un’unità K9 delle Forze Speciali degli Stati Uniti.

“Il suo corpo è stato mutilato dall’esplosione, inoltre il tunnel vi ha ceduto, ma i risultati dei test hanno fornito un’identificazione certa, immediata e totalmente positiva. Era lui”, ha detto Trump.

Ma Al Baghdadi è davvero morto? Nei prossimi giorni ci sarà molto da parlarne. Il presidente Usa, proprio come i suoi predecessori, è abituato a mentire e pertanto non ci sarebbe da stupirsi se lo facesse anche su una notizia di così grande rilievo come l’uccisione del califfo dello Stato Islamico.

Come fa, infatti, Trump ad affermare che è stato “subito” identificato con certezza uno che si è fatto saltare in aria con un giubbotto esplosivo dentro a un cunicolo crollato in un ammasso di macerie???

Le macerie dalle quali sarebbero stati estratti nottetempo i resti del califfo dell’Isis sotto le quali, secondo gli Usa, si sarebbe fatto saltare in aria con un giubbotto esplosivo – Global Look Press

«I soccorsi che hanno raggiunto l’aera del blitz in cui sarebbe stato ucciso il leader dell’Isis hanno riferito di aver trovato sul posto 7 corpi senza vita (quelli di tre uomini, tre donne e un bambino) e di aver fornito la prima assistenza a 5 feriti. Lo riferiscono fonti locali all’agenzia di stampa turca Anadolu, senza precisare se tra le vittime ci fosse anche il corpo di Baghdadi. I medici hanno detto inoltre di aver visto una casa crollata e delle tende bruciate vicino al luogo del raid Usa, avvenuto a pochi chilometri dal campo di Tourlaha, che ospita dei civili sfollati» ha precisato nel pomeriggio l’Ansa evidenziando così implicitamente che non esiste alcuna prova tangibile della morte di Al Baghdadi.

Il dubbio è legittimo perchè pare soprattutto una ben orchestrata operazione di intelligence gestita dal Pentagono e dalla Cia, facendo trapelare indiscrezioni ai media amici, per creare scompiglio in Siria dove Washington e il presidente americano Donald Trump hanno fatto la figura degli incapaci, nello sconfiggere il presidente siriano Bashar Al Assad, ma anche dei criminali nel finanziare ed armare i jihadisti.

Ma gli Usa si sono pure dimostrati ladri, del petrolio siriano come dimostrato da molte prove esibite dal Minsitero della Difesa russo, ma pure traditori dei Curdi Sdf lasciati in balia dei mercenari indemoniati al servizio dell’invasione della Turchia.

Ecco quindi che il blitz contro il terrorista più ricercato al mondo  – ma mai abbastanza dalla Cia – con una taglia da 25 milioni di dollari sulla testa, rappresenta un colpo da maestro di quel grande attore comico che è Trump, perfetto interprete della Teatrocrazia teorizzata da Platone in tempi non sospetti.

Che sia vero o falso il suicidio, che sia dimostrabile o meno la morte di Al Baghdadi poco importa all’intelligence americana che è tornata al centro dell’attenzione mondiale. Il sasso alla piccionaia è stato scagliato.

Ora bisogna solo attendere che i seguaci dello Stato Islamico riprendano le armi in modo da giustificare nuovo caos in Medio Oriente ed in particolare in Iraq.

 

LE PRIME NOTIZIE SUI MEDIA MONDIALI

«Secondo quanto riferito, il noto leader dello Stato islamico Abu Bakr al-Baghdadi è stato ucciso in un’operazione militare USA nel nord-ovest della Siria. Presumibilmente ha fatto esplodere un giubbotto suicida durante il raid» ha riportato alcune ore fa Russia Today.

L’area di Barisha, nella provincia di Idlib dove si sarebbe trovato il compound di Al Baghdadi – Global Look Press

«Si dice che durante la missione degli Stati Uniti – con l’impiego di elicotteri, aerei da guerra e droni – le truppe americane siano state coinvolte in uno scontro a fuoco con il terrorista. Ad un certo punto, al-Baghdadi ha fatto esplodere il giubbotto, molteplici media, tra cui ABC e Defence One, lo hanno riferito citando fonti. Più tardi la TV di stato irachena ha annunciato che trasmetterà le riprese del raid segnalato» aggiunge il network RT.

Nel frattempo, in riferimento alla notizia, un comandante delle forze democratiche siriane SDF a guida curda (SDF), Mazloum Abdi, ha twittato “successo per una storica operazione a seguito del lavoro congiunto di intelligence con gli Stati Uniti”.

Secondo un alto funzionario del Pentagono che ha familiarità con l’operazione e un ufficiale dell’esercito informato sulla questione, un “obiettivo di alto valore dell’ISIS (Daesh)” – che si ritiene essere Baghdadi – è stato preso di mira durante un’operazione top-secret nella provincia di Idlib nord-occidentale della Siria.

L’ufficiale del Dipartimento della Difesa aveva detto Newsweek che un breve scontro a fuoco è avvenuto quando le forze statunitensi sono entrate nel complesso, ma poi Baghdadi si sarebbe ucciso facendo esplodere un giubbotto suicida.

Al Baghdadi durante il suo discorso nella grande moschea al Nuri di Mosul, il 29 giugno 2014, quando annuncia la nascita dell’Isis

Il Pentagono aveva anche riferito alla Casa Bianca di avere “un’alta convinzione” che l’obiettivo ucciso fosse Baghdadi, che si pensava da tempo si stesse nascondendo da qualche parte in Siria, ma lungo il confine con l’Iraq, pertanto nella zona orientale del paese, a centinaia di chilometri di distanza da dove sarebbe invece avvenuto il blitz.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva approvato la missione circa una settimana prima e sabato sera ha pubblicato un messaggio su Twitter anticipando notizie “molto importanti” annunciando la conferenza di domenica.

Il leader dello Stato islamico (IS, precedentemente ISIS) era nascosto da diversi anni. I filmati diffusi dal suo gruppo terroristico nell’aprile del 2019  lo mostravano seduto a terra con un fucile d’assalto Kalashnikov accanto a lui. Prima di ciò, al-Baghdadi era stato visto per l’ultima volta in un video di luglio 2014, quando aveva parlato alla Grande Moschea di Mosul.

Su di lui è sempre aleggiato il sospetto che fosse un agente della Cia e del Mossad, come sostenuto da molteplici fonti OSINT.

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Anche nella serata di domenica resta prudente il media governativo Syrian Arab News Agency che rammenta particolari imbarazzanti: «Molti media hanno menzionato che l’ex segretario di Stato americano Hillary Clinton ha ammesso nelle sue memorie che un certo numero di stati occidentali tra cui gli Stati Uniti sono i responsabili della creazione e del finanziamento dell’organizzazione terroristica di Daesh (ISIS) e della fornitura di armi e forme diverse di supporto» scrive Sana.

«Nel caso in cui la storia dell’omicidio di al-Baghdadi fosse confermata, molte domande verranno sollevate anche sull’obiettivo dietro l’operazione, in particolare dopo che il ruolo degli Stati Uniti in molti capitoli della guerra terroristica in Siria è diventato ben noto: in prima fila nel sostenere i terroristi di Daesh di fronte all’esercito arabo siriano. L’uccisione di al-Baghdadi da parte delle forze statunitensi non significa che gli Stati Uniti non abbiano partecipato alla creazione di organizzazioni terroristiche per minare la stabilità di alcuni stati o nel sostenere il terrorismo in Siria» aggiunge l’agenzia stampa siriana.

Certamente questa notizia è un’ottima opportunità per il presidente Trump per farci dimenticare tutti gli scandali che sconvolgono Washington ma soprattutto il doppio gioco sporco che ha giocato nel paese per due anni.

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L’operazione militare americana è ancora avvolta nel mistero anche perché sarebbe avvenuta, il condizionale è d’obbligo quando agiscono Pentagono e Cia, nella provincia di Idlib contesa tra i jihadisti Hayat Tahrir al-Sham (HTS, ex qaedisti di Fronte Al Nusra) appoggiati dalla Turchia e l’Esercito Arabo Siriano del presidente Bashar Al Assad sostenuto dalla Russia.

Il blitz accade proprio quando l’esercito Usa ha lasciato le sue basi nel Nord Est (vicino a Kobane e Manbji) aprendo la strada alle forze armate turche del dittatore islamico Recep Tayyip Erdogan che hanno invaso il Rojava, la regione siriana amministrata dai Curdi, grazie all’appoggio dei feroci jihadisti di varie gang di estremisti musulmani Sunniti, nemici degli Sciiti che sostengono il governo di Damasco.

Né l’accordo del vicepresidente americano Mike Pence né quello del presidente russo Vladimir Putin definiti con Erdogan sono stati sufficienti a fermare l’aggressione turca che con aerei, droni, carriarmati ha proseguito l’offensiva insieme ai suoi mercenari islamici. Questo è quanto denunciato più volte dal media curdo ANHA che ha imputato alla Turchia ed ai suoi miliziani decine di violazioni della tregua e stragi di civili.

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Non solo. Le truppe di Washington si sono spostate nella Valle dell’Eufrate, nelle province di Hasaka e Deir Ezzor, con la motivazione di rinforzare le difese intorno ai pozzi petroliferi della zona, da cui gli americani attingono illegalmente il petrolio per contrabbandarlo con l’aiuto della Turchia.

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Ma l’esercito Usa, secondo la Syrian Arab News Agency, ha anche trasportato circa 300 prigionieri dell’Isis in Iraq in un momento assai delicato per questo paese nel quale la capitale Baghdad e altre città sono state incendiate da una rivoluzione popolare che pare in tutto simile a quella dei Cedri in Libano del 2005 e a quella tentata in Siria per il regime-change contro Assad.

 

L’OPERAZIONE MILITARE DURANTE LE PROTESTE IN IRAQ

Sembra la tipica operazione militare clandestina che si sviluppa con agitatori di folla rinforzati da milizie armate spregiudicate come potrebbero essere quelle dello Stato Islamico, dal 2014 usato in Siria da Usa ed alleati arabi, insieme ai terroristi di Al Qaeda, per cercare di rovesciare il governo di Damasco.

Infatti social media e siti internet legati all’Isis non confermano per il momento la morte di al Baghdadi ma esortano i seguaci in tutto il mondo a “continuare la jihad anche se la notizia fosse vera” definendo già il loro leader come “martire della guerra santa”. Lo scrive su Twitter Rita Katz, direttore del Site, il sito che monitora il jihadismo sul web.

Ecco perché l’eliminazione di Al Baghdadi in questo momento, vera o falsa che sia, ma impossibile da smentire, potrebbe essere la miccia che innesca una nuova rivolta dei jihadisti della Bandiera Nera del Daesh per consentire ai paesi arabi Sunniti di riprendere il controllo dell’Iraq, amministrato da un governo di Sciiti e sempre più alleato dell’Iran, nemico giurato dell’Arabia Saudita, da dove sarebbe partita l’azione di protesta.

Il grande ayatollah iracheno Seyed Ali Sistani

Sul media FarsNews, il Grande Ayatollah iracheno Seyed Ali Sistani ha messo in guardia contro l’infiltrazione di agenti con intenzioni malevoli nelle proteste pubbliche nel paese arabo, invitando manifestanti e forze di sicurezza a mantenere pacifici i raduni contro l’occupazione. “Non bisogna permettere a coloro che hanno intenzioni viziose di infiltrarsi tra di voi e attaccare le forze di sicurezza “, ha detto venerdì il rappresentante ufficiale dell’Ayatollah Sistani in Iraq, Abdul Mahdi al-Karbalai, trasmettendo un messaggio del religioso anziano.

Ha aggiunto che la protesta pubblica è un diritto sancito dalla Costituzione e ha avvertito che, tuttavia, le proteste non dovrebbero essere usate come pretesto per vandalizzare proprietà pubbliche o ferire le forze di sicurezza.

Le proteste iniziate all’inizio di questo mese si sono placate dopo che il pubblico si è impegnato a tenere la marcia annuale di Arbaeen, ma sono ripartite dopo la fine dei riti religiosi del secondo mese del calendario islamico.

Nel primo round di manifestazioni pubbliche 3 settimane fa, come riportato sempre dal network iraniano FarsNews,  le analisi hanno rivelato che il 79% degli hashtag sulle proteste in Iraq su Twitter proveniva dall’Arabia Saudita e solo il 6% proveniva dall’Iraq, in netto contrasto con le affermazioni secondo cui le manifestazioni erano popolari e spontanee.

Una protesta, dunque, che ha tutto l’aspetto di una cospirazione internazionale già vista in Siria con un massacro di oltre mezzo milione di persone che ancora non si è fermato. Per la gioia dei contrabbandieri americani di petrolio e della Lobby internazionale delle armi.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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