IL SEGRETARIO ONU HAMMARSKJOLD UCCISO PER LA SECONDA VOLTA DAL DEEP STATE. Il Regno Unito blocca l’inchiesta

IL SEGRETARIO ONU HAMMARSKJOLD UCCISO PER LA SECONDA VOLTA DAL DEEP STATE. Il Regno Unito blocca l’inchiesta

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

ENGLISH VERSION

Dag Hammarskjold, l’ex Segretario dell’ONU scomparso 58 anni fa in un incidente aereo divenuto sempre più sospetto ad ogni desecretazione di documenti, è stato ucciso una seconda volta pochi giorni fa. Oggi come allora il killer è il fantomatico e famigerato Deep State, il potentato mondiale tra politica, alta finanza, massoneria e ovviamente intelligence militare.

Secondo numerose investigazioni giornalistiche ed inchieste internazionali anche recentissime pare ormai acclarato che il disastro avvenuto il 18 settembre 1961 in Africa meridionale nel quale morì con altre 15 persone fu causato da un attentato.

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Chi lo uccise allora non si è ancora scoperto perché per oltre mezzo secolo la verità è stata depistata, occultata e insabbiata con la solita risposta dei servizi segreti alla richiesta di documenti dell’investigatore delle Nazioni Unite di turno: “classificato – top secret – riservato – non divulgabile”.

Oggi chi ha virtualmente ucciso la memoria di Hammarskjold mettendo una lapide granitica sulla possibile scoperta della verità ha invece un nome ed un volto: si chiama Elizabeth Denham, dal 2016 Commissario dell’Informazione (Information Commissioner Office – ICO) del Regno Unito che può vantare l’autorevole titolo di CBE, Commander of (the Order of) the British Empire, ricevuto dalla Regina Elisabetta nel 2018.

ICO è l’alto commissario del democraticissimo Regno Unito che deve stabilire se esistono motivi per tenere segreti documenti classificati che l’intelligence britannica non intende desecretare dinnanzi le pur legittime richieste di promotori di inchieste internazionali autorevoli e accreditati come United Nation Association Westminster. Questa è la sezione di Londra di un’ong legalmente riconosciuta quale partner dell’ONU che ha focalizzato gli ultimi anni della sua attività sulla strage avvenuta a Ndola, nell’allora Congo Belga oggi Zambia.

Ebbene il 28 maggio il presidente di Westminster UNA David Wardrop ha pubblicato un aggiornamento inquietante nel quale comunica che con una sentenza emessa in tale mese l’ICO ha concluso in merito a una delle cinque esenzioni previste dalla legge che l’FCO aveva citato, che “per un relativamente ristretto margine l’interesse pubblico favorisce il mantenimento dell’esenzione” applicata dal Foreign & Commonwealth Office (FCO) del Regno Unito.

In pratica dà ragione a FCO, l’istituzione nazionale britannica deputata a valutare la necessità di secretezza degli atti di Intelligence, che aveva in precedenza affermato di «aver già condiviso tutto ciò che sa (risposta, Rappresentante permanente del Regno Unito, 10 giugno 2015), ma ha rifiutato di estendere tale garanzia ai registri di MI5, MI6 e GCHQ, tutti operanti all’interno o intorno il Congo al momento dell’incidente aereo».

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Il mantenimento dell’esenzione l’autorizza a tenere i dossier ben custoditi nelle casseforti dell’intelligence di Sua Maestà che proprio in questi giorni, per bocca dell’ex capo MI6 Richard Dearlove ha invece confermato che il virus SARS-CoV-2 della mortale pandemia è stato costruito in laboratorio come dimostrato dai 12 reportage WuhanGates di Gospa News.

La narrazione dettagliata dei fatti in tutte le loro pieghe tecniche e burocratiche la lasciamo al comunicato ufficiale del professor Wardrop, esperto di diplomazia, geopolitica e intelligence e relatore al celebre Kings College London, che riportiamo in calce. Noi cerchiamo di venire subito al dunque.

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Il rifiuto di aprire gli archivi di MI5 (intelligence interna), MI6 (intelligence estera) e GCHQ (Government Communications Headquarters) il comando dei servizi segreti britannici, è stato opposto all’associazione di Westminster, composta da giuristi indipendenti, poiché essa è intervenuta a supporto del giudice tanzaniano Mohamed Chanda Othman, nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres per fare luce una volta per tutte sulla tragedia.

Hammarskjold, devoto cristiano luterano ed amato da tutti i suoi collaboratori che con l’aiuto del famoso pittore franco-russo Marc Chagall gli dedicarono l’artistica Vetrata della Pace all’interno della sede ONU di New York, si stava recando in Congo Belga per dirimere una questione rigardante la «secessione del Katanga, preda avita dell’Union Minière» per i ricchi giacimenti del sottosuolo esistenti. Ecco perché la sua morte è più che mai sospetta…

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Nove paesi prima e altri cinque poi aprirono gli armadi del controspionaggio per agevolare l’inchiesta dell’autorevole magistrato africano. Come già riportato nel precedente reportage sulla morte del segretario Onu «tutti i paesi hanno risposto, ad eccezione del Regno Unito, che non ha nemmeno riconosciuto la richiesta delle Nazioni Unite, né il seguito del Segretario generale delle Nazioni Unite» ribadisce Wardrop nella sua nota.

Nel comunicato tracimante di amarezza e tristezza il Presidente di Westminster UNA spiega perché non faranno «appello alla decisione avversa del Commissario per l’informazione, anche se l’interesse del pubblico sarà perdente». Come nei casi della strage del DC-9 Itavia a Ustica e del volo Malaysian in Ucraina.

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Il Regno Unito non ha infatti ancora risposto al pesantissimo interrogativo lanciato dal giornalista Maurin Picard, corrispondente di New York per Le Soir (Bruxelles) e Le Figaro (Parigi), che più di tutti ha investigato sulla tragedia, poi rilanciato dal sito di UNA come da Gospa News.

«La Gran Bretagna deve spiegare perché gli alti diplomatici incaricati a Ndola si sono rifiutati di riconoscere l’improvvisa scomparsa dell’Albertina e hanno spento le luci dell’aeroporto. Deve anche spiegare quali attività del Servizio di intelligence stavano facendo quella notte nelle vicinanze dell’aeroporto» ricordà Picard.

Vista la complessità della vicenda rimandiamo alla lettura del nostro precedente reportage per comprendere tutti i retroscena e le anomalie in mezzo ai misteri ancora aperti quali il ruolo dei piloti mercenari belga, l’aereo tedesco Dornier 28, consegnato settimane prima dello schianto al governo secessionista del Katangese, la posizione di un ex pilota di caccia notturno nazista di nome Heinrich Schaefer, e i documenti sudafricani di apartheid “perduti” riguardanti una certa Operazione Celeste, apparentemente progettata per uccidere Hammarskjold.

Enigmi non ancora chiariti tra i quali si innestano le sconcertanti confessioni di due dipendenti americani della National Security Agency, ormai deceduti, che, dalle loro stazioni di ascolto, sentirono per caso un attacco aereo contro l’Albertina e lo hanno riferito alla Casa Bianca.

Il professor David Wardrop, presidente dell’UN Associations Westminster, durante una conferenza al Kings College London

Ora però anche UNA Westiminster rinuncia ad essere spina nel fianco dell’intelligence inglese per cercare di fare emergere la verità e consegna di fatto la vittoria al Deep State che fa sempre affidamento proprio sulla burocrazia, opprimente anche per gli avversari più motivati, e sul tempo che sbiadisce i ricordi di intrighi e complotti.

Ecco la spiegazione del presidente David Wardrop: «Ben sapendo tutto questo perché non stiamo facendo appello al giudizio del Commissario? In primo luogo, perché le prestazioni del nostro governo possono essere chiaramente giudicate in confronto a quelle di Russia, Zimbabwe, D.R.C, Angola e altri Stati membri delle Nazioni Unite. Tale esposizione al controllo internazionale ci vergogna come una nazione».

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«In secondo luogo, come piccola organizzazione, non possiamo eguagliare il potere di una batteria di avvocati finanziati dallo Stato. Tuttavia, continueremo a sostenere il servizio di informazione hammarskjöldinquiry che si propone di riferire sullo stato di avanzamento dell’indagine ONU e sui relativi sviluppi». Nutriamo il fondato timore che ci saranno poche ulteriori novità clamorose visto che il muro di gomma dell’intelligence britannica ha messo un macigno davanti al sepolcro in cui è stata sepolta la verità.

Gospa News cercherà comunque di sostenere UNA Westminster e la causa di Hammarskjold non solo dando risalto ai nuovi eventuali sviluppi dell’inchiesta ONU, organizzazione più che mai impotente di fronte agli affari internazionali più loschi, ma pubblicando periodicamente la foto del commissario ICO accanto a quella del segretario ONU scomparso: ucciso da un complotto militare prima e da uno burocratico poi.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – INCHIESTE OSINT


IL COMUNICATO INTEGRALE DI UNA WESTMINSTER

Original English Version here

David Wardrop è presidente dell’Associazione delle Nazioni Unite di Westminster che ospita il sito Web hammarskjoldinquiry.info che ha pubblicato aggiornamenti informati sul processo di indagine Hammarskjöld dal 2014.

28 maggio – La morte di Dag Hammarskjöld: il Presidente di Westminster UNA spiega perché non faremo appello alla decisione avversa del Commissario per l’informazione, anche se l’interesse del pubblico sarà perdente

La morte di Dag Hammarskjöld: il Presidente di Westminster UNA spiega perché non faremo appello alla decisione avversa del Commissario per l’informazione, anche se l’interesse pubblico sarà il perdente.

Questa storia senza COVID ha tre parti e una coda riassunta nel suo titolo. In primo luogo, mentre l’attuale segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres cerca l’unità tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza in questa nuova sfida del 21 ° secolo, e non riaccendere quella del secolo precedente, il destino del suo predecessore Dag Hammarskjöld, morto in un incidente aereo nel 1961, mentre cercava di portare la pace in Congo, ha continuato a incastrarci in questi quasi sessant’anni.

L’incidente ha perplesso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in quel momento. Ha convenuto di lasciare aperto il verdetto dell’inchiesta in attesa di ulteriori dati. Cinquant’anni dopo, l’analisi di gran parte dei dati necessari ha spinto le Nazioni Unite a riaprire l’inchiesta che ha poi raccolto prove da testimoni oculari ed esperti, diplomatici e governi. Bene, da molti governi ma non dal Regno Unito. Perché?

Il Foreign & Commonwealth Office (FCO) del Regno Unito ha affermato di aver già condiviso tutto ciò che sa (risposta, Rappresentante permanente del Regno Unito, 10 giugno 2015), ma ha rifiutato di estendere tale garanzia ai registri di MI5, MI6 e GCHQ, tutti operanti all’interno o intorno il Congo al momento dell’incidente aereo. Il team di inchiesta delle Nazioni Unite sospettava che alcuni altri paesi fossero altrettanto timidi.

Nel maggio 2018, le Nazioni Unite hanno chiesto inizialmente a nove paesi (aggiungendone cinque in seguito) di concedere l’accesso a tutti i registri pertinenti, compresi i registri di sicurezza e intelligence, a un “funzionario indipendente e di alto livello” che i paesi avrebbero nominato. Al funzionario è stato assegnato il compito di segnalare i progressi e gli ostacoli incontrati prima dell’ottobre 2018, dopodiché le Nazioni Unite avrebbero preparato un nuovo rapporto. Tutti i paesi hanno risposto, ad eccezione del Regno Unito, che non ha nemmeno riconosciuto la richiesta delle Nazioni Unite, né il seguito del Segretario generale delle Nazioni Unite.

Solo quando è scaduta la data limite per le risposte ha risposto, affermando che non avrebbe nominato nessuno per il ruolo, anche se alcuni mesi dopo lo ha fatto. Come potrebbe il Regno Unito agire in questo modo, al momento in cui afferma di stabilire una nuova identità post-Brexit, Global Britain? Se non avesse nulla da nascondere, come affermato nel 2015, perché questo ritardo?

Quindi, alla seconda parte della storia. Nel marzo 2019, abbiamo inviato una richiesta di libertà di informazione alla ricerca di documenti che documentassero la decisione dell’FCO. La sua risposta iniziale, rifiutando di fornire le informazioni, si basava sulla sua interpretazione ristretta del Freedom of Information Act, gran parte del quale abbiamo respinto mentre facevamo la sua seconda risposta. Abbiamo presentato ricorso al Commissario per le Informazioni, sostenendo che gli argomenti di interesse pubblico hanno pesato a favore della divulgazione.

Dopo aver riconosciuto difficoltà simili nell’estrarre informazioni dall’FCO, la Commissione delle Informazioni ha trasmesso la sua sentenza nel maggio 2020. Lei “accetta (ndr) che esiste un chiaro interesse pubblico a comprendere meglio il processo decisionale”, rilevando “potenziali conseguenze sul Il rapporto del Regno Unito con le Nazioni Unite “, ma ha concluso in merito a una delle cinque esenzioni previste dalla legge che l’FCO aveva citato, che “con un margine relativamente ristretto l’interesse pubblico favorisce il mantenimento dell’esenzione “. È forse questa la fine?

Non del tutto, e così per la terza parte. Nel valutare l’interesse pubblico, il Commissario responsabile dell’informazione ha interpretato in modo molto ristretto l’interesse pubblico, in base a tale e un’altra esenzione. Tuttavia, la FOI Act impone ai dipartimenti governativi e al Commissario per le informazioni di decidere sui ricorsi di prendere in considerazione “tutte le circostanze del caso” nel valutare l’interesse pubblico. Il Commissario responsabile dell’informazione non ha esaminato tutte le circostanze.

Esiste un forte interesse pubblico nel sapere perché il Regno Unito era il solo a non aver riconosciuto sia la richiesta iniziale di cooperazione delle Nazioni Unite, sia il seguito personale del Segretario generale, o persino i tempi della sua nomina di un individuo indipendente e di alto rango, un ben sette mesi dopo che le Nazioni Unite hanno iniziato a preparare il suo rapporto. Vi è un interesse pubblico nel sapere perché l’FCO abbia adottato un approccio tanto inutile, perfino cinico, e tali interessi pubblici avrebbero dovuto essere adeguatamente ponderati dal Commissario per le informazioni.

Quindi, per la coda. Sapendo tutto questo, perché non stiamo facendo appello al giudizio del Commissario? In primo luogo, perché le prestazioni del nostro governo possono essere chiaramente giudicate contro quelle di Russia, Zimbabwe, D.R.C, Angola e altri Stati membri delle Nazioni Unite. Tale esposizione al controllo internazionale ci vergogna come nazione».

In secondo luogo, come piccola organizzazione, non possiamo eguagliare il potere di una batteria di avvocati finanziati dallo Stato. Tuttavia, continueremo a sostenere il servizio di informazione hammarskjöldinquiry che si propone di riferire sullo stato di avanzamento dell’indagine ONU e sui relativi sviluppi.

David Wardrop è presidente dell’Associazione delle Nazioni Unite di Westminster che ospita il sito Web hammarskjoldinquiry.info che ha pubblicato aggiornamenti informati sul processo di indagine Hammarskjöld dal 2014.

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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