SIRIA: ERDOGAN ATTACCA IL ROJAVA PER DARLO AI JIHADISTI. Allarme prigionieri ISIS nel dossier Usa
Primi tre bambini uccisi dalle bombe turche:
per alcuni politici stranieri è un “atto criminale”
Le milizie curde dell’SDF denunciano
molte complicità tra comandanti Daesh
e l’intelligence MIT della Turchia.
Il piano Peace Spring simile a Olive Branch
per affidare territori siriani ai terroristi
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
«Mentre lo stato turco continua con i preparativi per l’invasione al confine di Serekaniye, le bande dell’ISIS hanno lanciato un attacco su vasta scala a Raqqa in coordinamento con lo stato turco. L’Occidente resta silente». E’ uno dei commenti dell’agenzia curda ANF sul nuovo fronte di guerra in Rojava. In una frase resuscita l’incubo della jihad islamica e la stretta connessione con l’attacco di Ankara.
BOMBE TURCHE SUL CAMPO DI PRIGIONIA, 859 TERRORISTI ISIS IN FUGA: TRA I PROFUGHI
Ora che l’ex premier israeliano Benjamin Netanyahu è impegnato nella gravosa impresa di formare un governo dopo aver perso le elezioni contro lo sfidante Binjamin Gantz. Ora che il presidente americano Donald Trump è perseguitato dalla richiesta di Impeachment per l’Ukrainegate. Ora che Hezbollah libanesi e Pasdaran iraniani hanno fatto capire ai nemici Sionisti e Sauditi che se vogliono una Guerra in Medio Oriente pagheranno un prezzo altissimo in vittime e danni, ci pensa il “fratello musulmano” Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, a scatenare un nuovo fronte di battaglia contro l’avversario predestinato. Sono i Curdi del Rojava, ritenuti da Ankara un’organizzazione terroristica sebbene alcuni loro rappresentanti siano stati eletti in Parlamento.
“Le Forze Armate turche, insieme all’Esercito nazionale siriano, hanno appena lanciato” un’operazione “contro il Pkk, le Ypg e i terroristi di Daesh (Isis) nel nord della Siria”, si legge sul profilo Twitter di Erdogan, che specifica: “La nostra missione è impedire la creazione di un corridoio del terrore” lungo il confine meridionale della Turchia, a ridosso della frontiera con la Siria. Ma l’obiettivo reale sembra quello di liberare proprio i prigionieri ISIS cui affidare il controllo dell’area come accaduto ad Afrin, anche con l’aiuto dei servizi segreti turchi MIT, secondo fonti curde.
Gli Usa minacciano ritorsioni in caso di aggressione spropositata ma ritirano le truppe dal confine con un grave atto di tradimento ai loro alleati dell’esercito Sirian Democratic Forces (SDF) composto in maggioranza da milizie curde che hanno avuto il merito di liberare Raqqa (2014) e Baghouz (2019) dallo Stato Islamico del famigerato Al Baghdadi, al tempo stesso califfo ISIS e agente CIA. La Nato invita a non esagerare. L’Unione Europea censura diplomaticamente l’iniziativa con molta meno veemenza di quanto fece contro Nicolas Maduro mentre difendeva il suo ruolo di presidente del Venezuela legittimamente eletto. Ma alcuni parlamentari russi ed i rappresentanti di altre nazioni hanno definito l’intervento militare «un’azione criminale». I Ministri degli Esteri di Egitto, Iraq, Libano ed Algeria hanno duramente condannato l’operazione militare.
Erdogan ha cercato di addolcire i bombardamenti aerei su Ras al-Ayn e quelli successivi via terra chiamando l’operazione “Peace Spring”, ovvero Fonte di Pace. Ma la sua politica è una grande menzogna grondante sangue e morti che tanto l’Occidente filo-americano che l’Oriente filo-russo per troppi anni hanno finto di non vedere: gli Usa per coltivare i propri interessi di egemonia in Siria, la Russia per scongiurare una guerra di dimensioni ancora più vaste.
AFRIN IN MANO AI JIHADISTI CON IL PIANO TURCO OLIVE BRANCH
Il progetto di Erdogan sembra quello di ripetere su larga scala nel Rojava quanto già compiuto ad Afrin con l’operazione Olive Branch affidata ad un’accozzaglia di jihadisti feroci provenienti da Al Qaeda ma anche dall’Isis, come emerso da un recente reportage. Nel silenzio totale di Bruxelles, Washington, Nato ma anche di Mosca in quell’area è da anni in atto una persecuzione quotidiana contro i Curdi, ad opera di terroristi armati dalla Turchia e lasciati liberi di compiere ogni genere di violenza, uccisione di civili per futili motivi, stupri e rapimenti a scopo di estorsione a volte conclusi persino con l’assassinio dI un bambino con la Sindrome di Down come da noi raccontato in un precedente reportage.
SIRIA: BAMBINO DOWN RAPITO E UCCISO DAI JIHADISTI AIUTATI DAI TURCHI
Analoga è la situazione nella provincia di Idlib dove la Turchia non ha mai rispettato gli accordi stipulati con Russia e Iran a Sochi e Astana per i quali avrebbe dovuto portare al riparo nei suoi confini nazionali i terroristi islamici del Fronte Al Nusra, oggi Hayat Tahrir al-Sham (HTS), notoriamente armati e finanziati da Ankara, per combattere contro il governo di Bashar Al Assad per il semplice motivo che i Fratelli Musulmani turchi sono estremisti Sunniti Salafiti come i miliziani ISIS ed Al Qaeda mentre il presidente siriano è Alawita Sciita tollerante verso tutte le religioni compreso il Cristianesimo.
MUORE JIHADISTA ANTI-CRISTIANI: PIANTO COME EROE DA TURCHI E MEDIA ITALIANI
In quell’area nelle ultime settimane molti jihadisti sono fuggiti in Turchia di fronte all’avanzata dell’esercito SAA di Damasco supportato dall’aviazione russa. Ma in tutta risposta i miliziani HTS impediscono ai civili di lasciare Idlib attraverso il percorso umanitario previsto dall’ultimo piano di pace tra Ankara, Teheran e Mosca. I jihadisti, infatti, sparano contro le auto dei civili e lanciano razzi sulla strada.
«Per il 26 ° giorno consecutivo L’organizzazione terroristica Jabhat al-Nusra e i gruppi affiliati a Idleb continuano a prendere i civili come scudi umani e impedire loro di uscire verso le aree sicure attraverso il corridoio di Abu al-Dohour oltre a allestire barricate per impedire alle auto di raggiungere i luoghi conquistati dall’Esercito Aarabo Siriano» riporta Sana aggiungendo che Damasco continua a garantire «le procedure logistiche per accogliere i cittadini che escono dalle aree in cui operano i terroristi, fornendo loro cibo e medicine e trasportandoli in un alloggio temporaneo».
BOMBARDAMENTI NEL ROJAVA: PRIMI BIMBI UCCISI
Mentre nelle province di Afrin ed Idlib si continua a morire, il nuovo fronte di guerra nel Nord-Est nel Governorato di Hasaka, ad oriente della valle dell’Eufrate ricca di petrolio, ha già fatto le prime vittime, tra cui tre bambini uccisi da un razzo turco in una casa nel quartiere di Bashiryah a Qamishli. «Otto civili sono stati martirizzati e altri 20 feriti in un’aggressione turca a Qamishli, Dibasyah e al-Mishrafah a Ras al-Ayn – riferisce Sana – In precedenza, l’esercito del regime turco ha lanciato un’aggressione sulla città di Ras al-Ayn nella campagna nord-occidentale di Hasaka e su Tal Abyad nella campagna settentrionale di Raqqa».
Il reporter aggiunge che le forze del regime turco hanno lanciato un intenso bombardamento aereo e di artiglieria sui depositi e sulle infrastrutture nella città di Ras al-Ayn. L’aggressione ha colpito i siti delle milizie separatiste QSD (altro nome dei curdi SDF) nei villaggi di Mishrafa, Khirbet al-Banat, al-Asadyah, Ber Nouh, Alouk, Nastel, Azizyah, Azizyah, mentre altri hanno bersagliato Ayn Issa a Tal Abyad di Raqqa, nel nord campagna. Danni particolarmente gravi sono giunti dal bombardamento della linea elettrica della stazione idrica di Allouk nella campagna di Ras al-Ayn che alimenta la città di Hasaka e della diga di al-Mansoura nei dintorni della città di al-Malkiyah che fornisce acqua a quasi 2 milioni di persone.
Al di là dell’inevitabile strage che incrementerà ulteriormente il numero del mezzo milione di morti della guerra civile siriana rimane l’incubo di una recrudescenza dello Stato Islamico. «All’incertezza si aggiunge la situazione precaria che circonda le migliaia di sospetti combattenti dell’ISIL detenuti nei campi di detenzione gestiti dalla SDF – scrive Al Jazeera, network del Qatar alleato del movimento dei Fratelli Musulmani come la Turchia – Diverse potenze internazionali – tra cui Francia, Germania, Gran Bretagna e Arabia Saudita – hanno avvertito che l’operazione della Turchia mette a rischio i progressi compiuti nella lotta contro il gruppo armato, che al suo apice controllava ampie zone della Siria e del vicino Iraq».
L’SDF ha avvertito che l’ISIL rimane una minaccia nella regione, come riporta sempre il media arabo «Lunedì, un giorno dopo aver annunciato la cattura di un comandante dell’ISIL, il gruppo ha avvertito che un possibile attacco turco avrebbe “invertito il tentativo riuscito di sconfiggere l’ISIS”. Mercoledì scorso una fonte curda e due funzionari statunitensi hanno riferito all’agenzia di stampa Reuters che l’SDF aveva interrotto le operazioni contro l’ISIL a causa dell’offensiva turca. Quel rapporto arrivò mentre il gruppo guidato dai curdi affermava che una delle prigioni in cui erano sospettati di arrestare membri dell’ISIL era stata colpita da un raid aereo turco».
LA MINACCIA DEL RITORNO ISIS NEL DOSSIER USA
La medesima preoccupazione fu esternata nei giorni scorsi da un dettagliato dossier elaborato dagli stessi Usa che invitavano la Casa Bianca a mantenere un contingente militare in Siria per difendere gli interessi americani. L’allarme Isis è ben evidente nella relazione finale del Syria Study Group (SSG), un Comitato di analisi delle criticità della guerra, edito dallo United States Institution of Peace di Washington e sviluppato da esperti accademici, comandanti militari e diplomatici con l’aiuto di governi stranieri, associazioni ed ong. Si tratta di un dossier di 80 pagine elaborato da 12 membri incaricati dal Congresso americano tra cui la senatrice democratica Jeanne Shaheen, uno storico Repubblicano come l’ex senatore del GOP Mark Kirk dell’Illinois, il tenente in pensione Mark Cleveland, ex capo del comando delle operazioni speciali dell’esercito americano e due ex ambasciatori.
In molteplici reportage abbiamo evidenziato la regia degli Usa nella nascita e diffusione dell’Isis quale forza alleata ai ribelli anti-Assad del Free Syrian Army, ormai sconfitto e presente solo nell’area della Siria meridionale intorno al Campo di Al Rukban protetto dalla base Usa di Al Tanf, la più importante nel paese. Il “virus Daesh” inoculato sul fragile corpo siriano, da decenni indebolito dalla rivalità tra gli Alawiti Sciiti degli Assad (padre e figlio) ed i Sunniti, a loro volta contrapposti tra i Fratelli Musulmani di Turchia e Qatar e i Wahabiti dell’Arabia Saudita, si era trasformato ben presto in epidemia, tanto da giustificare, allora come oggi, l’intervento indispensabile del “medico” americano con gli “antibiotici” tipici delle Primavere Arabe: razzi, bombe, missili e quanto serve per sterminare i fanatici, far arricchire la Lobby delle Armi, riportare la calma rubandosi un po’ di territorio e risorse energetiche.
https://www.gospanews.net/2019/09/17/cia-x-file-la-guerra-usa-in-siria-pianificata-dal-1983/
Nei giorni scorsi Gospa News ha pubblicato un file desecretato della Central Intelligence Agency (CIA), il controspionaggio statunitense all’estero, in cui si delineava il progetto pianificato fin dal 1983 per rovesciare il regime di Damasco quando ancora governava Hafiz al Assad, il padre di Bashar. Oggi ecco il nuovo rapporto degli esperti di geopolitica militare del Syrian Study Group ribadire che gli Stati Uniti d’America sono indispensabili per combattere il “virus” ISIS da loro stessi diffuso anche attraverso il presunto agente Cia Al Baghdadi. Oggi il dossier SSG, per quanto fazioso, è una fonte preziosa nell’analisi dell’allarme terorismo islamico.
AL BAGHDADI, IL CALIFFO ISIS E AGENTE MOSSAD-CIA NASCOSTO DAGLI USA
«Sebbene gli Stati Uniti abbiano annunciato la sconfitta dell’ISIS nel marzo 2019, l’ISIS sta riemergendo come a potente insurrezione e continua a pianificare attacchi sia in Siria che all’esterno – si legge nel Final Report Syria Study Group – La leadership del gruppo è in gran parte intatta, mantiene “eccellenti capacità di comando e controllo” in Siria, e lo è raggruppamento oltre confine in Iraq. Migliaia di combattenti rimangono in libertà nel paese: le stime variano da poche migliaia a più di quindicimila. Il gruppo, che a un certo punto era tra le organizzazioni terroristiche più ricche del mondo, ha anche sostanziali risorse finanziarie rimanenti con cui finanziare le sue operazioni sia a livello locale che internazionale». E’ doverso ricordare che gra parte di queste ricchezze giunsero dall’oro delle banche durante l’occupazione di Mosul ma anche dai contributi dati dal Dipartimento di Stato Usa ai ribelli FSA che li facevano così arrivare all’Isis insieme agli armamenti: come se Washington non lo sapesse.
«In questa nuova fase, l’ISIS cerca sempre più entrambi di prevenire la formazione di forme alternative di governo nella Siria nordorientale e per sfruttare le rimostranze arabe sunnite, che sono radicati in un crescente senso di impotenza sotto il dominio curdo. Le comunità arabe nelle aree liberate dall’ISIS offrono un ambiente operativo favorevole e attraente pool di nuove reclute» aggiunge la relazione SSG.
Ma la più grave emergenza è rappresentata dai prigionieri perché è noto che le carceri e i campi di detenzione rappresentano il luogo ideale di radicalizzazione estremista e progettazione di piani terroristici come fu fondamentale Camp Bucca per consentire al detenuto “speciale ” al Baghdadi di organizzare il Daesh durante e dopo la sua misteriosa scarcerazione…
I FAMILIARI DEI TERRORISTI DEL DAESH A CAMP HOL
«Circa diecimila combattenti ISIS sono attualmente detenuti dalla SDF in una manciata di temporanei centri di detenzione e prigioni “pop-up” in tutta la Siria nord-orientale. La stragrande maggioranza di questi detenuti – quasi ottomila, secondo i funzionari statunitensi – sono iracheni e siriani. Oltre ai combattenti, sono detenuti migliaia di membri della famiglia ISIS, donne e bambini nei campi per sfollati interni (IDP) in tutta la Siria nord-orientale. I funzionari Usa e SDF sono rimasti sorpresi dal numero di persone che hanno trovato a Baghouz, l’area finale di Territorio controllato dall’ISIS. Questi civili hanno rapidamente gonfiato le popolazioni dei campi, travolgenti capacità. Il più sovraccarico di questi campi si trova fuori dalla città di al-Hol, vicino al confine iracheno, e detiene circa settantamila individui, due terzi dei quali sono bambini. Il campo di al-Hol ha più del doppio della sua capacità, e nonostante i gestori e i partner delle ONG forniscono aiuti umanitari di base, non ce ne sono sufficienti» riporta sempre lo studio americano.
«All’interno della Siria, la rete resiliente dell’ISIS lo inserisce una posizione per trarre vantaggio da qualsiasi pausa o riduzione delle operazioni antiterrorismo. I programmi di riabilitazione e reinserimento per i bambini dei combattenti dell’ISIS, molti dei quali hanno trascorso anni formativi vivendo sotto il dominio dell’ISIS, sono inesistenti. L’SDF sta rispondendo alle richieste delle tribù della Siria orientale per il rilascio di detenuti specifici; a partire da aprile 2019, l’SDF aveva scaricato più di mille Siriani in custodia tribale». Va anche ricordato che una nuova amnistia per i terroristi è stata lanciata da Assad nelle scorse settimane al fine di incentivare le defezioni nell’area di Idlib dove la presenza jihadista è più forte.
L’SDF ha anche trasferito centinaia di iracheni e alcuni cittadini di paesi terzi in custodia del governo iracheno anche se «I tribunali iracheni hanno carenze significative, compresi bassi livelli probatori, accuse di tortura percostringere confessioni e prove condotte frettolosamente» sostiene la relazione SSG. Ma un altro grosso problema è rappresentato dagli altri Foreign Terrorist Fighters (FTF).
IL PROBLEMA DI 2MILA FOREIGN FIGHTERS EUROPEI
«Gli oltre duemila combattenti stranieri ISIS attualmente sotto la custodia di SDF rappresentano un importante sfida. Diversi paesi, inclusi gli alleati statunitensi in Europa, rifiutano di rimpatriare i propri i cittadini, in alcuni casi privandoli della cittadinanza, o sono disposti a rimpatriare solo selezionati membri della famiglia. Molti di questi paesi mancano delle prove necessarie per accusare i combattenti dell’ISIS nei tribunali nazionali; altri temono che i combattenti possano essere condannati solo con accuse minori e servirebbe brevi frasi prima di essere rilasciato – aggiunge il rapporto SSG – Gli uffici del governo degli Stati Uniti affrontano diversi sottogruppi della sfida dei detenuti dell’ISIS in Siria, ma nessun alto funzionario degli Stati Uniti ha il mandato di coordinare e attuare una politica su questo problema».
Gli Usa stanno rimpatriando gli FTF americani (peraltro non numerosi), mentre sembrano scomparsi nel nulla i circa 800 combattenti Isis dell’Arabia Saudita probabilmente dislocati nello Yemen. Kosovo e Macedonia hanno compiuto lodevoli sforzi e l’Italia si è distinta per aver riportato a Brescia un suo cittadino dopo una sofisticata operazione di intelligence tra Aise (il controspionaggio estero), Digos della Polizia e FBI statunitense.
Ma il vero problema, come messo in evidenza dal media curdo ANF in molteplici reportage, è l’alto profilo di questi Foreign Terrorist Fighters in larga parte reclutati, addestrati, curati per le ferite da combattimento ed armati proprio dalla Turchia che ora sostiene di aggredire il Rojava, e i miliziani SDF che hanno combattuto l’Isis, per sconfiggere a sua volta il Daesh. Le loro storie e confessioni le riporteremo in un prossimo reportage dove si riferisce anche di una vera casa dell’Isis a Istanbul proprio accanto all’ospedale dove attendere la guarigione ricevendo i quotidiani medicamenti.
COMPLICITA’ TRA ISIS E L’INTELLIGENCE DI ERDOGAN
Molteplici sono le prove delle collusioni tra jihadisti ed Ankara raccolte dallo YAT, le unità antiterrorismo dei curdi delle Syrian Democratic Forces, che nel mese di settembre hanno continuato a dare la caccia ad affiliati Isis nella campagna di Deir Ezzor, nella valle dell’Eufrate. In precedenti reportage abbiamo pubblicato gli ordini di spedizione di medicine partite dalla Turchia e dirette ai terroristi islamici. Ma non solo. Un reportage assai dettagliato pubblicato da ANF il 23 agosto 2019 ha fornito le prove del frenetico traffico di radio dalla Turchia nel 2014 destinate ai militanti Isis di Aleppo e Deir Ezzor. Le carte sono state anche confermate dalle ammissioni da uno degli ex emiri dell’Isis, il Foreign Fighters turco Ilyas Aydin, ora detenuto dall’SDF (di cui narreremo la storia nel prossimo reportage)
«Le radio che utilizziamo sono di due tipi. Dispositivi analogici e dispositivi digitali. Lo Stato islamico stava ricevendo radio da una compagnia chiamata Haytara. Questo è un marchio di fama mondiale, venduto anche in Turchia. I prodotti provenivano dalla Turchia. Sono state ricevute molte radio digitali. C’è un posto chiamato Perpa a Mecidiyeköy, Istanbul, dove venivano prese. Sono compagnie di sicurezza: queste aziende sono sotto il controllo dell’intelligence».
E’ abbastanza inquietante scoprire che i guerrieri dello Stato Islamico utilizzassero le stesse apparecchiature vendute ed utilizzate da un paese della Nato. Ma ciò conferma ulteriormente quanto fosse stretta la collaborazione tra i Fratelli Musulmani turchi, di confessione Sunnita, che sostengono il presidente Erdogan e il Daesh che ora sostiene di combattere.
«Lo stato turco continua la sua aggressione contro la Siria settentrionale e orientale con vari metodi. Dopo la vittoria militare delle Forze Democratiche Siriane sullo Stato islamico sono state attivate le celle dormienti dell’organizzazione terroristica nella regione – riportava sempre ANF – Durante le operazioni speciali di SDF e YPG nella regione dell’Eufrate, nelle ultime settimane sono state identificate diverse persone che sono in contatto con il servizio segreto turco MIT (Millî İstihbarat Teşkilâtı) e l’ISIS. Hanno rilasciato ampie dichiarazioni sulle macchinazioni del MIT nella regione. Le loro missioni includevano tentativi di assassinio di notabili nella regione, il rapimento e la tortura di civili usando le uniformi di SDF, YPG e forze di autodifesa nel tentativo di screditarle».
Sono infatti numerose le segnalazioni dell’agenzia siriana SANA in merito ad attentati, sequestri e razzie nei confronti di civili dell’area di Deir Ezzor. Alcuni delle quali sarebbero avvenute per stanare familiari di miliziani Isis con metodi anche brutali da parte delle milizie SDF. Altri per reclutare forzosamente nuovi soldati nelle file dei QSD curdi. Ma da un’attenta analisi di questi elementi emerge chiaro il piano di Erdogan: replicare il progetto infernale di Afrin, saldamente in mano ai feroci qaedisti Al-Sharqiyah ingaggiati dalla Turchia per l’operazione Ramo d’Ulivo.
L’obiettivo è quello di liberare ampi territori del Rojava, con la scusa di realizzare una “safe-zone” di confine di 30 km di larghezza nel territorio siriano dal Nord fino al confine orientale con l’Iraq, per insediarvi i milioni di profughi siriani fuggiti in Turchia sotto il controllo di qualche organizzazione jihadista come ad Afrin. Ecco perché la battaglia è in realtà solo contro i Curdi YPG e SDF e non contro i miliziani ISIS da sempre protetti, armati e appoggiati da Ankara per tenere sotto pressione lo sciita Assad.
Anzi il progetto potrebbe proprio essere quello di liberare i terroristi del DAESH dalle prigioni curde per utilizzarli come forza di sicurezza nell’area. Incredibile? Non secondo l’intelligence delle Syrian Democratic Forces che ha di recente accertato un’operazione militare simile.
COMANDANTI ISIS AD AFRIN COORDINATI DA 007 TURCHI MIT
«Oltre 40 ex membri dell’ISIS che ora lavorano ad Afrin come parte delle forze sostenute dalla Turchia sono stati identificati in un nuovo database pubblicato dal Rojava Information Center – riferisce ANF in un articolo del 9 agosto 2019 – Includono comandanti, capi di brigata, ufficiali di reclutamento e coordinatori che lavorano direttamente con i servizi segreti turchi. Il database include il loro ruolo nell’ambito dell’ISIS, il loro nuovo ruolo come parte delle forze jihadiste sostenute dalla Turchia nella regione di Afrin, la loro posizione attuale, le informazioni biografiche e, in alcuni casi, le fotografie degli individui in questione».
Non è solo un sospetto quello del Rojava Information Center: ci sono nomi e foto ottenute da ricercatori OSINT sui canali di opposizione di Telegram, altri sono stati forniti dall’Ufficio relazioni con l’estero della Siria nord-orientale e altri identificati nella ricerca presentata al Forum internazionale sull’ISIS.
«I nomi nel database includono: Isma’il Firas al-‘Abbar, che era un comandante dell’ISIS a Deir-ez-Zor prima di diventare un leader della brigata sostenuta dalla Turchia in Afrin; Basil Nayef al-Shehab, che ha combattuto contro l’YPG con l’ISIS a Kobane prima di diventare comandante della brigata Sultan Murad sostenuta dalla Turchia e partecipare all’occupazione di Afrin; e Abu al-Baraa al-Ansari, comandante dell’ISIS a Deir-ez -Zor che ora è comandante della milizia appoggiata dalla Turchia Ahrar al-Sharqiya».
Joan Garcia, ricercatore del Rojava Information Center, afferma: «Questo database mostra solo una parte della profondità e dell’entità della collusione turca con l’ISIS. Numerosi comandanti e combattenti di spicco dell’ISIS stanno operando apertamente come comandanti di milizie finanziate, armate, addestrate e controllate dalla Turchia. Alcune di queste persone lavorano in collaborazione diretta con i servizi di intelligence turchi (MIT) e tutte fanno parte di una catena di comando che arriva direttamente ad Ankara e al presidente Recep Tayyip Erdogan».
«In tutta Afrin – aggiunge ANF citando il dossier SDF – gruppi come Ahrar al-Sharqiya e la Sultan Murad Brigade stanno imponendo la sharia e si stanno impegnando in estorsioni, rapimenti, omicidi, torture, stupri e violenze di genere, in azioni che potrebbero costituire crimini di guerra per le Nazioni Unite» .
Ciò avviene con la regia, gli aiuti e gli armamenti di Erdogan. Nel tacito assenso della NATO di cui la Turchia fa parte , nella viltà degli USA che non vogliono perdere Ankara come acquirente di apparecchiature e aerei militari. E nella prudenza della Russia, in tenzionata ad evitare una nuova escalation del conflitto, ma che ora dovrà agire come sollecitato dai parlamentari della Duma che hanno definito l’azione del presidente turco un «atto criminale». Per il presidente russo Vladimir Putin il tempo della pazienza pare essere ormai scaduto.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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I BAMBINI MARTIRI IN SIRIA. Cristiani tra due fuochi. Rojava senz’acqua. Autobomba Isis
AL JAZEERA- L’ATTACCO TURCO IN ROJAVA
SANA – PRIMI BAMBINI UCCISI DALLE BOMBE TURCHE
ANF – LE RADIO TURCHE AI MILIZIANI ISIS
ANF . 40 COMANDANTI ISIS AD AFRIN