IL CALVARIO DI CRISTO – LA FLAGELLAZIONE E LE CADUTE

IL CALVARIO DI CRISTO – LA FLAGELLAZIONE E LE CADUTE

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IL VANGELO DELL’APOSTOLO GIOVANNI 
LE VISIONI DI MARIA VALTORTA
LE RIVELAZIONI DI SUOR ANNA EMMERICK
LE CRUENTE IMMAGINI DI MEL GIBSON
I RISCONTRI SCIENTIFICI SULLA SINDONE

In ossequio allo spirito cristiano che anima questo sito d’informazione riteniamo opportuno sospendere fino alla Domenica della Pasqua di Resurrezione di Gesù Cristo ogni cronaca contemporanea e ritornare ad alcune pagine di storia di duemila anni fa che più di altre hanno narrato ogni dettaglio, anche i più atroci e scabrosi, della Passione di Nostro Signore.

Al fine di rimanere il più fedeli possibili ad una ricostruzione di valenza storica ci affideremo al Vangelo scritto dall’unico Apostolo che seguì il Maestro fin sotto alla Croce: San Giovanni, premiato dalla Grazia di Dio già in vita in quanto fu il solo a non morire martire per divenire anche autore del Libro dell’Apocalisse.

Per riportare ulteriori particolari aggiungeremo anche le mistiche visioni avute dalla fervente cattolica lombardo-toscana Maria Valtorta (1897-1961)  che nei suoi Quaderni del 1944 scrisse, come una reale spettatrice degli eventi che ebbe la grazia di rivivere col suo spirito, l’opera sulla vita di Gesù “Il poema dell’uomo-Dio” o come è stato rititolato “L’Evangelo come mi è stato rivelato”.

Ad esse aggiungiamo anche le rivelazioni della monaca tedesca suor Anna Katharina Emmerick che furono la principale fonte d’ispirazione per The Passion di Mel Gibson e un’analisi scientifica delle ferite risultanti dalla Sindone.

 


VANGELO DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

GESU’ CONDANNATO A MORTE

Flagellazione di Gesù – Daniele Crespi – 1625 – Muzeum Narodowe, Varsavia

1 Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi. 4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!». 6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».
12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16aAllora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Dal Vangelo secondo Giovanni – 19

 


LE RIVELAZIONI DI SUOR CATERINA EMMERICK

Riportiamo la descrizione della flagellazione della mistica suor Anna Katharina Emmerick (1774-1824) perchè fu una delle principali fonti d’ispirazione per Mel Gibson nella suo capolavoro sulla Passione di Cristo del 2004 di cui inseriamo proprio quei drammatici, tremendi ed interminabili minuti sulla fustigazion di Gesù.

L’ORRIBILE FLAGELLAZIONE

Un’immagine della cruenta flagellazione di Gesù dall’immagine del film The Passion di Mel Gibson

Il Signore venne trascinato bruscamente vicino al corpo di guardia del pretorio, dove si trovava la colonna di marmo munita di anelli e ganci; essa era destinata esclusivamente alla flagellazione dei condannati. I sei flagellatori, che svolgevano la funzione di carnefici nel pretorio, provenivano dalle frontiere egiziane, erano bruni, bassi e tarchiati; seminudi e mezzo ebbri, sembravano bestie assetate di sangue. Essi avevano nello sguardo qualcosa di diabolico; vicino a quella colonna avevano fustigato a morte molti altri condannati.
Benché il Salvatore non avesse opposto alcuna resistenza, venne trascinato con le funi, mentre i flagellatori gli assestavano pugni e calci.
Gli strapparono di dosso il manto derisorio di Erode e fecero quasi cadere il Signore a terra. Vidi Gesù tremare e rabbrividire davanti alla colonna. Egli stesso si tolse la veste con le mani gonfie e sanguinanti. Poi pregò e volse per un attimo lo sguardo verso la sua santa Madre immersa nel dolore…

Flagellazione – Gian Domenico Tiepolo – XVIII – Museo del Prado , Madrid

I carnefici, senza cessare le loro orrende imprecazioni, legarono le mani di Gesù a un grande anello fissato alla sommità della colonna dell’infamia. Così facendo, gli tesero talmente le braccia al di sopra della testa che i piedi legati fortemente alla colonna non toccavano completa mente il suolo. Due di quei bruti, assetati di sangue, iniziarono a flagellare il corpo immacolato di Gesù provocandogli i più atroci tormenti. Non mi è possibile descrivere le tremende atrocità inflitte a nostro Signore. Le prime verghe di cui si servirono gli aguzzini erano strisce di color bianco, sembravano fatte di legno durissimo o nervi di bue. Dorso, gambe e braccia venivano lacerati sotto i pesanti colpi del flagello, finché la pelle a brandelli col sangue schizzò al suolo. I gemiti dolorosi di Gesù sofferente erano soffocati dal clamore della plebaglia e dei farisei, che continuavano a gridare: “Fatelo morire! Crocifiggetelo!”.
Per imporre il silenzio, e continuare a parlare al popolo, Pilato faceva suonare una tromba. Allora sulla piazza si udivano solo le sue parole, accompagnate dall’orribile sibilo della frusta e dai gemiti del Signore, come anche dalle imprecazioni degli ebbri carnefici… La maggior parte del popolo manteneva una certa di stanza dal luogo della flagellazione, solo alcuni andavano e venivano dai paraggi della colonna per insultare il Signore… Giovani infami preparavano verghe fresche presso il corpo di guardia, altri cercavano rami spinosi per intrecciare la corona di spine. I servi dei sacerdoti avevano regalato denaro ai flagellatori e avevano dato loro delle brocche colme di un liquore rosso, del quale bevvero fino a ubriacarsi. Dopo un quarto d’ora i carnefici che avevano flagellato Gesù furono Sostituiti da altri due. Questi ultimi si avventarono contro Gesù con cieco furore, usando anche bastoni nodosi con spine e punte. I colpi dei loro flagelli laceravano la carne del Signore fino a farne sprizzare il sangue sulle braccia dei carnefici. Presto quel santo corpo fu ricoperto di macchie nere e rosse, il sangue colava a terra ed egli si muoveva in un tremito convulso, tra ingiurie e dileggi…

La terza coppia di carnefici si avventò con maggior foga delle altre sul corpo martirizzato di Gesù. Per la fustigazione essi si servirono di cinghie munite di uncini di ferro. Eppure la loro rabbia diabolica non si placò. Gesù venne slegato e poi di nuovo legato, questa volta col dorso contro la colonna. Poiché il Signore non poteva più reggersi, gli passarono delle corde sul petto e lo legarono con le mani dietro la colonna. Ripresero così a fustigarlo. Gesù aveva il corpo ridotto a un’unica piaga e guardava i suoi carnefici con gli occhi pieni di sangue, come se implorasse la grazia. Ma, in risposta ai suoi flebili gemiti, la loro furia aumentò e uno dei carnefici lo colpì al viso con un’asta più flessibile. L’orribile flagellazione durava già da tre quarti d’ora, quando uno straniero d’infima classe, parente di un cieco sanato da Gesù, si precipitò dietro la colonna con un coltello a forma di falce e gridò con voce indignata: “Fermatevi! Non colpite quest’innocente fino a farlo morire!”. Approfittando dello stupore dei carnefici ebbri, lo straniero recise le corde annodate dietro la colonna e subito disparve tra la folla. Gesù cadde al suolo in mezzo al suo sangue; gli aguzzini lo lasciarono e se ne andarono a bere… Al loro ritorno i flagellatori lo presero a calci per farlo rialzare. Gesù, strisciando, fece per riprendersi la fascia che gli aveva cinto i fianchi, ma i carnefici gliela spingevano sempre più lontana, costringendolo a contorcersi al suolo nel suo sangue e a strisciare come un verme; tutto questo avveniva tra i fischi, i motti e gli insulti della gente. Infine lo rimisero in piedi, gli gettarono la veste sulle spalle e lo sospinsero frettolosamente verso il corpo di guardia. Con la veste egli si asciugava il sangue che gli fuoriusciva copioso dal volto… Quando la crudele flagellazione ebbe fine erano circa le nove del mattino.

GESU’ OLTRAGGIATO E CORONATO DI SPINE

L’incoronazione di spine fu eseguita nel cortile del corpo di guardia, le cui porte erano aperte; nell’interno si trovavano una cinquantina di aguzzini, servi e furfanti, i quali presero parte attiva ai martìri di Gesù. La folla si accalcava da tutti i lati, finché l’edificio fu isolato dai soldati romani. Gesù fu spogliato nuovamente e rivestito di un vecchio mantello militare color porpora, che gli arrivava fin sopra alle ginocchia. Il mantello si trovava in un angolo della stanza e con esso venivano coperti i criminali dopo la flagellazione. Il Signore fu fatto sedere al centro del cortile, su un tronco di colonna ricoperto di cocci di vetro e di pietre. Indicibile fu il tormento di quella incoronazione: intorno al capo di Gesù venne legato un serto intrecciato di tre rami spinosi, alto due palmi, le cui punte erano rivolte verso l’interno. Nel legare posteriormente la corona al santo capo, i carnefici gliela strinsero brutalmente per fare in modo che le spine grosse un dito si conficcassero nella sua fronte e nella nuca. Poi gli infilarono una canna tra le mani legate, si posero in ginocchio davanti a lui e inscenarono l’incoronazione di un re da burla. Non contenti gli strapparono di mano quella canna, che doveva figurare come scettro di comando, e iniziarono a percuotergliela sulla corona di spine, tanto che gli occhi del Salvatore furono inondati di sangue; al tempo stesso i malfattori lo schiaffeggiavano e gli rivolgevano volgarità di ogni tipo… Il suo corpo era tutto una piaga, tanto che camminava curvo e malfermo. Il povero Gesù giunse sotto la scalinata davanti a Pilato, suscitando perfino in quest’uomo crudele un senso di compassione. Il popolo e i perfidi sacerdoti continuavano a schernirlo.

Secondo le rivelazioni di Suor Anna Caterina Emmerick

 

IL CALVARIO DI CRISTO – L’ORTO DEI GETSEMANI

IL CALVARIO DI CRISTO – LA CROCIFISSIONE E LA MORTE

 

 


LA TESTIMONIANZA DELLA SINDONE

FLAGELLAZIONE E CORONA DI SPINE

Riportiamo un’analisi scientifica di Giovanni Pellegri realizzata per un portale della Caritas sui segni della Sacra Sindone, custodita nel Duomo di Torino e venerata dai cristiani e dalla Chiesa Cattolica come il lenzuolo con cui fu coperto Gesù durante la sepoltura su cui sono rimaste impresse le tracce della sua passione.

Un uomo torturato e crocifisso

Il volto impresso sulla Sacra Sindone

Sul lenzuolo è impressa l’immagine di un uomo di circa 35 anni, 1,80 m di altezza 80 kg di peso, gruppo sanguigno AB, crudelmente torturato e inchiodato ad una croce. Non era un romano: aveva barba e capelli lunghi. Osservare i dettagli di questa immagine, non permette di distogliere la mente dall’orribile supplizio inflitto al condannato. Il racconto della passione di Gesù Cristo ci ha abituati a vedere nella crocifissione una tappa normale ed importante nella vita di Gesù. Tutti i cristiani hanno un’immagine della crocifissione appesa in casa oppure al collo. La Sindone mostra più che qualsiasi racconto letterario o rappresentazione artistica la dura realtà della crocifissione: non affreschi artistici o parole scritte in prosa, ma macchie di sangue umano e un corpo pesantemente martoriato. I dettagli rivelati dalla scienza dimostrano la drammaticità dell’esecuzione: il sangue, per esempio, contiene un tasso elevato di bilirubina a testimonianza dei gravi traumi subiti. L’impero romano non aveva un protocollo unico per la crocifissione. Le modalità erano personalizzate in funzione della pena. L’uomo poteva essere torturato o no, legato o inchiodato alla croce, punito con una crocifissione diretta, o condotto prima della crocifissione attraverso la città portando il “patibulum”. Ripercorriamo, grazie alle eccezionali scoperte rivelate dalle analisi storico-scientifiche, quello che fu il cammino doloroso dell’uomo che dopo la morte in croce fu avvolto nell’antico lenzuolo di lino.

Flagellato con un centinaio di frustate

I segni impressi sul telo della Sindone attestano con quale ferocia la giustizia romana ha voluto infliggere la sua punizione. L’impronta del corpo impressa sulla Sindone mostra sul lato dorsale un insieme di piccole ferite allineate: sono l’agghiacciante testimonianza di una flagellazione eseguita con l’antico strumento detto flagrum, oggetto costituito da un manico di legno al quale erano legate tre strisce di cuoio, appesantite alle estremità da pezzi di piombo. L’uomo, completamente svestito, fu probabilmente appeso dalle mani per meglio esporre tutte le parti del corpo. L’orientamento delle ferite fa supporre che almeno due esecutori hanno praticato la tortura. La flagellazione era già di per sé una condanna e poteva essere eseguita fino alla morte della vittima. Il procuratore romano che aveva il potere di scegliere la modalità di esecuzione della condanna, non scelse quindi solo la crocifissione. Come prima tappa decise di fustigare il condannato sferzando almeno cento colpi di flagrum sulla sua schiena.

Una corona di spine sul capo

Per l’uomo della Sindone aggiunsero una nuova tortura, sconosciuta fino allora e per la quale la sola testimonianza pervenutaci è quella descritta nel Vangelo. Applicarono alla testa del condannato un casco di spine che causò, come testimonia l’impronta del capo, almeno una trentina di ferite alla testa. Le ferite sono di un’impressionante realtà anatomica: in relazione alle emorragie impresse sul telo si possono identificare, grazie ad un atlante di anatomia, i vasi sanguigni lesi dalle spine. Uno dei rivoli di sangue più evidenti è quello sceso sulla fronte, con una caratteristica colata a forma di E (vedi foto del volto alla pagina 2). Esso corrisponde ad una lesione della vena frontale. La colata di sangue venoso ha assunto la particolare forma a E perché si è fatta strada tra le rughe della fronte, rughe provocate dalla spasmodica contrazione dei muscoli facciali dovuta al dolore. L’arte bizantina, che si ispirò sicuramente dalla Sindone per rappresentare il volto di Cristo, interpretò il rivolo di sangue come un ricciolo di capelli

Tratto da La Sindone sotto la lente della scienza di Giovanni Pellegri

 


I QUADERNI DI MARIA VALTORTA

LA FLAGELLAZIONE E LA CORONA DI SPINE

Gesù viene tradotto da quattro soldati nel cortile oltre l’atrio. In esso, tutto selciato di marmi colorati, è al centro un’alta colonna simile a quella del porticato. A un tre metri dal suolo essa ha un braccio di ferro sporgente per almeno un metro e terminante in anello. A questa viene legato Gesù con le mani congiunte sull’alto del capo, dopo che fu fatto spogliare. Egli resta unicamente con delle piccole brache di lino e i sandali. Le mani legate ai polsi vengono alzate sino all’anello, di modo che Egli, per quanto sia alto, non poggia al suolo che la punta dei piedi… E deve essere tortura anche questa posizione. Dietro a Lui si colloca uno dalla faccia di boia dal netto profilo ebraico, davanti a Lui un altro dalla faccia uguale. Sono armati del flagello fatto di sette strisce di cuoio legate ad un manico e terminanti in un martelletto di piombo. Ritmicamente, come per un esercizio, si danno a colpire. Uno davanti, l’altro di dietro, di modo che il tronco di Gesù è in una ruota di sferze e di flagelli. I quattro soldati, a cui è consegnato, indifferenti, si sono messi a giocare a dadi con altri tre soldati sopraggiunti. E le voci dei giocatori si cadenzano sul suono dei flagelli che fischiano come serpi e poi suonano come sassi gettati sulla pelle tesa di un tamburo, percuotendo il povero corpo così snello e di un bianco d’avorio vecchio e che diviene prima zebrato di un rosa sempre più vivo, poi viola, poi si orna di rilievi d’indaco gonfi di sangue, e poi si crepa e rompe lasciando colare sangue da ogni parte. E infieriscono specie sul torace e l’addome, ma non mancano i colpi dati alle gambe e alle braccia e fin sul capo, perché non vi fosse brano di pelle senza dolore.

Flagellazione di Gesù – William Adolphe Bouguereau – 1880

E non un lamento… Se non fosse sostenuto dalla fune cadrebbe. Ma non cade e non geme. Solo la testa gli pende, dopo colpi e colpi ricevuti, sul petto, come per svenimento. ” Ohe! Fermati! Deve essere ucciso da vivo” urla e motteggia un soldato… Che sia morto? Possibile?… “Ora ci penso io” dice un soldato. E lo mette seduto con la schiena alla colonna. Dove Egli era sono grumi di sangue… Poi va ad una fontanella che chioccola sotto al portico, empie un mastello d’acqua e la rovescia sul capo e sul corpo di Gesù… Ma Gesù inutilmente punta al Suolo i pugni nel tentativo di drizzarsi… un altro soldato con l’asta della sua alabarda mena una bastonata al viso e coglie Gesù fra lo zigomo destro e il naso, che si mette a sanguinare. Vestiti. Non è decenza stare così. Ridono tutti in cerchio intorno a Lui. Egli ubbidisce senza parlare. Ma mentre si china un soldato da un calcio alle vesti e le sparpaglia e ogni volta che Gesù le raggiunge, andando barcollante dove esse cadono, un soldato le spinge o le getta in altra direzione. E Gesù, soffrendo acutamente, le insegue senza una parola, mentre i soldati lo deridono oscenamente. Può finalmente rivestirsi. E rimette anche la veste bianca, rimasta pulita in un angolo. Pare voglia nascondere la sua povera veste rossa, solo ieri tanto bella ed ora lurida di immondizie e macchiata del sangue sudato nel Getsemani. Anzi, prima di mettersi la tunichella corta sulla pelle, con essa si asciuga il volto bagnato e lo deterge così da polvere e sputi. Ed esso, il povero, santo volto, appare pulito, solo segnato da lividi e piccole ferite. E si ravvia i capelli caduti scomposti, e la barba, per un innato bisogno di essere ordinato nella persona.

E poi si accoccola al sole. Perché trema, il mio Gesù… La febbre comincia a serpeggiare in Lui con i suoi brividi. E anche la debolezza del sangue perduto, del digiuno, del molto cammino, si fa sentire…  Gli legano di nuovo le mani. E la corda toma a segare là dove è già un rosso braccialetto di pelle scorticata. “E ora? Che ne facciamo? Io mi annoio!”… dice un soldato. E corre fuori, in un retrostante cortile certo, dal quale torna con un fascio di rami di biancospino selvatico, ancora flessibili perché la primavera tiene relativamente morbidi i rami, ma ben duri nelle spine lunghe e acuminate. Con la daga levano foglie e fioretti, piegano a cerchio i rami e li calcano sul povero capo. Ma la barbara corona ricade sul collo… La levano e sgraffiano le guance, rischiando di accecarlo, e strappano i capelli nel farlo. La stringono. Ora è troppo stretta e per quanto la pigino, conficcando gli aculei nel capo, essa minaccia di cadere. Via di nuovo strappando altri capelli. La modificano di nuovo. Ora va bene. Davanti è un triplice cordone spinoso. Dietro, dove gli estremi dei tre rami si incrociano, è un vero nodo di spini che entrano nella nuca. “Non basta la corona a fare un re. Ci vuole porpora e scettro… mettono il sudicio straccio rosso sulle spalle di Gesù e prima di mettergli fra le mani la canna gliela danno sul capo inchinandosi e salutando: “Ave, re dei Giudei” e si sbellicano dalle risa.

 

LA SALITA AL GOLGOTA E LE CADUTE DI GESU’

La caduta di Gesù sul calvario – Federico Zuccari – XVI sec.

Una centuria si dispone in due file distanti un tre metri l’una dall’altra, ed esce così nella piazza su cui un’altra centuria ha formato un quadrato per respingere la folla affinché non ostacoli il corteo. Sulla piazzetta sono già degli uomini a cavallo: una decuria di cavalleria con un giovane graduato che la comanda e con le insegne. Portano le croci. Quelle dei due ladroni sono più corte. Quella di Gesù molto più lunga. Io dico che l’asta verticale non lo è meno di un quattro metri. Io la vedo portata già formata. Prima di dare la croce a Gesù gli passano al collo la tavola con la scritta “Gesù Nazzareno Re dei Giudei” E la fune che la sostiene si impiglia nella corona che si sposta e sgraffia dove non è già sgraffiato e penetra in nuovi posti dando nuovo dolore e facendo sgorgare nuovo sangue. La gente ride di sadica gioia, insulta, bestemmia… Inciampa in sassi e buche, e ogni inciampo è dolore perché smuove bruscamente la croce che urta sulla corona, che si sposta sulla spalla piagata e allarga la piaga e accresce il dolore. I giudei non possono più colpirlo direttamente. Ma ancora qualche sasso arriva e qualche bastonata. Il primo specie nelle piazzette piene di folla. Le seconde invece nelle svolte, per le stradette tutte a scalini che salgono e scendono, ora uno, ora tre, ora più, per i continui dislivelli della città. Lì, per forza, il corteo rallenta e c’è sempre qualche volonteroso che sfida le lance romane pur di dare un nuovo tocco al capolavoro di tortura che è ormai Gesù.

I soldati lo difendono come possono. Ma anche per difenderlo lo colpiscono perché le lunghe aste delle lance, brandite in cosi poco spazio, lo urtano e lo fanno incespicare. Ma giunti ad un certo punto i soldati fanno una manovra impeccabile, e nonostante gli urli e le minacce il corteo devia bruscamente per una via che va diretta verso le mura, in discesa, una via che abbrevia molto l’andare verso il luogo del supplizio.
Gesù procede ansando. Ogni buca della via è un tranello per il suo piede vacillante e una tortura per le sue spalle piagate, per il suo capo coronato di spine su cui scende a perpendicolo un sole esageratamente caldo che ogni tanto si nasconde dietro un tendone plumbeo di nubi. Ma che, anche se nascosto, non cessa di ardere Gesù è congestionato dalla fatica, dalla febbre e dal caldo. Gesù ansa sempre più. Il sudore gli riga il volto insieme al sangue che gli geme dalle ferite della corona di spine. La polvere si appiccica a questo volto bagnato e lo fa maculato di macchie strane. Perché vi è anche vento ora. Delle folate sincopate a lunghi intervalli in cui ricade la polvere che la folata ha alzata in vortici, che portano detriti negli occhi e nelle fauci.

I CADUTA
Trova una pietra sporgente, e siccome sfinito come è alza ben poco il piede inciampa e cade sul ginocchio destro, riuscendo però a sorreggersi con la mano sinistra. La gente urla di gioia… Si rialza. Procede. Sempre più curvo e ansante, congestionato, febbrile… Il cartello che gli ballonzola davanti gli ostacola la vista, la veste lunga, che, ora che Lui va curvo, strascica per terra sul davanti, gli ostacola il passo. Inciampa di nuovo e cade sui due ginocchi ferendosi di nuovo dove è già ferito, e la croce che gli sfugge di mano e cade, dopo averlo percosso fortemente sulla schiena, lo obbliga a chinarsi a rialzarla ed a faticare per porsela sulle spalle di nuovo. Mentre fa questo appare nettamente visibile sulla spalla destra la piaga fatta dallo sfregamento della croce, che ha aperto le molte piaghe dei flagelli e le ha unificate in una sola che trasuda siero e sangue, di modo che la tunica bianca è in quel luogo tutta macchiata.

II CADUTA

Inciampa di nuovo e cade sui due ginocchi ferendosi di nuovo dove è già ferito, e la croce che gli sfugge di mano e cade, dopo averlo percosso fortemente sulla schiena, lo obbliga a chinarsi a rialzarla ed a faticare per porsela sulle spalle di nuovo. Mentre fa questo appare nettamente visibile sulla spalla destra la piaga fatta dallo sfregamento della croce, che ha aperto le molte piaghe dei flagelli e le ha unificate in una sola che trasuda siero e sangue, di modo che la tunica bianca è in quel luogo tutta macchiata. La gente ha persino degli applausi per la gioia di vederlo cadere così male… Longino incita a spicciarsi, e i soldati, con colpi di piatto dati con le daghe, sollecitano il povero Gesù a procedere. Si riprende il cammino con una lentezza sempre maggiore nonostante ogni sollecitazione.

III CADUTA
E poi subito il dolore della terza completa caduta. E questa volta non è che inciampi. Ma è che cade per subita flessione delle forze, per sincope. Va lungo disteso battendo il volto sulle pietre sconnesse, rimanendo nella polvere sotto la croce che gli si piega addosso. I soldati cercano rialzarlo. Ma poiché pare morto vanno a riferire al centurione. Mentre vanno e vengono Gesù rinviene, e lentamente, con l’aiuto di due soldati di cui uno rialza la croce e l’altro aiuta il Condannato a porsi in piedi, si rimette al suo posto. Ma è proprio sfinito. “Fate che non muoia che sulla croce!” urla la folla. “Se lo fate morire avanti, ne risponderete al Proconsole, ricordatelo. Il reo deve giungere vivo al supplizio” dicono i capi degli scribi ai soldati… Su questa strada sono persone che salgono, ma che non partecipano all’indegna gazzarra degli ossessi che seguono Gesù per godere dei suoi tormenti. Donne per la più parte e piangenti e velate, e qualche gruppetto di uomini, molto sparuto in verità, che, più avanti di molto delle donne, sta per scomparire alla vista quando, nel proseguire, la strada gira il monte.

Gesù barcolla sempre più forte, tornando ad urtare da una fila all’altra dei soldati e piegando sempre più verso terra. Pensano di risolvere la cosa in bene passandogli una fune alla cintura e tenendolo per due capi come fossero redini. Sì. Questo lo sostiene. Ma non lo solleva dal peso. Anzi la fune urtando, nella croce la fa spostare continuamente sulla spalla e picchiare nella corona che ormai ha fatto della fronte di Gesù un tatuaggio sanguinante. Inoltre la fune sfrega alla cintura dove sono tante ferite, e certo le deve rompere di nuovo, tanto che la tunica bianca si colora alla vita di un rosso pallido. Per aiutarlo lo fanno soffrire più ancora.

Tratto da “Il poema dell’Uomo-Dio” di Maria Valtorta Volume nono, pag.278 – Centro Editoriale Valtortiano. 

 

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Redazione Gospa News

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