PUTIN TUONA DA MOSCA: “IL BAGNO DI SANGUE SULLA COSCIENZA DI KIEV”. Riconoscimento e Invio Militari alle Repubbliche del Donbass

PUTIN TUONA DA MOSCA: “IL BAGNO DI SANGUE SULLA COSCIENZA DI KIEV”. Riconoscimento e Invio Militari alle Repubbliche del Donbass

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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«A chi detiene e mantiene il potere a Kiev chiediamo di fermare immediatamente le ostilità altrimenti tutta la responsabilità per l’eventuale proseguimento del bagno di sangue sarà sulla coscienza del regime che sta governando a Kiev. Dichiarando queste decisioni sono fiducioso che avrò il sostegno del popolo russo, di tutte le forze patriottiche della Russia».

Termina con queste parole il lungo discorso di quasi un’ora pronunciato dal presidente della Federazione Russa Vladimir Putin per giustificare non solo il riconoscimento delle Repubbliche Separatiste di Donetsk e Lugansk, firmato ieri sera, lunedì’ 21 febbraio 2022, ma anche la loro protezione dalle aggressioni dell’esercito dell’Ucraina cominciate con la scusa maldestra di un attacco “false-flag” ad un asilo a cui hanno creduto solo i media corrotti dell’Occidente.

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Come riporta Russia Today Putin ha infatti incaricato il Ministero della Difesa russo di inviare forze di pace nel Donbass, mentre ha detto al Ministero degli Affari esteri di stabilire relazioni diplomatiche con le autorità autonome del Donbass che già da mesi godevano di un proficuo accordo di scambi commerciali con Mosca.

«Nella situazione nel Donbass possiamo vedere che l’élite di Kiev continua a dichiarare pubblicamente la mancanza di volontà di attuare l’accordo di Minsk per risolvere il conflitto. Non sono interessati a una risoluzione pacifica, viceversa, vogliono iniziare una guerra lampo come è successo nel 2014 – ha dichiarato il presidente russo – Tutto è stato fatto invano. Cambiano la presidenza, cambiano i parlamentari ma l’idea del regime aggressivo è sempre la stessa. Il regime che ha fatto cessare il potere a Kiev è stato creato dal colpo di stato del 2014. E quelli che scelgono la via della violenza ammettono di non vedere altro modo per risolvere la crisi del Donbass se non quello militare. A questo proposito ritengo necessario prendere una decisione che avrebbe dovuto essere presa molto tempo fa per riconoscere immediatamente l’indipendenza e la sovranità della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk. Vorrei chiedere all’assemblea federale di sostenere questa decisione e di ratificare l’accordo di amicizia e di aiuto reciproco con entrambe le repubbliche».

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Al termine del suo lungo discorso alla nazione, il presidente ha poi firmato il decreto di riconoscimento delle due autoproclamate repubbliche. La firma è avvenuta alla presenza dei due leader separatisti, Denis Pushilin e Leonid Pasechnik.

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Prima di queste conclusioni le sue parole erano state toccanti e paternalistiche. «Naturalmente il mio messaggio è rivolto anche ai nostri concittadini in Ucraina. Dovremo avere una conversazione sostanziale e dettagliata perché la questione è molto seria. La situazione in Donbass sta diventando critica e oggi mi rivolgo a voi direttamente non solo per parlare di ciò che sta accadendo ma anche per informarvi sulla decisione che stiamo prendendo sui possibili passi in questo senso. Ancora una volta vorrei sottolineare che l’Ucraina non è solo un paese vicino per noi. È parte integrante della nostra storia, cultura, spazio spirituale. Sono i nostri compagni, parenti, non solo colleghi, amici ma anche la nostra famiglia. Persone con cui abbiamo legami di sangue e familiari fin dai tempi antichi. Sin dai tempi antichi le persone provenienti dalle antiche terre della Russia sudoccidentale chiamavano se stesse russe e ortodosse».

Ma i fatti sono altra cosa secondo Putin: «L’eredità lasciata dall’impero russo è stata totalmente calpestata. Kiev si sta preparando a distruggere le chiese russe, la Russia è diventata un obiettivo comune di una campagna in cui è coinvolta anche la religione. L’Ucraina sta cercando di entrare in conflitto con noi, ci sono terroristi nel paese che vengono sostenuti e incoraggiati dalla comunità internazionale».

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Di fronte a tale drammatica escalation, che da vari leader viene già interpretata come un’invasione, suscita ilarità l’iniziativa del procuratore generale ucraino che ha dichiarato di aver aperto un’inchiesta sul presidente russo per il riconoscimento delle repubbliche separatiste.

Fa sorridere anche la decisione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden che firmerà un ordine esecutivo che proibisce nuovi investimenti, commercio e finanziamenti da parte di cittadini statunitensi nelle o dalle cosiddette repubbliche di Donetsk e Luhansk. Lo ha comunicato la Casa Bianca, secondo cui questo ordine darà anche l’autorità di “imporre sanzioni su ogni persona determinata a operare in quelle aree dell’Ucraina.

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Le truppe NATO inviate di rinforzo in Ucraina sono pronte al peggio ma uno scontro potrebbe essere evitato se non si opporranno all’arrivo delle truppe del Cremlino nel Donbass, da anni saldamente in mano ai ribelli russofoni che non accettarono il golpe del 2014 finanziato da George Soros e dalle ambasciate occidentali della Nato, come dimostrato in varie nostre inchieste.

Lungo il monito lanciato proprio agli Usa ed all’Alleanza Atlantica a cui lo stesso Putin chiese di aderire. «C’è bisogno di capire cosa sta succedendo oggi per spiegare il motivo e gli obiettivi della Russia. Dobbiamo dire un paio di parole in merito. Dirò una cosa che non ho mai detto prima in pubblico. La dirò per la prima volta. Nel 2000, quando il presidente Bill Clinton era in visita a Mosca alla fine del suo mandato, gli chiesi come avrebbe visto l’America l’ingresso della Russia nella Nato. Non vi vorrei fornire tutti i dettagli di quella conversazione, ma la reazione alla mia conversazione sembrò molto riservata, lasciate che la metta in questo modo».

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Poi Putin sbotta sull’atteggiamento dell’organizzazione militare di Bruxelles. «Rimane ancora la domanda perché l’hanno fatto. Chi diavolo non vuol vedere noi come amico e alleato in ma vuol fare di noi un nemico. L’unica risposta che abbiamo ottenuto è che non si tratta del nostro regime politico o altro. È solo che non hanno bisogno di un paese così grande e indipendente come la Russia. Quindi questa è la risposta a tutte le domande. Questa è la fonte della tradizionale politica americana che perseguono sulla pista russa. Questa è una reazione a tutte le nostre proposte sulla sicurezza. Avete solo bisogno di guardare la mappa per vedere come hanno fatto i paesi occidentali a mantenere la parola data sulla non espansione della Nato verso est, ci hanno appena mentito».

«Nel 1990, secondo un documento ufficiale della Nato, si diceva che l’alleanza non si sarebbe allargata a Est: parole vuote, è successo esattamente il contrario. Nel 1999 la Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca sono state incluse. Poi un’altra apertura verso le Repubbliche Baltiche. Le infrastrutture militari sono arrivate alle porte della Russia, con effetti negativi su tutta l’architettura della sicurezza europea: è stato un errore strategico» ha aggiunto il presidente russo.

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«Parlano della stessa politica delle porte aperte ma ancora una volta cercano di ricattarci. Ancora una volta ci minacciano di sanzioni e penso che le impongano ancora, le introducono man mano che il nostro Paese diventa forte e potente, troveranno sempre una scusa per introdurre più sanzioni indipendentemente dalle situazioni in Ucraina, l’unico obiettivo è contenere lo sviluppo della Russia».

«E lo faranno come anche senza alcuna scusa formale, solo perché esistiamo e non concederemo mai la nostra sovranità, i nostri interessi nazionali e i nostri valori. E voglio essere sincero: nella situazione attuale in cui le nostre proposte su un dialogo equo sulle questioni principali non hanno avuto risposta da Stati Uniti e Nato, quando il livello di minaccia per il nostro paese sta diventando sempre più grande la Russia ha tutto il diritto di prendere contromisure per migliorare la nostra sicurezza ed è così che intendiamo agire».

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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