INTRIGO MEDITERRANEO TRA MIGRANTI, MAFIE E JIHADISTI PROTETTI DALLA NATO. Ma Crosetto accusa i Russi che in Africa combattono l’ISIS

INTRIGO MEDITERRANEO TRA MIGRANTI, MAFIE E JIHADISTI PROTETTI DALLA NATO. Ma Crosetto accusa i Russi che in Africa combattono l’ISIS

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di Fabio Giuseppe Carlo Carisio

«L’interesse principale dei gruppi (criminali – ndr) stranieri in Italia è incentrato sul traffico di droga ma sono significativi per dimensioni e pericolosità anche la tratta di esseri umani e il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che vanno annoverati tra i business più redditizi per le organizzazioni di matrice straniera le quali estendono la propria operatività anche allo sfruttamento delle vittime costrette alla prostituzione, al lavoro nero o all’accattonaggio».

E’ quanto si legge nell’abstract della II Relazione Semestrale 2021 al Parlamento Italiano della Direzione Investigativa Antimafia, il gruppo interforze formato da Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria.

I CLUBS NIGERIANI NELLA TRATTA DI ESSERI UMANI

«Nell’operatività criminale dei sodalizi stranieri maggiormente strutturati, come nel caso dei cults nigeriani con un elevato grado di strutturazione interna ben definita, oltre ad una prevalente subordinazione alle organizzazioni mafiose autoctone o comunque con l’assenso o l’asservimento a queste ultime in regioni come la Sicilia e la Campania, si iniziano ad osservare, soprattutto negli ultimi anni, crescenti sacche di autonomia rispetto al dominio incontrastato delle mafie locali» aggiunge il rapporto.

«Quel che assume maggiore rilevanza tuttavia, come confermato da molteplici indagini svolte dalle Forze di Polizia, è la costituzione di vere e proprie alleanze strategiche e opportunistiche con esponenti di riferimento della criminalità organizzata autoctona che inducono a ipotizzare nuove e diverse tendenze evolutive nel prossimo futuro».

MAFIA NIGERIANA – 1. ORA IRRIDE L’ITALIA E SI FA BEFFE DI MONTI E VATICANO

Al ruolo strategico della mafia nigeriana nella tratta di esseri umani abbiamo dedicato già 3 inchieste e pertanto ci limitiamo a ricordare che il cult nigeriano più noto con l’acronimo Maphite ha come simbolo due mani giunte ed ha denominato la sua “cupola” italiana Famiglia Vaticana.

Questa sezione che controlla l’Emilia Romagna ed il centroItalia, è dotata di una struttura d’intelligence chiamata DIC ed utilizza il nome “Mario Monti” per indicare uno dei sette collaboratori del Don, il boss ogni famigli di evidente reminescenza mafiosa siciliana, suddivisi per i settori di attività illecita. Il Mario Monti di ogni Famiglia è ovviamente quello addetto al trasferimento di denaro.

TAJANI E CROSETTO ACCUSANO LA RUSSIA

Mentre quindi i mafiosi nigeriani stringono alleanze con le mafie nostrane e si fanno beffa delle istituzioni statali due ministri del Governo Meloni bersagliano la Russia con accuse depistanti e ipocrite.

L’aumento esponenziale del fenomeno migratorio «che parte dalle coste africane sia anche, in misura non indifferente, è parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni Paesi africani», ha sottolineato il ministro della Difesa, Guido Crosetto.

Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che paventa: «Non vorrei che ci fosse un tentativo di spingere i migranti verso l’Italia».

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Secca la risposta di Yevgeny Prigozhin, a capo del gruppo Wagner: «Noi non ci occupiamo di migranti». Il leader del famoso gruppo di mercenari russi ha poi aggiunto: «Crosetto dovrebbe guardare meno in altre direzioni e occuparsi dei suoi problemi, che probabilmente non è riuscito a risolvere».

Il fatto che la DIA abbia dedicato un FOCUS del suo rapporto semestrale al Parlamento dedicato proprio alla mafia nigeriana (per la seconda volta in 3 anni) indurrebbe a ritenere che Prigozhin non abbia torto nel girare il coltello degli sbarchi nella piaga dell’Italia: storica alleata di Turchia e Libia, le due nazioni da cui continuano a partire i migranti creati dalle guerre NATO e dalla fame conseguente ad esse.

TRAGEDIA DI CUTRO: MOLTI AFGHANI TRA LE VITTIME

È costato 8mila euro il viaggio che ha condotto almeno 73 persone a morire in mare mentre cercavano di raggiungere le coste della Calabria, e può costare 5mila euro il ritorno dei corpi dall’Italia al luogo da cui fuggivano.

La maggior parte delle vittime restituite dai flutti proveniva dall’Afghanistan. Ma ci sono anche iraniani, pachistani, palestinesi, siriani e somali. Le famiglie sono venute a piangere i loro cari e a cercare di riportarli con sé o nei paesi d’origine.

Tra le vittime c’è la giornalista afghana Torpekai Amarkel, aveva 42 anni, insieme al marito e a due figli. Una terza bambina risulta dispersa. Aveva lavorato alla radio nazionale afgana e collaborava con l’Onu per promuovere l’emancipazione femminile fino all’arrivo al governo dei Talebani.

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In Afghanistan l’Esercito USA e la coalizione NATO hanno lasciato un conteggio ben più grave di morti (172mila vittime tra cui 50mila civili) senza riuscire a risolvere il problema dell’estremismo islamico, ma anzi legittimandone la recrudescenza in modo ancor più integralista dopo il ritiro del contingente americano deciso dal presidente Joseph Biden e le trattative segrete tra il governo talebano e la Central Intelligence Agency.

JIHADISTI ISIS LIBERATI DAGLI USA AMMASSATI VICINO ALLA RUSSIA

Da quel momento il territorio afghano è diventato teatro di attacchi esplosivi sempre più letali del gruppo terroristico dell’Isis-Khorasan, la divisione afgana dello Stato islamico che si è radicata nella provincia di Nangarhar, anche grazie a molteplici liberazioni e ricollocazioni di combattenti dello ISIS operate dagli USA nei paesi musulmani dell’Ex Unione Sovietica confinanti con la Russia.

MIGRANTI IN FUGA DAI PAESI DEVASTATI DALLE GUERRE NATO

La tragedia del popolo siriano rende ancor più palese il ruolo invasivo e devastante dell’Occidente in un paese sovrano. Dopo 12 anni di guerra le sanzioni imposte dagli USA e dall’Unione Europea continuano a creare fame e disperazione, come denunciato da molte organizzazioni religiose cristiane locali e italiane. 

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Ciò ha prodotto una migrazione massiva verso la Turchia che, nonostante gli impegni formali al controllo delle migrazioni firmati con l’Unione Europea, non palesa una reale volontà di controllo dei flussi migratori anche a causa delle innumerevoli complicità tra il governo di Ankara, l’intelligence nazionale MIT, i jihadisti di Al Qaeda e ISIS utilizzati come mercenari in Libia e Siria con il benestare della NATO e i gruppi criminali locali che gestiscono le rotte dei migranti.

«La Turchia continua a ospitare il maggior numero di rifugiati al mondo, circa 3,7 milioni dalla Siria a cui è stato concesso lo status di protezione temporanea e oltre 400.000 dall’Afghanistan, dall’Iraq e da altri paesi non europei, che secondo la legge turca non possono essere pienamente riconosciuti come rifugiati» si legge nel rapporto 2022 dell’ONG Human Rights Watch.

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«I politici dell’opposizione hanno tenuto discorsi che alimentano il sentimento anti-rifugiati e suggeriscono che i siriani dovrebbero essere riportati nella Siria dilaniata dalla guerra – si legge ancora – Ci sono state segnalazioni, anche da parte della guardia costiera turca, secondo cui i migranti che tentavano di entrare in Grecia dalla Turchia attraverso le frontiere marittime e terrestri sono stati sommariamente e violentemente respinti dalle forze di sicurezza greche».

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Non è ozioso rammentare che anche la Seconda Guerra del Golfo, di cui a breve ricorre il decennale, fu avviata dagli USA in Iraq contro Saddam Hussein con motivazioni pretestuose analoghe a quelle che indussero la NATO ad attaccare la Libia di Muhammar Gheddafi nel 2011 dando così inizio alla destabilizzazione delle coste del Mar Mediterraneo e divenendo la principale causa dei fenomeni migratori da tali paesi.

LE FRONTIERE LIBICHE E TURCHE APERTE AI TERRORISTI ISIS

«Secondo il ministro dell’Interno Suleyman Soylu, la polizia ha arrestato 2.438 sospetti dell’ISIS nel 2021, ma solo 487 di loro sono stati formalmente arrestati, il che corrisponde a un tasso di arresti del 20%. In altre parole, quattro sospetti ISIS detenuti su cinque non sono mai stati incarcerati. Non ha fornito cifre su quanti sono stati rilasciati dopo l’arresto. Nella maggior parte dei casi, i sospetti dell’ISIS formalmente arrestati in attesa del processo sono stati rilasciati dai tribunali turchi alla loro prima udienza».

E’ quanto scrive in un’inchiesta Nordic Monitor, un sito svedese di giornalisti turchi attenti nel denunciare i crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani commesse dal regime turco di Recep Tayyp Erdogan che ha ripreso la strategia saudita di condizionare la liberazione di un terrorista al suo consenso a diventare mercenario.

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«Migliaia di militanti, sia turchi che stranieri, hanno utilizzato il territorio turco per entrare in Siria con l’aiuto di contrabbandieri per combattere a fianco dei gruppi dell’ISIS. L’agenzia di intelligence turca MIT ha facilitato il loro viaggio, con Kilis, una provincia di confine nel sud-est della Turchia, uno dei principali punti di passaggio nel territorio controllato dall’ISIS. Si sapeva che i trafficanti di esseri umani erano attivi nella zona di confine, sebbene le autorità turche spesso trascurassero i loro viaggi dentro e fuori la Siria».

Ecco quindi che i confini della Turchia diventano delle “porte girevoli” nelle quali hanno gioco facile i trafficanti di essere umani che hanno anche il compito di far arrivare in Europa quei combattenti ISIS che si sono guadagnati “viaggi premio” dopo essere stati liberati dalle prigioni e impiegati nelle missioni militari avviate dallo stesso Erdogan nel Nord-Est siriano o in Libia, con il placet della NATO e dell’Italia.

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Ecco perché la rotta delle migrazioni, via terra o via mare, diventa uno strumento funzionale alla movimentazione dei jihadisti in tutto l’Occidente. Come svelato da vari dossier e da alcuni recenti arresti eccellenti.

I CIRCUITI JIHADISTI DIETRO ALL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA

«La rilevante attività della Polizia di Stato, grazie alla quale è stato possibile disarticolare una pericolosa rete criminale che favoriva l’ingresso illegale di stranieri in Italia, ha permesso di scoprire come tra costoro vi fossero anche soggetti collegati a circuiti jihadisti».

E’ quanto dichiarò il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi il 31 gennaio 2023 in riferimento a una brillante e articolata indagine, scaturita dalle attività condotte all’indomani dell’attentato terroristico al mercatino di Natale a Berlino nel dicembre 2016, che ha condotto oggi all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di tre cittadini tunisini, accusati di associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, e a decine di perquisizioni sull’intero territorio nazionale.

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L’operazione, denominata “Wet Shoes”, è scaturita dalle indagini connesse all’attentato terroristico del 19 dicembre 2016 a Berlino dal tunisino Anis Amri. Tra i siti che hanno attiratto l’attenzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Ancona, vi è anche un Centro di Assistenza Fiscale (Caf) nel Maceratese e un casolare nelle campagne della stessa provincia, meta abituale di stranieri giunti in Italia come clandestini.

«Tutto ciò conferma, ancora una volta, come da una immigrazione incontrollata possano derivare anche gravi rischi legati a minacce terroristiche internazionali, e rafforza l’urgenza di agire per governare e regolamentare i flussi migratori, proseguendo in una strategia di azione che questo Governo ha intrapreso con determinazione fin dal suo insediamento» aggiunse il titolare del Viminale forse dimenticandosi però degli intrighi tra i jihadisti e paesi come la Turchia e il Qatar, storici alleati dell’Italia nel mercato internazionale delle armi e dell’energia.

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Com’è possibile, infatti, arrestare i flussi migratori da due paesi come la Libia e la Turchia che si servono anche di tali rotte per spostare i jihadisti funzionali alle loro operazioni militari legittimate dagli stessi alleati della NATO?

Ecco perché Crosetto, ben consapevole degli intrighi della Lobby delle Armi all’interno della NATO e dell’uso spregiudicato dei tagliagole ISIS fatto dagli USA (ritenuti dagli iracheni i registi dell’ascesa del califfo Al Baghdadi, ex capo dello Stato Islamico scomparso in un attentato americano fin troppo misterioso), palesa una vergognosa ipocrisia nell’accusare i mercenari russi del gruppo Wagner di un fenomeno creato dalle guerre dell’Alleanza Atlantica e dalle operazioni del controspionaggio americano CIA con i gruppi terroristici del Mediterraneo.

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I CRISTIANI PERSEGUITATI NEL SAHEL MA DIFESI DALLA WAGNER

Va inoltre aggiunto che molti migranti sono cristiani perseguitati che giungono in Italia da quelle nazioni africane del Sahel (tra cui Mali, Burkina Faso, Nigeria e Niger) infestate dall’ISWAP (Islamic State’s West Africa Province) contro il quale combattono proprio i paramilitari di Mosca a sostegno dei governi africani alleati in un “risiko” di conflitti che fa sembrare la guerra in Ucraina una palestra di allenamento.

«Il Mali si trova in un periodo decennale di totale instabilità politica, acuita dalla crescente presenza sul suo territorio di Iswap, la branca dell’Isis che opera in quella porzione d’Africa» scrive L’Inkiesta in un articolo dal titolo inequivocabile: “L’Europa non può lasciare il Sahel al bivio tra la branca locale dell’Isis e la Wagner”.

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L’autore Alessandro Ferri ricorda nell’articolo che «A nulla, nel corso degli anni, sono serviti gli interventi delle task forces europee (Barkhane è stata sostanzialmente un fallimento, Takuba più o meno si attesta su quei livelli), se non ad acuire il sentimento antifrancese della popolazione, che l’anno scorso ha spinto per la chiusura dell’ambasciata a Bamako».

«Una situazione locale, che ha portato a due risultati tragici per l’Ue: la cacciata di tutti i militari francesi nel vicino Niger e il totale affidamento dei governi (governi perché tra il 2020 e il 2022 ci sono stati tre colpi di stato) al Gruppo mercenario russo Wagner».

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Conclude L’Inkiesta configurando un pericolo geopolitico soltanto in chiave Atlantista: perché la protezione militare offerta dai miliziani di Mosca contro i jihadisti è solo propedeutica a una normalizzazione sociale in vista di quei cospicui investimenti già preventivati dalla dichiarazione congiunta del primo summit Russia-Africa tenutosi a Sochi il 24 ottobre 2019.

Il documento ha delineato una serie di scopi e obiettivi per l’ulteriore sviluppo della cooperazione russo-africana (con il supporto dell’alleanza BRICS Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) in politica, sicurezza, economia, scienza, tecnologia, cultura e campi umanitari.

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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MAIN SOURCES

GOSPA NEWS – MAFIA

GOSPA NEWS – DOSSIER JIHADISTI

GOSPA NEWS – REPORTAGE DI GUERRA

DOSSIER TURCO: I 21 GRUPPI JIHADISTI FINANZIATI DA USA E CIA: armati coi micidiali missili TOW

COSI’ FRANCIA E ITALIA AIUTANO I JIHADISTI. Sgozzatore di Notre Dame sbarcato a Lampedusa

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Fabio Giuseppe Carlo Carisio

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