TUTTI UNITI CON L’ESERCITO DI ASSAD: Ma la guerra siriana dipende solo dai Su-57 di Putin

TUTTI UNITI CON L’ESERCITO DI ASSAD: Ma la guerra siriana dipende solo dai Su-57 di Putin

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L’esercito di Damasco ad An Issa e Tabqa
accolto con tripudi dalla gente del Rojava
dopo l’alleanza con le milizie curde SDF
Già 41 i civili curdi, cristiani ed arabi uccisi
dalla xenofobia criminale del dittatore islamico
Iniziato lo scontro decisivo a Manbji

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio 

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Se Vladimir Putin aveva davvero previsto tutto è davvero un genio nell’arte della guerra. E’ un eccezionale stratega militare prima di essere un grande statista. Ben conoscendo la determinazione di Recep Tayyib Erdogan a far guerra ai Curdi delle Forze Democratiche Siriane (SDF), utilizzate dagli Usa per combattere lo Stato Islamico e poi abbandonate con vile tradimento e futili scuse dal presidente americano Donald Trump, non si è messo di traverso.

Il presidente della Federazione delle Repubbliche della Russia, Vladimir Putin

Il presidente russo ha lasciato che il dittatore islamico della Turchia, sostenuto dai Fratelli Musulmani di confessione radicale Sunnita-Salafita, compiesse le sue sanguinarie azioni militari (l’ultimo bilancio è di 41 morti e 165 feriti solo gravi tra i civili, senza considerare quelli che la Turchia definisce “terroristi neutralizzati”).

Poi è intervenuto diplomaticamente. L’accordo agevolato dalla Russia tra il governo della Repubblica Araba di Siria ed i miliziani SDF guidati dall’YPG, vera anima dell’Amministrazione Autonoma del Rojava, era impensabile fino ad alcuni mesi fa quando i Curdi si sentivano fortemente protetti da Washington e quindi dalla più grande potenza militare del mondo.

L’accoglienza festosa della gente del Rojava all’Esercito Siriano alle porte della città di Tabqa

E’ diventato realtà in poche ore proprio in conseguenza della follia assassina di Erdogan. Ed ora tutta la popolazione della nazione martoriata da 8 anni di guerra civile, i Curdi, i Cristiani, gli Arabi Sunniti e Sciiti dei Consigli tribali periferici accolgono l’Esercito Arabo Siriano con entusiasmo, gioia e commozione.

E’ accaduto ieri ad An Issa (vicino al campo di prigionia da cui sono fuggiti 859 Foreing Fighers Isis dopo un bombardamento turco), e al-Tabqa, vicino a Raqqa, e nei villaggi circostanti Manbij: una delle città in cui si sta giocando il primo importante scontro tra esercito siriano ed esercito turco: ma il destino di questa guerra per molti versi nelle mani di Putin. (il diario militare della giornata qui).

BOMBE TURCHE SUL CAMPO DI PRIGIONIA, 859 TERRORISTI ISIS IN FUGA: TRA I PROFUGHI

Mosca non ha cercato di fermare politicamente l’operazione di Ankara denominata con bieco sarcasmo “Peace Spring” ben sapendo che avrebbe avuto poche chance di successo esattamente come l’Unione Europea che da anni ignora le violenze bestiale compiute dai jihadisti filo-Turchi nelle zone di confine, diventate sistematiche e quotidiane ad Afrin con l’operazione Olive Branch lanciata nel 2018, ed ora strepita come una vecchia meretrice abusata dal suo cliente abituale…

 

LA XENOFOBIA CRIMINALE DEL DITTATORE ISLAMICO

Putin sapeva anche che per dissuadere dai suoi progetti Ankara avrebbe dovuto scendere a compromessi sulla stragica provincia di Idlib, ancora occupata dai jihadisti di Al Nusra armati dai Turchi, una minaccia perenne per la vicina base della flotta aerospaziale russa di Khmeimim, fondamentale per proteggere la base della Marina russa di Tartus grazie alla quale Mosca ha uno sbocco diretto sul Mediterraneo.

Ma lo statista del Cremlino sapeva anche che ciò non sarebbe bastato a chetare la xenofobia genocida di Erdogan contro gli atavici nemici Curdi contro i quali proseguono infami persecuzioni sociali nella totale indifferenza dei buonisti di Bruxelles che hanno imposto il divieto anche i giornalisti europei di usare la parola “clandestini” per definire i migranti anche quando sono esponenti della Mafia Nigeriana o dell’Isis.

Basti ricordare che il leader del partito PKK Abdullah Ocalan sta scontando l’ergastolo nelle carceri turche in quanto la sua organizzazione è stata definita terroristica. La nipote Dilek Öcalan si è candidata con il Partito Democratico dei Popoli (Hdp) alle elezioni politiche del 2015 ed è stata eletta come deputata al Parlamento turco.

Nel 2018 è stata però arrestata e condannata a due anni e sei mesi dal governo pubblico per avere preso parola durante un funerale. L’accusa è di incitamento all’insurrezione ed al terrorismo. Da tempo i parlamentari socialisti dell’HDP (oggi 67 su 600 membri dell’assemblea di Ankara) si battono per ottenere dalla Turchia la revisione della Costituzione che mise al bando la lingua ed etnia curda fin dalla nascita della Repubblica nel 1922.

SIRIA: ERDOGAN ATTACCA IL ROJAVA PER DARLO AI JIHADISTI. Allarme prigionieri ISIS nel dossier Usa

In poche righe si è sintetizzato perché Erdogan vuole eliminare i Curdi ma, nonostante ciò, può tranquillamente restare nella NATO, costituita da quello stesso Occidente che condanna, anche nei Tribunali, chi sostiene pensieri anche solo vagamente anti-sionisti, ovvero contrari alla politica guerafondaia di Israele ma non all’etnia religiosa semita, o islamofobi.

In poche parole si è spiegato perché Putin non avrebbe potuto fermare Ankara che da decenni semina odio in Siria attraverso un intenso lavoro di intelligence del MIT (Millî İstihbarat Teşkilatı) i servi segreti di Ankara, in collaborazione con il piano CIA di regime-change del 1983 e con gli amici israeliani del Mossad che tramano nell’ombra di ogni fermento in Medio Oriente, come evidenziato negli ultimi reportage di Gospa News.

CIA TOP SECRET FILE: la guerra USA in Siria pianificata fin dal 1983

Lasciando agire la Turchia. Lasciando che gli infami jihadisti dei gruppi vicini ad Al Qaeda ed all’Isis facessero strage di curdi e cristiani Mosca ha ridato alla Siria il senso vago di un’unità nazionale.

JIHADISTI ARMATI DAI TURCHI FUCILANO LA GIOVANE POLITICA. Erdogan bombarda anche le ambulanze

Il martirio della giovane politica curda Hevrin Khalaf, attivista dei diritti umani del Future Syria Party fucilata dai terroristi islamici, e della piccola cristiana Sara di soli 10 anni, ammazzata a Qashimli dai razzi dell’Esercito Turco, sono stati due sacrifici in mezzo a tanti altri che hanno scosso l’anima della nazione prima ancora che quella dell’Europa e del mondo intero.

SARA, BAMBINA MARTIRE IN SIRIA. Cristiani tra due fuochi. Rojava senz’acqua. Autobomba Isis

Ora la vittoria dei soldati di Assad contro quelli di Erdogan è tutta nelle mani di Putin. La Turchia dispone di mezzi ben più potenti di quelli dell’esercito siriano, indebolito da anni di guerra contro lo Stato Islamico. Basta vedere le immagini della brigata arrivata a Taqba per ora solo con dei pik-up Toyota armati di mitragliatore. Mentre le truppe di Ankara stanno avanzando nelle campagne di Hasaka e Kobane con carriarmati e blindati.

A fianco dei turchi ci sono però solo i jihadisti male armati e male addestrati, forti solo della loro ferocia contro i deboli. Mentre accanto ai militari di Damasco ci sono le Forze Democratiche Siriane, addestrate dagli Usa e già vittoriose contro l’Isis a Raqqa e Bagouz.

 

IL DESTINO DELLA GUERRA DIPENDE DAGLI AEREI RUSSI

Ankara può però contare anche su un’aviazione potente e moderna, grazie alla squadriglia di F-16 che in uno scontro terrestre può rappresentare un vantaggio enorme. Proprio per questo, come ben evidenziato da un rapporto del Rojava Information Center (vedi diario militare), gli ufficiali SDF chiedono che gli Usa lascino del tutto il controllo aereo nelle mani della Russia.

Il presidente siriano Bashar Al Assad su un aereo da guerra della flotta aerospaziale russa nella base militare di Khmeimim in Siria

Ecco perché l’esito di questa guerra tutto è nelle mani di Putin: dipende dal fatto se deciderà o meno di usare i suoi potenti aerei da combattimento posizionati nella base siriana di Khmeimim dove ci sono 30 caccia dei vari modelli Su-35S, Su-34, Su-24 ed elicotteri Mi-35 e Mi-8AMTSh.

A questa flotta dell’Armata Aerospaziale vanno aggiunti i Sukhoi 57E Stealth, ovvero invisibili ai radar, cacciabombardieri di ultima generazione che proprio nell’aeroporto militare vicino a Latakia fecero la loro prima azione operativa dimostrativa nel febbraio 2018.

L’aereo cacciabombardiere russo di ultima generazione Sukhoi-57E

Contro questi avveniristici jet potrebbero competere solo gli F-35 della Lockeed Martin di cui Erdogan ha però sospeso l’acquisto in seguito alle tensioni con Trump che voleva impedire ad Ankara di acquistare i sistemi di difesa miissilistica antiaereo S-400 di fabbricazione russa. Alla luce degli eventi odierni pare quasi che ci fosse un sotterranea strategia del Cremlino anche nella gestione di questo business militare…

 

IL RICATTO DI ERDOGAN SUI PROFUGHI

Il dittatore estremista islamico continua a ripetere che andrà fino in fondo per conquistare la sua striscia di sicurezza profonda 32 km nel Rojava e lunga 460 km per un’area torale di 13.800 kmq più grande delripete che la Russia non rappresenta un problema. Nelle prossime ore capiremo se il suo è un augurio, un monito o una certezza. E lo capiranno anche i 130 soldati italiani che sono pericolosamente posizionati sul fronte siriano di Nord-Est per la missione Nato Active Fence in difesa dello spazio aereo turco!

Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, mostra la mappa con la “safe-zone” da conquistare in Siria demarcata con la linea rossa

Da Washington il presidente Trump minaccia pesanti sanzioni alla Turchia per il massacro che è però stato avviato proprio grazie al ritiro dei Marines americani dai confini sirinani del nord e da Kobane (ieri) ma non dalle aree ricche di petrolio della valle dell’Eufrate. Pertanto non si sa se, come e quando arriveranno i blocchi finanziari degli Usa.

Al momento la certezza è una sola: nè l’Unione Europea, in fibrillazione politica in ordine sparso su un embargo sulla vendita di armi alla Turchia che nell’immediatezza è inutile, nè la Nato possono cedere alla minaccia di Erdogan di rilasciare i 3 milioni di profughi siriani rifugiati nel suo paese se non gli sarà consentito di completare l’operazione Peace Spring. Nessuna istituzione degna di questo nome può infatti accettare che Ankara utilizzi la gestione dei migranti come merce di scambio per poter compiere un genocidio di Curdi.

Se così facessero consentirebbero al nuovo Stalin di legittimare la sua politica tirannica in tutto il Vecchio Continente già sempre più povero di valori. Consentirebbero ad un dittatore islamico fondamentalista di agire da nazi-comunista privando di ogni senso tutta la storia della Resistenza Italiana ed Europea contro le SS del Terzo Reich.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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